L'agroecologia viene sempre più evocata dal mondo produttivo, dalle istituzioni e dai ricercatori come un paradigma in grado di soddisfare i principali requisiti di sostenibilità del sistema agroalimentare, in quanto può assicurare la produzione di cibo in linea con il rispetto dell'ambiente, della salute e dei diritti degli agricoltori e dei consumatori.
Uno studio della Rete Rurale Nazionale (2020), svolto nell'ambito delle attività della Scheda progetto CREA 5.2 "Azioni per l'agricoltura biologica", ha cercato di fornire una base conoscitiva sull'agroecologia e avviare un confronto con le istituzioni, i ricercatori, il mondo agricolo e gli altri stakeholder sulla possibilità di introdurre operativamente l'approccio agroecologico nell'ambito del Piano strategico nazionale della PAC post 2022.
L'agroecologia è un approccio integrato che applica contemporaneamente concetti e principi ecologici e sociali alla progettazione e alla gestione dei sistemi alimentari e agricoli, con lo scopo di renderli meno dipendenti da input esterni (materia ed energia), attraverso l'utilizzo delle sinergie biologiche dell'ecosistema in cui l'attività agricola è inserita. Diversamente dall'agricoltura biologica, riconosciuta da standard o certificazioni ufficiali, per l'agroecologia non esiste una definizione ampiamente condivisa e coesistono diverse interpretazioni del concetto e dei suoi principi.
L'Associazione Europea di Agroecologia ha recentemente adottato una definizione basata sulle tre componenti di scienza, pratica e movimento, identificando l'agroecologia come un approccio incentrato "sull'uso sostenibile delle risorse rinnovabili locali, sulle conoscenze e priorità degli agricoltori locali, sull'utilizzo sapiente della biodiversità per assicurare i servizi ecosistemici e la resilienza e più in generale per fornire soluzioni che offrono vantaggi molteplici (ambientali, economici e sociali), dal livello locale a quello globale" (Wezel et al., 2018, p. 3).
Se, come scienza, l'agroecologia dà priorità alle interazioni ecologiche tra le varie componenti dell'agroecosistema attraverso un approccio transdisciplinare, come pratica si basa su un uso sostenibile delle risorse locali rinnovabili e, in particolare, promuove sistemi agricoli diversificati, incentrati sulle conoscenze e priorità dei produttori e sull'uso delle risorse genetiche locali. Come movimento, invece, l'agroecologia privilegia l'approccio territoriale, anche attraverso un interessamento diretto dei consumatori nei processi produttivi, per esempio costituendo reti alternative che arrivano a coinvolgere le comunità locali nella costruzione di un sistema agroalimentare basato sui principi di partecipazione, equità e giustizia (HLPE, 2019).
Nel dibattito sull'agroecologia, sono molte le istituzioni internazionali (UE, FAO, IFAD) che le stanno riconoscendo un ruolo e una visibilità sempre maggiore, identificandola come un modello multidisciplinare che unisce aspetti scientifici, sociali e buone pratiche per lo sviluppo di sistemi agroalimentari sostenibili, in linea con gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.
Figura 1 - Gli obiettivi di sviluppo sostenibile affrontati dall'agroecologia
L'agroecologia mira a riformare l'intero sistema agroalimentare nelle sue componenti agricole, ambientali, economiche, sociali, ma anche culturali e politiche, proiettandolo verso nuovi e più equilibrati rapporti di filiera e di rete tra tutti i soggetti che operano e risiedono sul territorio.
Secondo Gliessman (2007), il processo di transizione all'agroecologia in vista della trasformazione sostenibile del sistema agroalimentare può essere ricondotta a cinque fasi: 1) aumentare l'efficienza nell'uso degli input; 2) sostituire input e pratiche convenzionali con alternative agroecologiche; 3) riprogettare l'agroecosistema sulla base di una nuova serie di processi ecologici; 4) ripristinare una connessione più diretta tra produttori e consumatori; 5) costruire un nuovo sistema alimentare globale basato su partecipazione, località, equità e giustizia, dove solo alle ultime tre fasi è riconosciuta una reale capacità trasformativa.
Gli strumenti di policy analizzati e discussi nel Rapporto della Rete Rurale Nazionale (2020) sono relativi alla proposta di regolamento sul sostegno ai piani strategici del 2018, alla più recente comunicazione della Commissione The European Green Deal e alle relative Strategie From Farm to Fork e sulla biodiversità per il 2030.
In particolare, il Green Deal Europeo cita esplicitamente l'agroecologia tra le pratiche sostenibili da sostenere nell'ambito della PAC, oltre a promuovere l'agricoltura biologica in termini sia di offerta sia di domanda. In fase di programmazione, pertanto, gli Stati membri potranno scegliere di sostenere l'adozione dell'approccio agroecologico tramite un'adeguata caratterizzazione e modulazione delle misure e degli strumenti previsti nell'ambito della proposta di regolamento.
Tenendo presente l'obiettivo ultimo dell'agroecologia, ossia la trasformazione sostenibile del sistema agroalimentare, tali strumenti e misure possono essere articolati secondo le cinque fasi di Gliessman (2007) sopra illustrate. Alcune misure possono anche essere attivate con riguardo a due o più fasi, grazie alla loro flessibilità come nel caso, ad esempio, delle misure del sostegno della cooperazione della politica di Sviluppo Rurale.
Le prime due fasi riguardano essenzialmente la pratica dell'agroecologia a livello aziendale, prevedendo l'aumento dell'efficienza nell'uso degli input e l'introduzione di pratiche agroecologiche. Gli strumenti disponibili sono molteplici e afferiscono sia al primo sia al secondo Pilastro della PAC. Vi sono innanzitutto gli strumenti connessi alla nuova architettura verde della PAC, quali condizionalità rafforzata ma specialmente eco-schemi e pagamenti agro-climatico-ambientali, nel cui ambito si può prevedere di attivare un pacchetto di pratiche agroecologiche da adottare congiuntamente e cumulabile agli impegni della produzione integrata o dell'agricoltura biologica, anche superando il sostegno massimo a ettaro previsto da regolamento per la produzione biologica. Possono essere inoltre attivati in chiave agroecologica numerosi interventi settoriali di natura ecosostenibile, riguardando anche la sostenibilità del packaging, del trasporto e dello stoccaggio dei prodotti, nell'ambito dei programmi operativi delle organizzazioni di produttori, più diversificati rispetto all'attuale fase di programmazione. Tuttavia, le pratiche agroecologiche, non sempre di facile adozione e talvolta sconosciute agli imprenditori agricoli, richiedono interventi finalizzati al trasferimento e alla diffusione dell'innovazione (es. attraverso i gruppi operativi PEI) e sicuramente l'attivazione delle misure di formazione, informazione, scambi aziendali, consulenza e assistenza tecnica, previste in entrambi i Pilastri della PAC. La riprogettazione degli ordinamenti produttivi aziendali, infine, così come l'adozione di nuove tecniche e pratiche, possono implicare la realizzazione di investimenti aziendali, incluso l'acquisto di macchine, ad esempio, per lavorazioni superficiali o specifiche del terreno. Dal punto di vista sociale, la transizione agroecologica può essere favorita anche da una maggiorazione del premio insediamento giovani - a beneficio di chi adotta, ad esempio, il pacchetto di pratiche agroecologiche - in generale più propensi a introdurre innovazioni in azienda.
La riprogettazione dell'agroecosistema aziendale (terza fase) richiede invece una rigorosa combinazione di colture e infrastrutture ecologiche anche finalizzata alla realizzazione di sistemi agro-(zoo)-forestali, che trovano sostegno sempre nell'ambito del II Pilastro della PAC. È evidente come, anche in questo caso, la misura sulla cooperazione possa sostenere la riprogettazione congiunta da parte di un gruppo di agricoltori dei propri agroecosistemi aziendali anche tramite accordi agroambientali d'area, sempre coadiuvati da tecnici esperti, pervenendo a un redesign del paesaggio agrario verso una sua più spinta diversificazione.
Ancora più articolato è l'insieme di misure e strumenti attivabili nel perseguire gli obiettivi connessi alle ultime due fasi - ovvero connessione più diretta tra produttori e consumatori e un nuovo sistema alimentare globale basato su partecipazione, località, equità e giustizia - anche se è evidente come gli strumenti della PAC non siano più sufficienti quando l'ottica si sposta dalla scala locale a quella globale e si vuole assicurare continuità e integrazione tra i diversi livelli. È altrettanto vero, però, che, alla trasformazione dei sistemi agroalimentari nelle aree rurali partecipano, anche se in modo indiretto, numerosi interventi sostenuti con la PAC, tra cui il sostegno agli investimenti ad imprese extra-agricole per la creazione e lo sviluppo di attività nelle zone rurali e agli investimenti nei servizi di base e per il rinnovamento dei villaggi, fondamentali per il mantenimento della popolazione in tali aree nonché delle attività agricole stesse e delle filiere locali. Parimenti, strumenti come i progetti integrati di filiera e territoriali possono concorrere alla trasformazione sostenibile del sistema agroalimentare, soprattutto se guidati da organismi come GAL, Biodistretti, Autorità di bacino, gestori di aree naturali protette, che, più in generale, possono anche dare avvio e coordinare tutto il processo di transizione all'agroecologia a livello locale.
La nuova architettura verde della PAC (ovvero la combinazione di condizionalità rafforzata, eco-schema e pagamenti agro-climatico-ambientali), potrebbe dare un impulso significativo alla transizione agroecologica. Gli interventi volti all'uso efficiente degli input e all'introduzione di pratiche agroecologiche a livello aziendale dovrebbero però essere combinati con interventi settoriali, con interventi sul sistema della conoscenza e soprattutto con un serie di misure della politica di Sviluppo Rurale finalizzate alla trasformazione del sistema alimentare nel suo complesso.
Allo stesso tempo gli strumenti della PAC, efficaci prevalentemente su scala locale, non sono sufficienti per affrontare tutti gli elementi della transizione agroecologica. Si evidenzia pertanto la necessità di promuovere una maggiore integrazione tra la risorse dedicate alla politica agricola e quelle afferenti ad altri fondi europei (tra cui FESR, FSE, H2020, Life). È ritenuto prioritario, tuttavia, l'avvio di un confronto con istituzioni, stakeholder e ricercatori volto alla definizione di una complessa riforma di politiche, istituzioni e agende di ricerca e sviluppo, affinché le alternative agroecologiche siano rese equamente e ampiamente accessibili e si moltiplichino, in modo che si sviluppino pienamente i benefici di questo paradigma produttivo.
Sarebbe importante, infine, che in Italia si sviluppasse una adeguata consapevolezza a livello politico circa l'importanza dell'agroecologia, al momento conosciuta soprattutto da chi si occupa di cooperazione internazionale e, quindi, con lo sguardo rivolto ai Paesi in via di sviluppo.
Francesco Vanni e Laura Viganò
CREA - Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia
PianetaPSR numero 100 marzo 2021