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Agricoltura sociale

L'agricoltura sociale: diffusione, normativa e strumenti

Il Rapporto "L'agricoltura sociale: un'opportunità per le realtà italiane", realizzato dal CREA, ne analizza caratteristiche e prospettive, facendo un primo bilancio dell'attuazione della programmazione comunitaria 2014-2020 a livello regionale.

Il Rapporto 2020 - L'agricoltura sociale: un'opportunità per le realtà italiane, realizzato dal Centro Politiche e Bioeconomia del CREA nell'ambito delle attività della Rete rurale nazionale, fornisce un contributo alla conoscenza dell'agricoltura sociale in Italia e segna un primo bilancio dell'attuazione della programmazione comunitaria 2014-2020 a livello regionale.

Quanto è diffusa l'agricoltura sociale?

Le informazioni inerenti alla diffusione delle pratiche di agricoltura sociale (AS) sono poche: fino ad oggi le esperienze condotte sono state di tipo campionario e hanno di fatto riguardato solo il settore agricolo, tralasciando le cooperative sociali che secondo la legge 141/2015 possano svolgere AS a condizione che il fatturato derivante dall'attività agricola sia pari almeno al 30% del totale. A questo proposito si attendono i risultati del prossimo Censimento dell'agricoltura, che per la prima volta indagherà questo fenomeno più specificatamente (Censimento dell'agricoltura 2021). Al momento gli unici dati ufficiali sulla diffusione a livello nazionale dell'AS derivano dagli Albi regionali degli operatori di AS, istituiti in attuazione delle leggi che ormai tutte le Regioni, ad eccezione della Valle d'Aosta e della Sicilia, hanno approvato, anche se sono attivi solo in 9 regioni (Tabella 1).

Le attività principali e i soggetti coinvolti

Nella prima parte del Rapporto il CREA ha cercato di superare le carenze informative che caratterizzano questo insieme di pratiche che si stanno diffondendo sempre più nel nostro territorio, fornendo un aggiornamento dell'indagine condotta nel 2017 su 400 realtà e illustrata nel precedente Rapporto CREA sull'agricoltura sociale (CREA, 2017). La nuova fotografia, condotta a mezzo questionario on-line, ha coinvolto 115 realtà: purtroppo l'indagine ha scontato gli effetti della pandemia Covid-19, che ha determinato un fermo delle attività degli operatori di AS e contemporaneamente un aumento del disturbo statistico dovuto alle numerose richieste di informazioni da parte di diversi soggetti volte ad analizzare le condizioni del settore.

Dall'indagine è emerso che le principali attività riguardano l'inserimento socio-lavorativo, realizzato dal 74% del campione, seguito dalle attività terapeutiche (45%), mentre circa metà del campione ha intrapreso attività di tipo educativo. Le attività vengono svolte continuativamente durante l'anno; in alcuni casi, però, sono condizionate dall'andamento stagionale del lavoro agricolo. L'indagine ha confermato l'importanza della creazione di reti che coinvolgono soggetti provenienti sia dal mondo agricolo sia dal mondo sociale: la collaborazione e la co-creazione di conoscenze tra diversi attori favorisce il processo di transizione rurale per stimolare l'innovazione nel sistema di welfare (Borsotto P. et al., 2019). 

Le attività sono indirizzate a diverse tipologie di soggetti: la maggior parte delle realtà coinvolge persone con disabilità e una su tre si rivolge a detenuti o ex detenuti, disoccupati con disagi socioeconomici e persone affette da dipendenze; in alcuni casi i soggetti coinvolti sono immigrati, rifugiati o richiedenti asilo. Le cure colturali rivestono un ruolo fondamentale per più della metà di coloro che hanno risposto all'indagine; seguono la raccolta dei prodotti, la lavorazione e la preparazione del terreno e la cura degli animali. Le attività a più alta intensità di lavoro e quelle che permettono di vedere il ciclo completo della produzione, come le coltivazioni orticole, la frutticoltura e le produzioni in serra, sono quelle che ricorrono più frequentemente. Le pratiche agroecologiche assumono un ruolo fondamentale nelle realtà di agricoltura sociale, in particolare in quelle italiane, principalmente indirizzate all'inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità e di lavoratori svantaggiati. Nell'avvio e nello svolgimento delle attività di AS il ricorso a finanziamenti è dichiarato da molte delle realtà intervistate: alcune hanno fatto ricorso a fondi pubblici nazionali ed europei, tra cui quelli del Programma di Sviluppo Rurale, altre a finanziamenti di origine privata - donazioni (5x1000; 8x1000); fondi bancari; piani sociali di zona e crowfounding.

A che punto siamo con la normativa?

Nonostante con la legge 141/2015 sia stata fornita una cornice normativa di riferimento alle Regioni e con il Decreto Ministeriale 12550/2018 siano stati definiti i requisiti minimi e le modalità relative alle attività di agricoltura sociale, la disciplina nazionale di riferimento non è ancora completa. In particolare, si attende l'emanazione di specifiche linee guida da parte dell'Osservatorio sull'agricoltura sociale inerenti alla definizione di criteri omogenei per il riconoscimento delle imprese e per il monitoraggio e la valutazione delle attività di agricoltura sociale; ad indicazioni per la semplificazione delle procedure amministrative e per la predisposizione di strumenti di assistenza tecnica, di formazione e di sostegno per le imprese; alla definizione di percorsi formativi riconosciuti per gli operatori; ad indicazioni sui modelli efficaci di AS e su contratti tipo tra imprese e pubblica amministrazione (Figura 1).

 

Figura 1 Evoluzione normativa italiana sull'agricoltura sociale

Fonte: Nostre elaborazioni su dati CREA-PB

L'attività legislativa a livello regionale, avviata in alcune regioni prima dell'emanazione della L. 141/2015, è stata ulteriormente implementata (Figura 2). Oltre la metà delle Regioni italiane (Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Sardegna, Toscana, P.A. Trento, Umbria, Veneto), infatti, esercitando la propria autonomia in materia di agricoltura, hanno disciplinato l'AS già prima dell'emanazione della legge nazionale, collocandola nell'ambito della diversificazione, individuando in alcuni casi un legame più stretto con l'agriturismo (come nel caso delle fattorie sociali "erogative" previste dalla Lombardia) o con la fattoria didattica (come nel caso della Regione Friuli Venezia Giulia) e uniformando le procedure attuative a tali pratiche (Papaleo A., Ricciardi G., 2019). Alcune Regioni, nonostante la mancanza delle già citate linee guida, hanno comunque provveduto a emanare norme e regolamenti per uniformare le proprie leggi al dettato nazionale.

 

Figura 2 Stato di attuazione della normativa regionale sull'agricoltura sociale

Fonte: Nostre elaborazioni su dati CREA-PB

L'agricoltura sociale nei Programmi di Sviluppo Rurale

L'attuale periodo di programmazione 2014-2020 ha mostrato un certo interesse per l'AS; tutte le Regioni italiane, ad eccezione della provincia autonoma di Bolzano, e con una notevole variabilità, hanno considerato l'AS tra gli interventi finanziabili in diverse misure dei Programmi di sviluppo rurale (PSR) a fronte dei fabbisogni emersi nell'analisi di contesto. Le sotto-misure dei PSR che maggiormente danno un contributo all'AS sono la 16.9 "Sostegno per la diversificazione delle attività agricole in attività riguardanti assistenza sanitaria, integrazione sociale, agricoltura sostenuta dalla comunità e educazione ambientale e alimentare"; la 6.4 "Sostegno a investimenti nella creazione e nello sviluppo di attività extra-agricole", dedicata alla diversificazione; la 7.4 "Sostegno a investimenti finalizzati all'introduzione, al miglioramento o all'espansione di servizi di base a livello locale per la popolazione rurale, comprese le attività culturali e ricreative, e della relativa infrastruttura".  Si tratta di interventi volti a creare o potenziare l'offerta di servizi di carattere sociale, con un collegamento con l'AS più o meno esplicito. A queste misure va aggiunta la misura 21, introdotta a seguito di una modifica del PSR durante l'emergenza COVID-19 e prevista in 18 Regioni (ad eccezione di Trento, Bolzano e Lazio) che fornisce un sostegno specifico per le aziende che praticano agriturismo, didattica e agricoltura sociale.
A queste si possono aggiungere anche le azioni messe in atto dai Gruppi di Azione Locale (GAL) nell'ambito della Strategia di Sviluppo Locale di Tipo Partecipativo (SSLTP) (Tabella 2). L'attuazione di queste misure e sottomisure di sostegno dell'AS da parte dei GAL comporta un valore aggiunto significativo rispetto alla loro attuazione ordinaria tramite i PSR 2014-2020, sia perché favorisce l'emersione con modalità partecipative dei fabbisogni reali direttamente dalle parti economiche e sociali della comunità locale interessata, sia perché i GAL possono elaborare strategie complementari che sfruttino le opportunità e gli strumenti offerti da altri fondi, come ad esempio il sostegno agli insediamenti lavorativi protetti previsto dal Fondo Sociale Europeo (FSE). L'analisi dell'attuazione dei PSR in relazione agli incentivi all'AS delinea un'attenzione delle Regioni all'evoluzione delle imprese agricole che, in un'ottica di multifunzionalità, oltre a svolgere il proprio ruolo di produzione, sono sempre più impegnate a realizzare servizi per la collettività, sia di tipo ambientale, con il presidio sul territorio e la gestione dello stesso, sia attraverso attività di tipo sociale.

Nel Rapporto sono presentate le esperienze di due GAL, il GAL ISC Madonie (Sicilia) e il GAL Sulcis, Iglesiente, Capoterra e Campidano di Cagliari (Sardegna). Il primo ha attivato la misura 16.9 che supporta interventi di valorizzazione del capitale umano mediante l'implementazione di reti rurali in grado di promuovere progetti innovativi con finalità sociali, ricreative, turistiche e ambientali. Il GAL Sulcis, invece, sempre con la misura 16.9 in modo integrato con attività finanziate attraverso altri fondi SIE, ha potuto continuare il progetto "SerenaMente", finanziato nell'ambito del percorso "AgriSociale", che nella precedente programmazione ha portato alla costituzione di una rete di imprese.

Gli strumenti di integrazione socio-sanitaria: il budget di salute

Il rapporto si conclude con un approfondimento sullo strumento del Budget di salute (BdS) che rappresenta una possibilità gestionale innovativa di integrazione socio-sanitaria e un'opportunità nell'ambito dell'agricoltura sociale. Infatti, l'azienda agricola viene vista come un attore in grado di soddisfare bisogni sociali delle comunità locali. In Italia, in particolare, l'applicazione del BdS in AS è avvenuta e sta avvenendo in alcuni contesti regionali (ad es. Friuli-Venezia Giulia, Campania, Sicilia) per garantire il miglioramento del benessere e lo sviluppo degli utenti tramite la partecipazione alle attività dell'azienda agricola (De Vivo et al, 2018). Le esperienze regionali in corso si configurano in definitiva come pratiche innovative caratterizzate dalla collaborazione e dalle relazioni tra servizi socio-sanitari, operatori del terzo settore, aziende agricole che svolgono attività di agricoltura sociale e comunità locali e si inseriscono coerentemente nel quadro evolutivo della politica sanitaria e sociale a livello sia europeo che nazionale. L'agricoltura sociale può essere uno dei luoghi che, per le caratteristiche e i tempi propri del mondo agricolo e rurale, riesce ad offrire reali opportunità di inclusione sociale.

 

Bibliografia

 
 

Patrizia Borsotto, Francesca Giarè, Gabriella Ricciardi, Michela Ascani, Carmela De Vivo, Fabio Muscas, Marco Gaito 
CREA - PB

 
 

PianetaPSR numero 101 aprile 2021