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Vino, gli effetti del Covid sul settore italiano

Un'analisi dell'impatto del Covid sul complesso e variegato mondo vitivinicolo italiano. Le tendenze dell'export e le dinamiche di internazionalizzazione. 

Ad un anno dallo scoppio della crisi da Covid 19, per il settore del vino sono tanti i temi al centro del dibattito alla luce, soprattutto, della consapevolezza che si tratta di una realtà così tanto variegata in termini di strutture produttive, commerciali e realtà territoriali che trovare soluzioni, o misure di sostegno valide per tutti non è semplice. Così come non è semplice delineare i contorni delle criticità che le aziende stanno vivendo. Per avere un'idea di come sia complessa la struttura del settore basti considerare che nella platea dei produttori di vino (45.600) si ha una grande eterogeneità di capacità produttiva: un numero ridotto di aziende di grande capacità produttiva, in grado di sfruttare pienamente le economie di scala nella produzione, convive con una galassia di operatori di piccola e piccolissima dimensione. 

Il 75% delle aziende vinificatrici produce meno di 100 ettolitri di vino, mentre le aziende con una produzione superiore ai 100 mila ettolitri sono meno dell'1% del totale ma contribuiscono per il 43% della produzione totale. 

Quando si parla di aziende vinicole, quindi, bisogna far riferimento anche a strutture la cui numerosità è molto vasta a fronte di una produzione complessiva molto bassa, le cui criticità a volte sfuggono dall'analisi dei macrodati. Volendo semplificare, la situazione di crisi del 2020, che si sta prorogando al 2021, ha evidenziato due macro categorie di aziende: quelle che avevano nel mercato della ristorazione il principale sbocco sono state particolarmente colpite, mentre quelle più legate alla grande distribuzione, italiana ed estera, possono aver addirittura migliorato fatturato e profitto. In tema di esportazioni, comunque, non si può non sottolineare che il 2020 ha segnato la riconquista da parte dell'Italia del primato delle consegne in volume, per alcuni anni appannaggio della Spagna, oltre ad aver dimostrato una sostanziale minimizzazione delle perdite rispetto ai principali competitor. L'export italiano in volume, infatti, è stato pari a 20,8 milioni di ettolitri (-2,4%) per un corrispettivo di 6,285 miliardi di euro, mentre per Francia e Spagna si sono hanno chiuso l'anno rispettivamente a -10,8% (a 8,7 miliardi di euro) e a -3,2%.  La performance italiana risulta buona, nonostante il segno meno, anche in relazione agli scambi mondiali  2020 nel loro complesso che,  secondo gli ultimi dati dell'OIV, hanno segnato una riduzione dei volumi scambiati del 2%, mentre in valore la flessione è stata del 6%.

 

Dinamica delle esportazioni mondiali di vino e mosto (milioni di hl)

Fonte: Ismea su dati OIV
 

Dinamica delle esportazioni mondiali di vino e mosto in valore (miliardi di euro)

Fonte: Ismea su dati OIV
 

Export

L'Italia dell'export sembra aver superato meglio questo travagliato 2020, anche grazie ai mancati dazi USA che, invece, hanno colpito Francia e Spagna. I primi mesi del 2021, comunque, stanno evidenziando una situazione che si prefigura più complicata del 2020 e anche gli effetti sui bilanci, stante la situazione attuale, potrebbero essere più pesanti e visibili. 

I trend internazionali e il ruolo del vino

Il ruolo dell'Italia negli scambi internazionali di vino e nello stesso tempo, il ruolo del vino nel totale delle esportazioni dell'agroalimentare, sono risultati un argomento particolarmente interessante da approfondire. Nell'ambito delle attività della Rete Rurale Nazionale sulla tematica "Internazionalizzazione", l'Ismea ha realizzato uno studio ad hoc sui trend internazionali e sui possibili scenari d'impatto della crisi Covid-19 sul mercato del vino, in particolare ponendo al centro della discussione l'individuazione di politiche e strumenti per sostenere il settore ad affrontare la complessità del mercato globale. Negli ultimi anni, infatti, il tema dell'internazionalizzazione sta registrando un crescente interesse da parte delle imprese e delle istituzioni, ma esistono ancora molte realtà produttive che riscontrano diverse difficoltà ad oltrepassare le frontiere nazionali per estendere il proprio mercato. In tale contesto, la promozione del made in Italy e le politiche per aumentare la competitività e l'orientamento delle imprese ai mercati esteri assumono una grande importanza per il rilancio economico nazionale; importanza ancora maggiore dopo l'emergenza Covid-19. In particolare, la pandemia ha avuto un forte impatto sul mercato del vino, mettendo in crisi il settore e accelerando alcuni fenomeni che erano già in atto sia a livello internazionale, che a livello nazionale. 

Il mercato del vino prima e dopo il Covid

Il report "Il mercato del vino in Italia e nel mondo prima e dopo il Covid-19" è stato realizzato con la collaborazione di esperti nazionali e internazionali. Hanno, infatti, contribuito Rafael Del Rey, direttore dell'Oemv (Osservatorio spagnolo del mercato del vino) e Fabio Piccoli (direttore di Wine Meridian) con l'introduzione del report, inoltre, è stata curata dal Prof. Eugenio Pomarici, Professore ordinario   all'Università degli Studi di Padova. 

A parlare di export internazionale ci ha pensato Rafael del Rey, che ha posto l'accento sulle dinamiche degli scambi internazionali negli ultimi anni con una particolare attenzione in epoca di pandemia e di come l'Italia abbia reagito rispetto agli altri competitor. L'analisi di Del Rey ha approfondito la situazione su 4 mercati cardine della domanda mondiale e che, Covid a parte, hanno dinamiche interne che possono creare qualche preoccupazione: Stati Uniti, Russia, Cina e Regno Unito.
La seconda parte del report, invece, è stata curata da Fabio Piccoli, che ha analizzato i risultati di un'indagine commissionata da Rete Rurale Nazionale sulla reazione e sullo stato di salute delle aziende vinicole italiane a seguito della pandemia ponendo però l'accento anche su problemi strutturali del settore e che sarebbe un grave errore considerare l'attuale situazione del mercato del vino "solo" alla luce delle conseguenze della pandemia.
L'indagine, effettuata su un campione rappresentativo di 313 imprese vitivinicole, ha restituito un quadro molto diversificato sia in termini di approccio alla crisi che ai risultati ottenuti. A fronte di una quota maggioritaria di imprese che hanno sofferto in modo più o meno grave la crisi, una frazione non irrilevante non ha subito contrazioni di reddito o addirittura ha registrato miglioramenti. Relativamente ai produttori, certamente questa diversità è spiegata dalla maggiore o minore dipendenza dai canali distributivi finali più colpiti dalla crisi. Crisi che, volenti o nolenti, ha impartito una decisa accelerazione nell'acquisizione di competenze nella gestione digitale delle relazioni verso gli intermediari e il pubblico finale. 
È un lavoro, questo, molto importante perché realizzato in un momento particolarmente critico anche per il settore del vino, investito, come tutti i settori produttivi, dagli effetti economici della pandemia Covid-19 e, come tutti gli altri settori dell'agricoltura europea, deve essere pronto per le sfide poste dalla riforma della PAC che andrà in vigore all'inizio del 2023.
L'importanza del tema è stata ribadita anche in un incontro realizzato a fine 2020, anticipando la pubblicazione del report, dove sono intervenuti, oltre agli autori del report, anche Federico Castellucci, Presidente della Federazione Nazionale di Prodotto Vino - Confagricoltura, Antonio Rallo, Presidente del Consorzio DOC Sicilia e Luca Rigotti, Coordinatore Alleanza delle cooperative italiane agroalimentari settore vino.

 
 
 
 

Tiziana Sarnari-RRN/ISMEA

 
 

PianetaPSR numero 101 aprile 2021