A trent'anni dalla loro concezione, le politiche europee per lo sviluppo rurale (SR) stanno per affrontare un nuovo ciclo di programmazione con una nuova struttura di governance (nuove regole, un nuovo modello di erogazione, un nuovo approccio organizzativo e un nuovo quadro di monitoraggio e valutazione) che vede, per la prima volta, un'integrazione tra i due pilastri della PAC, Fondo Europeo Agricolo di Garanzia (FEAGA) e Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR). Dai primi anni 2000, infatti la PAC è stata divisa in due pilastri: il Primo, che accoglie l'insieme degli strumenti di sostegno al mercato ed è legato al reddito degli agricoltori, e il Secondo che riguarda le misure relative allo sviluppo rurale.
Nel nuovo scenario, l'introduzione del Piano Strategico Nazionale (PSN) si configura come lo strumento cardine per la programmazione delle politiche degli Stati membri (SM).
La Commissione europea (CE) sostiene che questa innovazione dovrebbe contribuire a fare evolvere la PAC da un approccio basato sulla conformità (compliance-based) a un approccio maggiormente orientato sulla performance (performance-based). Tuttavia, ciò richiede sforzi organizzativi rilevanti a livello di SM, soprattutto laddove vengono attuati modelli regionalizzati, come in Italia.
Alla data di chiusura del presente articolo, il processo di definizione del quadro UE per il periodo di programmazione 2023-2027 è ancora in corso. Dopo la presentazione nel giugno del 2018 della Proposta di regolamento e l'avvio delle riflessioni sul futuro della PAC, oggi le attività sono concentrate sul cosiddetto processo di dialogo a tre per raggiungere un accordo finale sulla legislazione della PAC, ma al momento si è ancora in una situazione definita di no deal, cioè di mancanza di accordo.
La proposta della Commissione è di elaborare un unico PSN, basato sull'azione sinergica di diverse operazioni nell'ambito di entrambi i pilastri della PAC, lungo nove Obiettivi Specifici, suddivisi in tre gruppi (economico, ambientale e sociale), più un obiettivo trasversale su conoscenza e innovazione.
Alcuni autori (Carey, 2019; Massot e Negre, 2018; Metta, 2020) hanno sottolineato come proprio il PSN è l'elemento cruciale delle proposte legislative: «la strada giusta da percorrere, ma chiaramente presenta anche dei pericoli» (Matthews, 2020). Gli SM potrebbero avere più libertà di progettare e attuare concretamente le proprie strategie, mentre l'insieme degli obiettivi rimane definito a livello UE, mantenendo quindi una visione e una strategia comune. Rispetto al passato, si tratta di un cambiamento importante, che implica un rilevante trasferimento di responsabilità agli SM e potrebbe segnare una discontinuità consistente nell'evoluzione della PAC (Erjavec et al., 2018).
Il meccanismo per rafforzare il cambiamento da un sistema basato sulla compliance a un sistema basato sulla performance è rappresentato dal New Delivery Model (NDM), che fa perno sull'istituzione del Performance Framework (PF) per la valutazione dei progressi verso il perseguimento degli obiettivi, in termini di impatti, efficacia, efficienza, pertinenza, coerenza e valore aggiunto della PAC (art. 116 (COM(2018)392 final).
Gli strumenti della futura PAC saranno coperti da un nuovo quadro di monitoraggio e valutazione dei risultati (PMEF, Performance Monitoring and Evaluation Framework). In particolare, la Commissione propone di misurare le prestazioni della PAC in relazione agli obiettivi specifici fissati nel PSN intorno ai seguenti principi:
La valutazione della PAC 2023-2027 si inserisce nel più ampio progetto evolutivo dell'UE diretto a rafforzare il processo decisionale basato sulle evidenze e sulla buona governance (Thoyer e Préget, 2019).
Le politiche agricole e rurali hanno sempre riconosciuto il ruolo della valutazione, promuovendo nel tempo un consolidamento delle metodologie e degli approcci, con l'obiettivo di ampliare le conoscenze e soprattutto di promuovere la comparabilità tra SM. Le esperienze di questo processo evoluzionistico hanno contribuito a costruire una capacità di valutazione, includendo anche la società civile negli esercizi di valutazione, ma anche stratificando i livelli di conformità e omogeneità.
A nostro avviso, la richiesta di conformità è stata, tuttavia, più forte della volontà di capire e apprendere dalle valutazioni, limitandone i risultati e l'uso. Tale limite è stato particolarmente evidente nel 2014-2020, con un formato comune prescrittivo (in particolare, nella Relazione annuale di attuazione 2017 cosiddetta rafforzata) che ha certamente garantito omogeneità e comparabilità delle valutazioni, sacrificando le specificità dei Programmi. Come già avuto modo di evidenziare in altre sedi (Cagliero et al., 2021a; Cagliero et al., 2021b; Cagliero e Licciardo, 2021), la richiesta della CE di riportare i risultati della valutazione in formati molto rigidi e vincolanti ha spesso portato i valutatori ad adottare soluzioni minimali per affrontare e cercare comunque di rispondere questioni comuni, anche nei casi di insufficiente disponibilità di informazioni.
Il termine "performance" è certamente quello che ricorre maggiormente nelle proposte regolamentari e nelle numerose presentazioni fatte dai Servizi della Commissione, a partire dal nome stesso del nuovo quadro di monitoraggio e valutazione (PMEF). Dobbiamo aspettare sia le proposte definitive che gli atti attuativi (norme, orientamenti, linee guida) per sviluppare un'analisi più completa, ma quello che possiamo vedere ora è una richiesta di valutazione principalmente in termini di analisi delle performance. Anche se per il prossimo periodo di programmazione il toolboxper la valutazione non è completamente definito per poter sviluppare un'analisi completa, sottolineiamo due aspetti principali nelle proposte regolamentari: l'uso di criteri noti ma formali (efficacia, efficienza, pertinenza, coerenza e valore aggiunto UE) e le relazioni rigide tra indicatori e requisiti di valutazione. Come abbiamo osservato in passato, questi due aspetti possono indurre le Autorità di Gestione a realizzare valutazioni limitate ad analisi della performance, prediligendo più la formalità che la conoscenza e l'apprendimento.
A nostro avviso, la performance non può essere l'unico obiettivo della politica.
Non sottovalutiamo l'importanza della performance e della responsabilità della spesa pubblica, ma dalle proposte della Commissione sembrerebbero questi gli aspetti principali, se non fondamentali, dei percorsi valutativi. Gli obiettivi della valutazione, invece, dovrebbero portare, in primis, a costruire domande pertinenti rispetto ai diversi contesti, coinvolgendo stakeholder, approcci e territori. Per esempio, un'analisi tematica specifica rappresenta spesso una necessità in un processo di valutazione complesso. Sono necessari ulteriori sforzi per consentire esercizi di valutazione che soddisfino le esigenze del Programma e siano effettivamente utili e affidabili per le istituzioni europee e nazionali, gli organismi del Programma, gli stakeholder e il pubblico.
Sebbene l'ambizione sia quella di semplificare orientando ai risultati, all'efficienza e all'efficacia delle politiche, il PMEF sembra, in realtà, molto più rigido e meccanico rispetto al passato.
Un quadro comune è necessario, ma non può essere un buco nero che drena risorse fisiche e finanziarie, come successo nel 2014-2020, almeno in Italia (Camaioni et al., 2020, Cagliero et al., 2021b): le richieste obbligatorie hanno assorbito le risorse, deprimendo l'eventuale contributo delle valutazioni specifiche. La semplificazione e la proporzionalità sono talvolta utilizzate per cercare di evitare requisiti comui e indicatori più attinenti (Metta, 2020), senza offrire come contropartita analisi pertinenti. In questo, e soprattutto nel caso degli SM con un sistema regionale, sorge anche una domanda sulle capacità delle amministrazioni regionali di attuare valutazioni più solide, per copertura e qualità.
Il Piano di Valutazione dovrebbe essere lo strumento per dare la flessibilità necessaria e assicurare l'usabilità concreta della valutazione. Tuttavia, per renderlo effettivamente utile (e non solo obbligatorio), è anche necessario che esso sia coerente, cioè che sappia seguire, il ciclo di vita dei Programmi, in vista di un disegno valutativo più ampio, in cui la robustezza metodologica possa affrontare alti livelli di complessità. Troppo spesso, i Piani di Valutazione sono restati come cristallizzati nei PSR, sia a causa della complessità delle procedure di modifica, sia perché, semplicemente, non sono stati più messi in discussione (Cagliero et al. 2021a).
Riteniamo che la progettazione della valutazione debba essere sufficientemente flessibile da soddisfare le esigenze del Programma, tenendo conto delle sue specificità; e per promuovere una più ampia partecipazione con il duplice obiettivo di rafforzare la titolarità della valutazione e migliorare i processi decisionali.
Roberto Cagliero (CREA-PB), Marzia Legnini (Esperto senior in attività di monitoraggio e valutazione di programmi finanziati dall'UE), Francesco Licciardo (CREA-PB)
PianetaPSR numero 103 giugno 2021