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Accordo PAC

PAC 2023-2027, c'è l'accordo tra i governi sulla nuova programmazione, in attesa del voto del PE

Al termine dell'intenso trilogo del 24 e 25 giugno è arrivata l'intesa di massima tra le istituzioni dell'Unione, confermata dal Consiglio Ue: sciolto il nodo delle pratiche a tutela dell'ambiente con l'introduzione di una fase transitoria.

Dopo tre anni di negoziato, il trilogo di giugno è stato quello decisivo. Nel corso dell'ennesima notte di trattative il Consiglio dei ministri agricoli europei e il Parlamento UE hanno raggiunto un accordo di massima sulla nuova Politica agricola comune, che entrerà in vigore il primo gennaio del 2023. Anche gli ultimi nodi, quelli relativi alla quota di contributi da destinare alle pratiche ambientali, sono stati sciolti con un compromesso che prevederà anche un periodo di adeguamento. 

Il dibattito sul fatto che si tratti di un accordo "al ribasso" rispetto alle aspirazioni del "Green Deal" è destinato a protrarsi nel tempo, ma senza dubbio quella che sta prendendo forma è comunque una PAC più attenta alla sostenibilità ambientale, economica e sociale, più flessibile e che prevede l'introduzione dei Piani strategici nazionali e del New delivery model (dalla cosiddetta "compliance" alle regole alla "performance" dei risultati),  con una distribuzione delle risorse da programmare tramite il Piano strategico guidata dagli obiettivi ("target") predefiniti da raggiungere.  

"La nuova PAC - ha sottolineato il Commissario all'Agricoltura Janusz Wojciechowski - unisce una maggiore ambizione dal punto di vista ambientale, climatico e del benessere animale con una distribuzione più equa dei pagamenti, soprattutto per le piccole e medie imprese e per i giovani. Ho fiducia nella capacità degli Stati membri di sviluppare dei Piani strategici altrettanto ambiziosi e in linea con i nostri obiettivi, e che mettano a disposizione degli agricoltori i giusti strumenti per la transizione a un sistema agroalimentare più sostenibile".

Maggiore flessibilità

La prima importante novità riguarda la struttura della nuova programmazione: ogni Stato membro deve elaborare un Piano strategico nazionale (ricomprendendo primo e secondo pilastro) nel quale descrivere come intende raggiungere gli obiettivi previsti dalla PAC e dal "Green Deal", così come illustrati dalle strategie "Farm to Fork" e della Biodiversità. Ogni anno lo Stato membro dovrà presentare una relazione di performance che sarà soggetta ad una revisione da parte della Commissione nel 2025 e nel 2027, attraverso un monitoraggio effettuato basato su un set di indicatori comuni.

Una PAC più equa

Tra le novità più interessanti introdotte nella prossima programmazione c'è senza dubbio l'introduzione di nuovi parametri di equità distributiva e di rispetto dei diritti: per la prima volta infatti si prevede una forma di condizionalità sociale, ovvero si lega la concessione di contributi al rispetto di alcuni elementi della normativa europea a tutela dei lavoratori. Una novità importante, per la quale è previsto l'avvio nel 2025 con la possibilità da parte degli Stati membri di anticiparlo al 2023. Inoltre, si prevede una redistribuzione obbligatoria di almeno il 10% delle risorse attribuite ad ogni Stato membro in favore delle piccole aziende agricole, così come sarà obbligatorio esplicitare nel Piano strategico nazionale in che modo sarà effettuata tale redistribuzione. 

In aggiunta, il 3% dei fondi dovrà essere destinato ai giovani agricoltori per favorire il ricambio generazionale.

Una PAC più verde

Le sfide ambientali hanno rappresentato senza dubbio il principale terreno di scontro politico nella definizione della nuova PAC. L'accordo raggiunto rappresenta senza dubbio un passo avanti rispetto all'attuale programmazione, in linea con quanto previsto dal "Green Deal", dal "Farm to Fork" e dalla Strategia per la biodiversità, e prevede delle novità importanti dal punto di vista degli strumenti e del modello. 

Per quanto riguarda la condizionalità nell'ambito della cosiddetta "green architecture" i requisiti minimi che consentono ai potenziali beneficiari di accedere ai contributi prevedono che almeno il 3% della superficie agricola sia dedicata alla tutela della biodiversità e alle attività non produttive, con la possibilità di arrivare al 7% fruendo del supporto degli eco-schemi.

Questi strumenti dovranno obbligatoriamente essere previsti dallo Stato membro e prevedono una premialità per gli agricoltori che adotteranno pratiche più sostenibili dal punto di vista climatico e ambientale, tra le quali c'è anche la produzione biologica.

Uno dei nodi del negoziato riguardava la quota di risorse che ogni Stato membro deve riservare agli impegni agroambientali: l'accordo prevede che la quota di pagamenti diretti destinata agli eco-schemi sia del 25%, con due anni di "learning period" al 20%. Il 5% di fondi non utilizzati in questo biennio, può essere redistribuito un rafforzamento degli eco-schemi o con un trasferimento sul secondo pilastro per interventi agroambientali. Per quanto riguarda lo sviluppo rurale, invece, la quota di impegni dedicata a misure agroambientali dovrà essere del 35% della dotazione Feasr.

Crisi

L'intesa prevede la creazione di un Fondo con un budget annuale di almeno 450 milioni di euro per fare fronte alle possibili crisi del settore per finanziare eventuali misure di mercato. 

Convergenza interna

Secondo quanto previsto dal compromesso la convergenza interna dei pagamenti diretti dovrà raggiungere almeno l'85% del livello medio entro il 2026.

 
 

Matteo Tagliapietra

 
 

PianetaPSR numero 103 giugno 2021