La progressiva e inesorabile intensificazione dei sistemi agricoli, influenzata dalla crescente popolazione mondiale, ha contribuito a creare pressioni sull'ambiente, mettendo a rischio la fertilità del suolo e la biodiversità in diverse regioni, inquinando aria e acqua e producendo grandi quantità di rifiuti (Alexandratos and Bruinsma 2012).
Al contempo, le sempre più frequenti e intense calamità naturali legate al cambiamento climatico hanno concorso a rendere più incerte le produzioni agricole causando danni diretti (riduzione delle rese) e indiretti (aumento degli attacchi parassitari) alle colture, contribuendo ad accelerare l'aumento delle superfici coltivate e, soprattutto, l'intensificazione produttiva (Deutsch et al. 2018; Gregory et al. 2009; Trębicki and Finlay 2018).
Tale situazione obbliga ad un ripensamento dei paradigmi produttivi esistenti e delle strategie di approvvigionamento adottate dai vari Paesi[1](Ukhurebor et al. 2020). A tal proposito, le organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite e la legislazione vigente, in tutto il mondo, hanno iniziato a incoraggiare fortemente l'industria alimentare a trovare nuovi usi finali per i rifiuti agroindustriali (Samotyja 2019) e nuove soluzioni naturali per ridurre al minimo lo sfruttamento delle risorse minerali e sostituire sostanze chimiche pericolose, come pesticidi e fertilizzanti (Pacifico et al. 2021), ma 'molto' resta ancora da fare (Wilts, von Gries, and Bahn-Walkowiak 2016).
Per questo motivo, la normativa nazionale ed europea, dai disciplinari di produzione integrata al PAN, dai PSR 2014/2020 alla strategia Farm to Fork, ha focalizzato sempre più l'attenzione sulla riduzione dei residui chimici e sull'ottenimento di prodotti più salubri, incentivando la riduzione degli scarti produttivi e il loro riutilizzo, valorizzando gli stessi con l'utilizzo di tecnologie innovative, per ridurre al minimo la produzione del rifiuto da discarica. Finora, però, la valorizzazione più frequente si è avuta per gli scarti di produzione agricola, ma molto meno per quelli agroindustriali che sono ancora poco eco-sostenibili e che richiedono l'utilizzo di tecniche molto sofisticate come l'estrazione con fluidi supercritici, o gli ultrasuoni o microonde, per ottenere dei nuovi prodotti che possano generare valore.
È necessario, quindi, in un'ottica di sostenibilità, aumentare l'attenzione anche sui residui del processo agroalimentare, che potenzialmente sono molto interessanti per l'ottenimento di estratti attivi per la difesa in agricoltura, di molecole per l'industria nutraceutica e per aumentare la conservabilità stessa degli alimenti, affinando e superando le criticità citate sui metodi e processi di recupero di questi sottoprodotti.
In questo contesto di valorizzazione avanzata dello scarto agroalimentare, si inserisce il progetto SUSINCER, finanziato dalla fondazione CARIPLO (http://susincer.crea.gov.it/). Nell'ambito di tale progetto, i ricercatori del CREA stanno mettendo a punto tecniche per l'estrazione di molecole bioattive derivate da panelli disoleati di semi di Brassicacee (glucosinolati) e da scarti di Solanacee (glicolacaloidi), tra i più importanti rifiuti agroindustriali, indirizzate al biocontrollo degli agenti patogeni responsabili delle micotossine dei cereali, colture che rappresentano le principali fonti di cibo al mondo (FAO et al. 2019). Il progetto vanta, inoltre, la collaborazione con portatori di interesse chiave sia del mondo agricolo che industriale, i quali contribuiranno a ricercare soluzioni praticabili nel passaggio dallo stadio sperimentale a quello industriale.
La tabella 1 fornisce una sintesi dei fattori chiave che giocano a favore/contro lo sviluppo industriale di formulati a base di estratti di brassicacee e scarti di solanacee per il biocontrollo dei parassiti studiati nell'ambito del progetto SUSINCER. Questi fattori sono organizzati in punti di forza, punti di debolezza, opportunità e minacce. I punti di forza e di debolezza rappresentano fattori legati alla tecnologia (endogeni), mentre le opportunità e le minacce rappresentano fattori esterni alla tecnologia (esogeni). I fattori endogeni ed esogeni sono interrelati e, i fattori endogeni sono condizionati dai fattori esogeni.
Per quanto riguarda i bio-formulati a base di estratti di brassicacee, i principali punti di forza sono rappresentati dalla comprovata efficacia della biofumigazione in sostituzione dei fumiganti chimici che, oltretutto, arricchisce il terreno di nutrienti riducendo la necessità di fertilizzanti di sintesi (Lazzeri et al. 2011) e dalla forte concentrazione territoriale di produzioni di brassicacee destinate alla quarta gamma che motivano la ricerca di strategie per la valorizzazione degli scarti di lavorazione (Pimpini, Giannini, and Lazzarin 2005). I principali punti di debolezza sono rappresentati dalla mancanza di studi volti a valorizzare gli scarti di lavorazione della IV gamma (Argento, Melilli, and Branca 2019) e dagli elevati costi di produzione (Lazzeri et al. 2009) e dai bassi benefici ambientali (D'Avino et al. 2015) associati all'utilizzo di colture dedicate. Gli elevati costi di estrazione limitano l'impiego di bio-formulati a base di estratti di brassicacee per il controllo dei parassiti per le colture ad alto valore aggiunto, per le quali si sta già diffondendo in Italia la pratica della biofumigazione. I bassi benefici ambientali sono dovuti al fatto che le emissioni evitate grazie al non utilizzo di input chimici sono controbilanciate dalle emissioni generate con la coltivazione di colture dedicate.
Per quanto riguarda i bio-formulati a base di estratti di bucce di patata, i principali punti di forza sono rappresentati dalla disponibilità di grandi quantità di rifiuti che ne giustificano la ricerca e dall'esistenza di una vasta gamma di molecole con potenziali di applicazione che vanno dal controllo dei parassiti (Chowański et al. 2016; Fewell and Roddick 1993) alla conservazione di alimenti e alla produzione di cosmetici (Wu 2016). Il principale punto di debolezza è rappresentato dagli elevati costi di estrazione dovuti al consumo di energia per l'essiccazione, che di fatto ad oggi ne compromettono l'industrializzazione (Wu 2016).
Un ulteriore importante punto di debolezza che riguarda la valorizzazione di entrambi i sottoprodotti è rappresentato dalla mancanza di studi che ne verifichino l'efficacia su parassiti diffusi, come gli agenti patogeni responsabili della contaminazione da micotossine delle colture cerealicole (Pacifico et al. 2021).
Numerose opportunità stanno contribuendo a superare le principali debolezze che limitano sia la produzione che la diffusione di bio-formulati a base di estratti vegetali. Le principali opportunità sono rappresentate da: l'aumento della produzione di scarti alimentari legato all'espansione dei mercati delle chips (Parisi et al. 2008)e dell'insalata di quarta gamma (Unione Italiana Food 2021); il crescente utilizzo di pesticidi per contrastare i parassiti favoriti dal cambiamento climatico, rendendo sempre più urgente la necessità di trovare soluzioni sostenibili (Chakraborty and Newton 2011); l'esistenza di obiettivi politici ambiziosi che veicolano le traiettorie future di finanziamento a favore di strategie di economia circolare (European Commission 2020).
Le principali minacce sono rappresentate da: un possibile fallimento del mercato delle produzioni principali che avrebbe conseguenze dirette sul mercato dei relativi sottoprodotti e dal fallimento delle politiche indirizzate al raggiungimento dei nuovi obiettivi del Green Deal. Per quanto possibile, la prima minaccia non sembra plausibile nel prossimo futuro, viste le buone condizioni di mercato dei prodotti da cui derivano i sottoprodotti studiati. La seconda minaccia sembra, in realtà, più probabile date le difficoltà programmatiche legate al coordinamento di diversi enti pubblici nella definizione di un quadro complessivo di iniziative in grado soddisfare la produzione / approvvigionamento della materia prima, la relativa trasformazione e utilizzo finale.
Fondamentale è l'integrazione di strategie volte a valorizzare l'utilizzo degli scarti agroindustriali per la produzione di fertilizzanti organici a basso valore aggiunto con strategie volte all'estrazione di sostanze bioattive ad alto valore aggiunto, soprattutto in relazione alla necessità di compensare la riduzione di fertilità del suolo e la sempre più limitata disponibilità di fertilizzanti di sintesi e in relazione alla necessità di trovare soluzioni a basso impatto per fronteggiare le nuove sfide legate al cambiamento climatico.
Per innescare questo processo, è necessario mettere in atto una strategia coordinata che, a fronte di regole chiare per la gestione dei rifiuti agroindustriali, offra incentivi volti ad accompagnare gli adeguamenti infrastrutturali necessari a trasformare problemi esistenti in opportunità future.
Raffaella Pergamo, Raffaella Coppola, Francesco Galioto
CREA PB
PianetaPSR numero 105 settembre 2021