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Giovani Coldiretti

Meglio agricoltore che lavorare in un call center

Svecchiare l'immagine dell'agricoltura che rappresenta una fonte di occupazione e valorizzare chi investe sull'impresa.  Il Presidente Sangiorgio indica la strada per accelerare il turn-over
Vittorio Sangiorgi
Vittorio Sangiorgi

Presidente, può indicarci quelle che sono secondo tre soluzioni che possono incentivare l'ingresso e la permanenza dei giovani in agricoltura?

Partirei dall'attrattività. Oggi occorre raccontare un'agricoltura moderna, non solo produttrice di beni di consumo, ma in grado di valorizzare la specificità del territorio, di incrementare il turismo, di sviluppare attività didattiche, formative, e anche di proporre servizi al sociale, a volte sostituendosi all'intervento pubblico e costruendo dal nulla una rete di rapporti, o intervenendo direttamente sulla conservazione e la tutela del paesaggio.
In secondo luogo bisogna poi rivolgersi anche ai giovani che non fanno parte del settore, e spiegare loro che c'è possibilità di occupazione in agricoltura (lo testimoniano anche gli ultimi dati disponibili) e che forse è meglio investire il proprio futuro qui che in un call center.
Noi infatti sappiamo bene che le imprese familiari sono anche il punto di forza dell'agricoltura italiana, ma bisogna intervenire da un doppio punto di vista: valorizzare il ricambio generazionale nelle aziende familiari, laddove alle giovani generazioni è permesso di portare l'innovazione e il cambiamento, vincendo anche una certa resistenza. E  andare anche a pescare fuori, soprattutto oggi che, appunto, l'agricoltura propone, anche grazie alla diversificazione, delle opportunità occupazionali nuove.
Infine, rimanderei a quelle che ho definito, nel corso dell'ultima Assemblea nazionale, le "4 molestie" per le imprese giovani: burocrazia, accesso al credito, accesso alla terra e arretratezza culturale. Dell'ultima abbiamo in qualche modo già parlato, per quanto riguarda la burocrazia è chiaro che non è possibile aspettare in alcuni casi oltre due anni per poter trasformare la propria idea di impresa agricola. Per l'accesso al credito, abbiamo studiato con Creditagri una linea di finanziamenti che non lega  le garanzie al patrimonio, ma all'investimento. Sull'accesso alla terra, bisogna vedere la terra come un elemento della filiera produttiva, mentre oggi viene più visto alla stregua di una casa. La nostra proposta, già risalente a due anni fa, è quella di mettere a disposizione dei giovani terreni demaniali e pubblici di Comuni e regioni, perché bisogna insistere sul fatto che il progetto non deve esser quello di comprarsi la terra, ma di arrivare a utile: questa è la chiave.

A livello europeo (ad esempio con il CEJA) si è riusciti a far fronte comune fra le organizzazioni e in ogni caso quali sono le proposte per la nuova PAC che vi trovano d'accordo?

In linea di massima c'è convergenza sul concetto di agricoltori attivi: bisogna sostenere chi fa veramente impresa e scommette sul proprio progetto, ragionando anche sul limite minimo dei pagamenti, che mi sembra chiaro non debba scendere sotto i 250 euro. Poi, noi insistiamo anche sull'arginare le rendite al rialzo: anche qui si tratta di riattivare un circolo virtuoso valorizzando finalmente chi ha un progetto da portare avanti.

Il vostro slogan è "filiera agricola e tutta italiana": come può avere ancor maggiore efficacia grazie ai giovani agricoltori?

Non sono io a dirlo, ma il Presidente Marini stesso, che ha spiegato come questo progetto può essere portato a compimento proprio grazie ai giovani, alla loro voglia di metterci la faccia e al loro dinamismo. Il fatto è che non bisogna fermarsi solo alla fase produttiva: in questo senso penso ai tanti nostri giovani che stanno provando l'esperienza delle botteghe di Campagna amica: aprire nuovi spazi dove far incontrare il rurale e l'urbano, dove valorizzare il km zero e proporre le eccellenze agroalimentari. Ed ecco che torniamo all'agricoltura attrattiva........

I dati Istat sul censimento agricolo, relativamente ai giovani, evidenziano segnali di ripresa. Come si sente di commentarli?

Io sono fondamentalmente un ottimista. Al di là dei numeri, mi piace guardare al futuro. E mi pare che in fondo i dati confermino dei buoni segnali proprio sugli under 30: segno che la voglia di tornare in campagna sta prendendo piede fra le nuove generazioni, un segnale forte verso chi diffidava della capacità dell'agricoltura di esercitare appeal sui più giovani.

Andrea Festuccia

 
 
 
 

PianetaPSR numero 3 - ottobre 2011