La situazione di crisi connessa al conflitto russo-ucraino ed il conseguente rincaro delle materie prime agricole rende necessario considerare l'opportunità di provvedimenti ad hoc che ne contengano gli effetti economici, causati soprattutto dall'impennata del costo di carburanti e fertilizzanti, a tutela del comparto agricolo e del suo potenziale produttivo.
L'attuale costo della fattura elettrica per gli italiani dipende per l'85% dal prezzo dell'energia fossile importata, come avviene anche per molti altri paesi dell'Unione Europea. In tale contesto l'economia circolare e le fonti rinnovabili giocano un ruolo chiave e centrale per contrastare insicurezza alimentare e caro-energia.
L'Italia possiede un patrimonio agricolo e forestale in grado di originare una filiera energetica rinnovabile e sostenibile, in quando le agroenergie costituiscono la più importante fra le fonti energetiche rinnovabili per l'ampia disponibilità di materia prima derivante da scarti di lavorazione, sottoprodotti, residui, reflui zootecnici e colture dedicate. Al riguardo lo studio condotto dall'Italian Biomass Association (ITABIA), nell'ambito del Progetto Europeo H2020 ENABLING (Enhance New Approaches in Biobased Local Innovation Networks for Growth), indica una disponibilità potenziale pari a circa 25 milioni di tonnellate l'anno di residui agricoli e agroindustriali a livello nazionale in grado di soddisfare gran parte del fabbisogno attuale di biomassa, attualmente garantito dalle importazioni.
Tali agroenergie permettono di incentivare e promuovere la bioeconomia circolare e sostenibile contribuendo alla mitigazione climatica e alla decarbonizzazione di vari settori (ad es. trasporti, energetico e residenziale), tutelando la natura, valorizzando la biodiversità e migliorando al contempo la fornitura di servizi ecosistemici, nonché promuovendo l'utilizzo delle risorse e stimolando la produzione di prodotti ad alto valore aggiunto al fine del raggiungimento dei target climatici ed energetici nazionali.
Le agroenergie, quindi, sono in grado di conciliare lo sviluppo economico con la salvaguardia dell'ambiente e con l'incremento dell'occupazione e di affrontare in modo globale le sfide, tra loro interconnesse, della scarsità delle risorse naturali, della sicurezza alimentare, della dipendenza dalle risorse fossili e del cambiamento climatico, ottenendo in contemporanea una crescita economica sostenibile.
Per il settore agricolo la tecnologia di maggior rilievo ed interesse per la produzione di energia rinnovabile è rappresentata dalla digestione anaerobica, processo biochimico mediante il quale la sostanza organica viene decomposta e trasformata in biogas.
Il settore primario, a differenza di altri ambiti produttivi, fornisce esternalità positive e beni pubblici di portata strategica. Nel merito, tale settore è multifunzionale e svolge un ruolo fondamentale in quanto garantisce l'autosufficienza alimentare ed energetica; la gestione e manutenzione del territorio, evitando i fenomeni di dissesto idrogeologico; il sequestro del carbonio; la mitigazione dei cambiamenti climatici ed il mantenimento degli ecosistemi e del paesaggio.
Per l'agricoltura italiana le agroenergie svolgono un ruolo strategico nell'innovazione dei sistemi di produzione agricola. Nel dettaglio, esse sono centrali per la competitività delle imprese agricole attraverso la diversificazione delle produzioni, l'adozione di modelli di produzione più sostenibili e la multifunzionalità.
In merito alla diversificazione delle produzioni, l'agricoltura italiana ha varie responsabilità sia per l'impiego razionale delle risorse naturali ed entro i limiti delle disponibilità in natura; sia per la tipologia dei prodotti da originare che per le emissioni di inquinanti atmosferici, e nel contempo ha enormi potenzialità in termini di mitigazione climatica poiché produce fonti energetiche rinnovabili e svolge la funzione di sequestro del carbonio e di assorbimento dei pozzi.
Per quanto concerne la mitigazione climatica si evidenzia che la produzione dei reflui zootecnici, fase gestionale aziendale da cui derivano le maggiori emissioni di gas climalteranti, può divenire indispensabile per la produzione sia di energia rinnovabile (biogas e biometano) che di materia organica naturale (digestato) in grado di fertilizzare i terreni agricoli e di ridurre l'impiego dei fertilizzanti di sintesi chimica.
La valorizzazione dei reflui zootecnici in un impianto di digestione anaerobica è, quindi, in grado di ridurre gli impatti climatici (emissioni di gas climalteranti) e quelli ambientali (inquinamento atmosferico determinato dall'emissioni di ammoniaca e dai fenomeni di eutrofizzazione causati dalla lisciviazione dell'azoto).
Al riguardo un recente studio pubblicato sull'Annuario dell'agricoltura italiana (2020), mostra come attualmente in Italia siano operativi più di 1.500 impianti di biogas (di questi 1.200 in ambito agricolo), dei quali circa l'80% è alimentato con biomasse agricole (quali effluenti zootecnici, scarti agricoli, sottoprodotti agroindustriali, colture energetiche); circa il 10% producono biogas da frazioni organiche da raccolta differenziata di rifiuti urbani (FORSU o umido domestico) ed i restanti da fanghi di depurazione e da discariche di rifiuti urbani indifferenziati (CIB, 2020).
L'upgrading del biogas al biometano, ossia la separazione del metano dall'anidride carbonica, che è tra le tecnologie maggiormente utilizzate, rende il biometano energeticamente efficiente. Potenzialmente il nostro Paese potrebbe produrre al 2030 fino a 8,5 miliardi di metri cubi di biometano, pari a circa il 12-13% dell'attuale fabbisogno annuo di gas naturale (CIB, 2020).
Tale contributo potrebbe aiutare a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione e ridurre in modo significativo le emissioni del settore agricolo, restituendo al terreno sostanza organica, attraverso il digestato ottimo fertilizzante naturale utilizzabile in alternativa a quelli di origine fossile.
La discussione si sta concentrando sulla filiera di approvvigionamento e sulla necessità di utilizzare necessariamente colture dedicate per fini energetici e biomasse residuali (sottoprodotti di origine biologica, in particolare scarti, residui e rifiuti dalle attività agricole, di allevamento e agroindustriali).
Come precedentemente evidenziato, lo studio condotto da ITABIA, (H2020 ENABLING), ha messo in evidenza che il quantitativo effettivamente disponibile di biomassa a livello nazionale è rilevante, tuttavia, se la biomassa è una risorsa rinnovabile, continua e programmabile, non è inesauribile e deve essere utilizzata in modo da permetterne la ricostituzione senza alterare gli ecosistemi e senza entrare in conflitto con l'uso del suolo agricolo per la produzione di alimenti e mangimi. Ma, soprattutto, le biomasse rappresentano una delle principali voci della bioeconomia nazionale, dalle grandi potenzialità seppur, per molti versi, la meno valorizzata in Italia. I residui agricoli e agroindustriali italiani - che ammontano a circa 12 Mton annue - costituiscono una vera e propria fonte di reddito per l'alto valore che potrebbero avere nel mercato. (Tab. 1).
L'Inventario Nazionale delle Foreste e del Carbonio ha rilevato che l'area ricoperta da foreste in Italia ha raggiunto circa 12 milioni di ettari di territorio pari quasi al 40% della superficie nazionale. Un recente Rapporto dell'ENEA (2021) mostra come biomasse e biogas insieme abbiano i numeri ed il potenziale per diventare una fonte strategica per la nuova politica energetica e di abbattimento delle emissioni climalteranti a livello nazionale, ma rappresentino anche un'opportunità di reddito integrativa per le aziende agricole, in grado di far crescere il valore aggiunto del settore.
Per quanto concerne le misure a sostegno della produzione di biogas occorre in ogni caso evitare incentivi perversi che potrebbero incrementare le emissioni da parte del settore agricolo ed il conferimento in discarica del digestato non adoperato come fertilizzante.
Come precedentemente evidenziato le agroenergie permettono di raggiungere gli obiettivi ambientali, di riduzione delle pressioni esercitate dai fertilizzanti di sintesi chimica, previsti dal Green New Deal e, in particolare, dalla Strategia Farm to Fork e Biodiversità dell'Unione europea al 2030. Infatti la produzione di biogas rappresenta l'elemento fondamentale per realizzare un modello virtuoso di economia e bioeconomia circolare e sostenibile in grado di restituire ai terreni la sostanza organica e di ridurre le emissioni di metano e anidride carbonica in atmosfera.
A tal proposito, il digestato, sottoprodotto o sostanza organica residua del processo di digestione anaerobico per la produzione di energia, può rappresentare un'opportunità in termini sia di fertilità del suolo che di carbon storage, nonché di riduzione dell'impiego di fertilizzanti chimici di sintesi in quanto la sostanza organica contenuta nel digestato è fortemente stabilizzata grazie al processo degradativo anaerobico e la sua frazione liquida o chiarificata ha un'efficienza di impiego dell'azoto pari all'urea, ma un impatto ambientale inferiore. La frazione liquida, inoltre, rappresenta, generalmente, almeno l'80% del volume del digestato tal quale ed è caratterizzata da un tenore di sostanza secca mediamente compreso tra l'1.5 e l'8% e dall'azoto in forma ammoniacale che può costituire sino al 70-90% dell'azoto totale presente. Tale frazione, quindi, ha un pronto effetto nutritivo per le colture e la sua distribuzione in campo avviene con sistemi in grado di ridurre la volatilizzazione dell'ammoniaca (attraverso interramento, iniezione diretta e tecniche di fertirrigazione).
Il valore fertilizzante del digestato è stato riconosciuto nella prescrizione prevista nel decreto-legge n. 21 del 21 marzo 2022 (recante misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina), volta a favorire l'utilizzo dei reflui zootecnici, dei residui dell'attività agroalimentare, dei sottoprodotti agricoli e del materiale agricolo - forestale come concime o elemento nutritivo al fine di sopperire alla mancanza di prodotti chimici di sintesi conseguente alla crisi bellica. Infatti, sulla base dell'analisi dei dati ISTAT relativi al 2021, si evidenzia che per l'Italia le importazioni dirette di fertilizzanti dalla Russia sono state pari a 65 milioni di euro, mentre quelle dalla Bielorussia e dall'Ucraina rispettivamente pari a 20 milioni e 55 milioni di euro. Il digestato equiparato, quindi, potrà garantire la sicurezza e la competitività al settore primario nell'attuale contesto di crisi.
Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali si è impegnato, altresì, per evitare impatti ambientali sulle aree agricole e sulle matrici ambientali (eutrofizzazioni ed emissioni di inquinanti), ad emanare uno specifico decreto attuativo che dovrà definire le caratteristiche e le modalità di impiego del digestato equiparato ai fertilizzanti di sintesi chimica.
La definizione di tali criteri consentirà di tutelare la fertilità dei suoli, di riciclare i nutrienti favorendo l'economia circolare in agricoltura, di rispettare le condizioni di utilizzazione agronomica previste dal Titolo IV del DM n. 5046 del 25 febbraio 2016 e gli apporti massimi standard di azoto efficiente previsti nell'Allegato X del predetto decreto, di considerare i requisiti e le caratteristiche stabiliti per i prodotti ad azione sul suolo di origine chimica ai sensi del D.lgs. n. 75 del 29 aprile 2010 e s.m.i., di scongiurare l'apertura di possibili infrazioni per la mancata applicazione della direttiva nitrati, di distribuire il digestato in campo con sistemi a bassa emissività di ammoniaca, di ridurre gli oneri e aggravi a carico delle aziende agricole, già fortemente colpite dalla crisi economica in corso.
Maria Valentina Lasorella
Ilaria Falconi
PianetaPSR numero 112 aprile 2022