Le politiche internazionali, europee e nazionali hanno riconosciuto una rilevanza sempre maggiore al settore pesca e alle comunità di pescatori per il loro contributo fondamentale al conseguimento di obiettivi globali di sostenibilità ambientale, di inclusione e coesione sociale, per la gestione, il mantenimento e la tutela della biodiversità degli ecosistemi marini, per il presidio, il rafforzamento e la valorizzazione delle identità culturali dei luoghi e la crescita di un'economia blu. A beneficiare dei cambiamenti indotti dall'avvicendarsi dei periodi di programmazione, con all'attuazione prima del FEP 2007/2013 (Fondo Europeo per la pesca) e poi del FEAMP 2014/2020 (Fondo Europeo per gli affari marittimi e la pesca), è stato anche il comparto lucano della pesca, da sempre considerato marginale e debole dal punto di vista produttivo ed economico, carente in termini di servizi e di adeguate forme di aggregazione.
La Basilicata si caratterizza per una scarsa estensione della costa marina, una esigua numerosità degli operatori del comparto, carenze nel segmento della trasformazione, per cui l'assenza sul territorio regionale di uno sbocco commerciale stabile e sicuro per i propri prodotti, di servizi di consulenza adeguati, di rappresentanze sindacali, ha spinto i pescatori lucani a ricercare forme di associazionismo altrove, aggregandosi a cooperative extraregionali prossime alle proprie aree di pesca.
Al fine di descrivere l'evoluzione del fenomeno associativo lucano, il CREA PB ha svolto uno studio partendo dall'analisi dei servizi di consulenza e supporto all'innovazione erogati in forma associata, delle diverse forme di associazionismo presenti nel settore a livello nazionale e i relativi servizi offerti, per poi approfondire il contesto associativo locale ed extraregionale attraverso un'indagine qualitativa.
Sono state intervistati, pertanto, i presidenti di un piccolo campione di cooperative extraregionali (localizzate in Puglia, Campania e Calabria), alla maggior parte delle quali hanno aderito in passato i pescatori lucani, per individuare a quali fabbisogni rispondevano, quali i principali servizi richiesti, le caratteristiche organizzative e gestionali, le relazioni con altri attori del settore, ed è stato intervistato il presidente della prima cooperativa lucana di pesca, per approfondire il percorso che ha portato alla nascita di questa prima forma associativa, descriverne i servizi offerti e le criticità tuttora presenti.
Le cooperative intervistate si dividono tra quelle che hanno alle spalle una lunga tradizione nel settore della pesca, sorte a partire dagli anni '30 fino agli anni '80, e quelle di recente costituzione, tra il 2008 e il 2016, subentrate in ogni caso a storiche cooperative in liquidazione. A differenziarle nettamente sono le dimensioni, intese sia in termini di numero di associati distribuiti sulle relative imbarcazioni, nonché la dimensione di queste ultime che definisce anche la tipologia di pesca praticata. Le cooperative con un gran numero di soci corrispondono a quelle "miste", ossia che annoverano la presenza sia di barche di piccole dimensioni, al di sotto delle 10 tonnellate, dedite principalmente alla piccola pesca costiera e artigianale, sia di pescherecci di grandi dimensioni, al di sopra delle 10 tonnellate, che effettuano una tipologia di pesca d'altura, come quella a strascico.
Sui servizi di base messi a disposizione dei propri associati non sono emerse particolari differenze tra le cooperative campane, calabresi e pugliesi, e riguardano principalmente:
La principale differenza riscontrata tra le cooperative più grandi e strutturate e quelle più giovani e di piccole dimensioni non è nel numero e nella tipologia di servizi offerti, ma nell'impossibilità di soddisfare internamente alcuni servizi specializzati, affidandosi pertanto a consulenti esterni, come nel caso dell'assistenza legale e sindacale.
Nella totalità dei casi esaminati emerge inoltre l'assenza di qualsiasi tipo di adesione o sostegno da parte delle cooperative a progetti di filiera, a causa probabilmente della carenza di questo tipo di attività economiche nei territori considerati e della mancanza di una programmazione delle politiche pubbliche mirata.
Nell'arco del settennio 2007-2013, il settore lucano della piccola pesca costiera è stato per la prima volta attenzionato dalle politiche comunitarie, attraverso l'attuazione del Programma Operativo regionale del Fondo Europeo per Pesca Basilicata 2007-2013, che ha avviato un percorso di sviluppo attraverso un processo di ascolto delle parti coinvolte, attività di informazione e promozione realizzate a livello locale rivolte non solo agli operatori ittici ma all'intera comunità marinara e di programmazione di interventi di valorizzazione e crescita del settore.
I pescatori lucani hanno avviato un processo di reciproco riconoscimento che li ha portati a prendere in considerazione la possibilità di aggregarsi per accedere ai finanziamenti pubblici, ma soprattutto sono diventati parte attiva della co-progettazione degli interventi a favore delle aree costiere. Nello specifico, sulla costa tirrenica si è costituita nel 2013 l'Associazione di Coordinamento delle Imprese di Pesca del Litorale Tirrenico Lucano composta da imprenditori e addetti alla pesca operanti presso la marineria di Maratea, mentre sulla costa ionica è nata, sempre nel 2013, l'Associazione Pescatori del metapontino.
Le due associazioni nascono per svolgere una serie di attività, quali: organizzare gli appartenenti alla propria marineria; promuovere le iniziative per lo sviluppo della categoria; favorire la crescita e il consolidamento delle imprese del settore pesca; valorizzare e promuovere la pesca e le tradizioni anche attraverso azioni di marketing e comunicazione.
La presenza di associazioni in questo settore ha permesso agli enti pubblici di promuovere una progettazione partecipata degli interventi coinvolgendo attivamente i pescatori locali, ai quali è stato riconosciuto per la prima volta un ruolo specifico indirizzando le scelte progettuali. Ciò ha consentito la realizzazione di un network della portualità diffusa finalizzato alla creazione di una filiera produttiva, ossia una rete territoriale costiera di valorizzazione del pescato locale.
In pochi anni il pescatore singolo, isolato dal contesto istituzionale locale, ha maturato un percorso associativo che lo ha condotto ad assumere un ruolo determinante nell'attuazione delle politiche territoriali settoriali e ad acquisire uno status di stakeholder nella pianificazione territoriale.
Fig. n. 1 Evoluzione delle relazioni dei pescatori lucani
Nel Metapontino, inoltre, nell'aprile 2018, si è costituita la Società Cooperativa Nereide, la cui nascita rappresenta un importante auto riconoscimento delle potenzialità delle neo comunità dei pescatori, non più costretti ad iscriversi in cooperative extraregionali per goderne i benefici e svolgere le normali attività di pesca, ma realizzare le stesse nei mari di appartenenza, salvaguardandone al contempo i confini.
Attraverso la neonata cooperativa, i pescatori hanno maturato la consapevolezza dell'importanza della gestione sostenibile delle aree marine al fine di attivare azioni che, oltre a migliorare le proprie condizioni di lavoro, permetteranno di sviluppare nuove attività di diversificazione orientate ad offrire servizi turistici fortemente caratterizzati da una vocazione ambientale.
Nel 2017 si costituisce, inoltre, il primo FLAG in Basilicata che, insieme ad altre associazioni regionali (associazioni ambientaliste, Slow fish, Lega delle cooperative, CEA - centri di educazione ambientale) e agli enti di ricerca (università, CREA, CNR, ALSIA), contribuisce a rafforzare il protagonismo delle neo-associazioni di pesca lucane, a valorizzare la cultura del mare quale elemento identitario delle due coste, a sviluppare filiere e sistemi produttivi locali, turismo sostenibile, valorizzando le risorse ambientali e naturali in un'ottica di sviluppo locale resiliente.
Il percorso avviato con le politiche di settore ha portato in poco più di un decennio all'affermarsi di un nuovo modello di organizzazione del comparto pesca e acquacoltura basato su un consolidamento dell'associazionismo nell'area, nonché sull'evoluzione della figura professionale del pescatore, visto non più esclusivamente come custode dell'ambiente marino, ma protagonista dello sviluppo del settore, in grado di supportare nuove strategie imprenditoriali e contribuire allo sviluppo socio-economico di tutta l'area costiera.
di Ricciardi Domenica, Suanno Mariacarmela
CREA PB
PianetaPSR numero 113 maggio 2022