Il settore delle piante floricole e ornamentali è molto eterogeneo e caratterizzato da differenti produzioni: fiori recisi e fogliame ornamentale, piante in vaso, bulbi e vivai di piante. L'Unione Europea è uno dei big player nel mercato: in termini di superficie quella Europea occupa il 10% di quella totale ma in termini di valore contribuisce per il 44% al valore del settore mondiale. Il valore della produzione UE è stato pari ad oltre 20 miliardi di euro nel 2021 [1]; in termini unitari Europa e America hanno una produttività media di oltre 180 mila euro ad ettaro mentre Africa e Centro/Sud America generano circa 55 mila euro ad ettaro ed infine l'Asia, che ha la maggior superficie mondiale destinata al florovivaismo, in termini economici ha una produttività unitaria di soli 26 mila euro. L'Italia, nell'ambito dell'UE, è uno dei 5 principali paesi produttori di fiori e piante ornamentali insieme a Germania, Francia, Spagna e Paesi Bassi. Quest'ultimo riveste un ruolo centrale negli scambi intra ed extra europei tramite il sistema delle aste: il 45% del commercio mondiale transita attraverso i Paesi Bassi, secondo le ultime statistiche AIPH. Attualmente, quasi l'80% della produzione globale di fiori e piante in vaso viene venduto nello stesso paese in cui viene prodotto ed esiste una forte correlazione tra potere di acquisto e consumo di fiori.
Purtroppo, la produzione italiana è in sofferenza da diversi anni e i margini per i produttori tendono a ridursi continuamente a causa della stagnazione dei prezzi e dell'aumento dei costi. Un altro fattore che inficia l'efficienza del settore è la mancanza di concentrazione dell'offerta che limita considerevolmente il potere contrattuale del settore di fronte alla grande distribuzione. Inoltre, va evidenziato come, contrariamente a molti altri settori agricoli, i produttori di fiori e piante ornamentali beneficiano in maniera molto contenuta del supporto da parte della Politica Agricola Comune (PAC).
I produttori di fiori e piante devono affrontare diverse sfide che riguardano le caratteristiche e la volatilità del mercato, la forte concorrenza dei Paesi in via di sviluppo, la domanda sempre più esigente in termini di sostenibilità e gli effetti del cambiamento climatico sulle produzioni.
A differenza della maggior parte degli altri prodotti agricoli, l'indicazione dell'origine di fiori e piante nel punto vendita non è obbligatoria nell'Unione Europea. Di conseguenza, l'origine dei prodotti della floricoltura è spesso sconosciuta alla stragrande maggioranza dei consumatori europei. In Italia sono stati definiti degli standard di qualità grazie a una procedura di armonizzazione dei disciplinari implementati in un marchio nazionale, con relativo disciplinare, denominato "VivaiFiori"[2] che garantisce il rispetto di requisiti agronomici, fitosanitari e ambientali della produzione.
Per garantire competitività al settore, i floricoltori da sempre hanno investito molto in nuove tecniche di coltivazione volte alla riduzione del consumo di fattori produttivi (acqua, energia, fertilizzanti, pesticidi), all'aumento della qualità del prodotto nonché alla sicurezza e alla sostenibilità dei loro prodotti. Vanno anche tenuti in considerazioni gli effetti che il commercio internazionale e i cambiamenti climatici hanno sull'aumentato del numero di malattie e di parassiti che i produttori italiani, ma in generale europei, devono affrontare e pertanto la ricerca e l'innovazione sono necessarie per sviluppare strategie di controllo efficaci per la gestione di questi fenomeni in modo da permettere ai coltivatori di mantenere alti i rendimenti e la qualità del prodotto.
Purtroppo, il settore europeo delle piante ornamentali soffre in generale di un sistema di ricerca e trasferimento tecnologico poco coordinato, che deriva dalla mancanza di un collegamento verticale tra gli operatori della filiera e gli enti di ricerca. La conseguenza è che gli sviluppi della ricerca nel settore raramente sono direttamente motivati dalle esigenze dei produttori, da cui la difficoltà di garantire un efficace trasferimento delle innovazioni tecnologiche.
Anche nell'ambito della programmazione per lo sviluppo rurale 2014-2020 si è tenuto conto dell'importanza che la ricerca e l'innovazione hanno per promuovere il settore agroalimentare. L'opportunità offerta nell'ambito del Partenariato europeo per l'innovazione in agricoltura (PEI-AGRI) è quella di realizzare progetti di cooperazione fra i diversi attori rurali finalizzati alla co-produzione di conoscenza, attraverso lo sviluppo, la sperimentazione e l'adattamento dell'innovazione in azienda, ovvero i Gruppi Operativi (GO) (Ascione, Ugati, 2018; Vagnozzi, 2019). In Italia sono stati finanziati solo 13 Gruppi Operativi [3] relativamente al settore florovivaistico nelle regioni Liguria, Toscana, Puglia, Sicilia e Veneto per un costo totale di quasi 3 milioni di euro (rappresenta 1,3% del costo di tutti i GO finanziati). I temi che hanno riguardato questi partenariati sono stati: agricoltura di precisione, agricoltura in serra, agricoltura in vivaio, biodiversità, difesa da malattie e infestazioni, diversificazione e multisettoriali, gestione aziendale, logistica e mercati locali e filiere corte.
Se è vero che la ricerca e le innovazioni permettono ai coltivatori di adottare pratiche tecnologiche innovative queste devono anche contribuire alla riduzione dei costi di produzione per permettere di rafforzare la posizione delle aziende florovivaistiche italiane in un mondo in cui il commercio di fiori e piante è completamente globalizzato. I produttori di Paesi terzi, infatti, spesso possono produrre con standard sociali e ambientali meno severi e inoltre hanno costi di produzione significativamente più bassi (cioè manodopera meno costosa) e possono utilizzare prodotti fitosanitari che possono non essere consentiti nell'Unione Europea. Va precisato che oggi il commercio florovivaistico si svolge per lo più nell'ambito di accordi di libero scambio (FTA) o di regimi commerciali preferenziali (SPG), oltre il 90% delle esportazioni dei Paesi terzi è esente da dazi doganali ed entra nel mercato europeo a prezzi con cui i produttori europei non possono competere.
Il settore florovivaistico ligure è uno tra i più rappresentativi nel contesto italiano e centrale per l'economia regionale. La Produzione a prezzi di base del settore florovivaistico ligure rappresenta in media il 65% dell'intera produzione agricola regionale: i dati 2021 riportano un valore di circa 365 mln di euro, in leggero calo rispetto all'anno precedente (-2,7%) che aveva segnato un crollo per effetto dell'emergenza COVID-19. La Liguria è al primo posto per numero di aziende produttrici (1.151 aziende su 5.482) e al terzo posto per superficie investita (1141 ha su 7.433 ha) e le coltivazioni sono condotte per il 50% in serra e per la restante quota in piena aria o sotto tunnel (SPA 2016). La regione Liguria con legge regionale 42/2001 ha istituito il Distretto Agricolo florovivaistico del Ponente che individua due poli produttivi: la zona dell'albenganese (SV) fortemente orientato alla produzione di piante in vaso, verdi e fiorite, con la particolarità della produzione delle aromatiche e quella sanremese (IM), invece caratterizzato dalla produzione di fiori e fronde recise.
Le aziende liguri, caratterizzate da piccole dimensioni e dalla conduzione familiare, risentono fortemente degli andamenti del mercato globale e hanno negli anni dovuto adattare la produzione a quanto richiesto dal mercato. Se è vero che Sanremo mantenne il primato italiano sulla floricoltura intensiva (fiori e fronde da recidere e piante in vaso da destinare ad un consumatore finale) tra la fine dell'ottocento e gli anni '60 del XX secolo, è anche noto che nel periodo post-bellico si è insediata nell'area l'attività vivaistica ,che fornisce materiali di propagazione alle aziende floricole e piante in contenitori, anche di grandi dimensioni, da destinare alla realizzazione di spazi a verde che porta ad un aumento dei consumi di fiori e piante ornamentali. I coltivatori della provincia di Savona, e in particolare la piana di Albenga, hanno negli anni 2000 innovato il settore introducendo una nuova tipologia produttiva, ovvero la coltivazione delle piante aromatiche in vaso. Recentemente, sempre in un'ottica di valorizzazione del prodotto florovivaistico, è stato formalizzato il primo contratto di filiera per le piante aromatiche della piana ingauna che è un'opportunità per il settore per raggiungere obiettivi di breve (garantire la corretta remunerazione) e di lungo periodo (garantire la competitività). L'accordo di filiera firmato l'autunno scorso tra produttori agricoli e florovivaistici, dalle loro associazioni e dal Distretto Florovivaistico del Ponente Ligure da un lato e dalle imprese, dai consorzi e dalle cooperative di commercializzazione dall'altro, ha come primo atto fissato il prezzo consigliato per l'acquisto alla produzione del rosmarino coltivato in vaso.
Nonostante questa costante attenzione all'innovazione del settore, la redditività del lavoro dell'imprenditore e della sua famiglia, che esprime la remunerazione dei fattori fissi di produzione apportati dall'imprenditore e dalla sua famiglia (terra, lavoro familiare e capitale) e del rischio imprenditoriale, che in buona sostanza è espressa dal rapporto di Reddito Netto e Unità lavorative familiari (RN/ULF), non è cresciuta ai ritmi dei principali competitor europei, anzi negli ultimi anni l'indice appare ridursi ulteriormente in un contesto europeo di crescita, trainata soprattutto da Olanda e Belgio. Sulle aziende floricole liguri gravano soprattutto i vincoli generati dalle ridotte dimensioni strutturali, che le rendono molto esposte all' aumento del costo dei fattori di produzione e maggiormente prone ad eventuali turbolenze del mercato, che comunque tende ad abbassare il prezzo del prodotto.
D'altra parte, in un quadro di progressiva erosione delle parti attive del bilancio, espresse dagli indici relativi al Valore Aggiunto per Unità Lavorativa Totale (VA/ULT) e dal rapporto RN/ULF, si assiste a un progressivo aumento dei Costi Correnti e, soprattutto, del loro peso su Ricavi Totali Aziendali (CC/RTA), indice che esprime il grado di efficienza dell'utilizzo dei mezzi tecnici. Floricoltura in pieno campo e protetta mostrano trend molto simili, con una tendenziale riduzione degli indici di reddito, accentuatasi negli ultimi anni dopo un periodo di risalita, e un costante aumento dei costi correnti[4]. Le voci di costo che gravano di più sul bilancio sono quelle relative alle "altre spese dirette" cioè le spese di trasformazione e commercializzazione, spese generali e fondiarie e le altre spese. Le spese di trasformazione e commercializzazione costituiscono un onere importante per le aziende florovivaistiche, che gestiscono autonomamente la mondatura e la cernita del prodotto, il confezionamento tramite film plastici o carta e imballaggio dei fiori o delle piante ornamentali, nonché il trasporto all'intermediario e luogo di vendita. D'altra parte, le spese per i fertilizzanti sono quelle che hanno conosciuto gli aumenti più sostenuti negli ultimi anni, in quanto la loro produzione richiede costi energetici elevatissimi e questi ultimi, specie in seguito al "rimbalzo" dell'economia mondiale seguito al lockdown del 2020, sono costantemente in aumento.
Il settore florovivaistico ligure si muove in un mercato completamente globalizzato, ne affronta le sfide e ne coglie le opportunità. L'insediamento del Distretto florovivaistico del Ponente Ligure ha sicuramente contribuito a creare la struttura di governance necessaria a rispondere in modo coordinato alle problematiche che sorgono in un tale contesto, basti pensare al successo commerciale del Ranuncolo clone, che ha permesso di immettere sul mercato un prodotto di qualità standard e quindi meno esposto alle variazioni di prezzo, o al recente accordo di filiera per le aromatiche. Tuttavia, i recenti avvenimenti legati alla pandemia e alla crisi russo-ucraina e le sfide poste dal cambiamento climatico hanno ancora una volta dimostrato come non sia possibile lasciare sola l'azienda floricola ligure in un mercato così instabile. Se da un lato, quindi, occorre favorire in ogni modo la pronta acquisizione dell'innovazione da parte delle aziende, dall'altro occorre incrementare le iniziative di filiera, sottraendo potere contrattuale ai grossisti in favore dei floricoltori.
Spetta al settore saper cogliere le opportunità che le politiche metteranno a disposizione nei prossimi anni. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che supporta la forestazione urbana e periurbana, e gli investimenti relativi alla tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano, ma anche e soprattutto i contratti di filiera e di distretto e la logistica del settore agroalimentare, rappresentano strumenti utili al settore. D'altra parte, il nuovo Piano Strategico della PAC, assegnando nuove risorse per la cooperazione, sia essa dedicata all'innovazione o al rafforzamento della filiera, fornirà, a chi saprà utilizzarli, gli strumenti idonei per affrontare e risolvere minacce e punti di debolezza.
Patrizia Borsotto e Alberto Sturla
CREA
PianetaPSR numero 114 giugno 2022