In un contesto internazionale sempre più complesso dal punto di vista della gestione delle risorse e della produzione di energia, le fonti di energia rinnovabile sono destinate ad essere sempre più centrali. Il tema è stato oggetto dell'evento "Le FER in Italia: stato e prospettive per il settore agricolo" che si è tenuto a Roma il 22 giugno, come parte di un ciclo di Workshop della RRN[1], ed è stato condotto e moderato dalla Direttrice del Centro CREA Politiche e Bioeconomia, Alessandra Pesce. Il workshop ha affrontato il tema delle fonti energetiche rinnovabili tra Europa e Italia, approfondendo la tematica della diversificazione verso le FER in ambito agricolo e del relativo sistema incentivante, con alcuni focus sull'agrivoltaico come strumento di trasformazione sostenibile del paesaggio e sulle opportunità per il biogas ed il biometano, anche tramite l'illustrazione di alcuni casi studio sui sistemi termochimici di conversione delle biomasse e controllo delle emissioni, oltre che sulla valorizzazione energetica delle biomasse agro-forestali.
Il primo intervento di Luca Benedetti (GSE), ha affrontato il tema delle fonti energetiche rinnovabili tra Europa e Italia. Tra gli Stati dell'Unione europea, l'Italia si colloca in ottima posizione: terzi per contributo delle green energy sui consumi finali lordi e secondi per produzione di elettricità verde. Il nuovo rapporto del GSE evidenzia come, nel 2020, idroelettrico, solare, eolico, bioenergie e geotermia abbiano coperto il 17,8% dei consumi finali lordi nazionali: un valore superiore al target assegnatoci dalla Direttiva 2009/28/CE per il 2020 (17%), sebbene in flessione rispetto al 2019 (18,3%). Tale calo, spiega il GSE, è il risultato dell'effetto di due tendenze opposte: la contrazione degli impieghi di FER (fonti energetiche rinnovabili) e l'aumento dei consumi energetici complessivi. Entrando nel dettaglio, il "Rapporto Energia da fonti rinnovabili in Italia" mostra come il settore elettrico abbia registrato le performance migliori. Il comparto con 949.000 impianti in esercizio a fine 2020 ha raggiunto una potenza installata di 56,6 GW. In crescita del 2% rispetto al 2019, soprattutto grazie alle nuove installazioni fotovoltaiche (più 785 MW) ed eoliche (più 192 MW). Il parco rinnovabile ha prodotto circa 117 TWh, pari al 41,7% della produzione lorda del Paese di quell'anno. La fonte principale? Ovviamente quella idroelettrica che copre quasi il 41% della generazione rinnovabile. Il fotovoltaico è tuttavia il settore con la crescita più sensibile con un più 5,3% rispetto alla produzione 2019.
Per quanto riguarda il settore agricolo la potenza installata degli impianti fotovoltaici si distribuisce in modo piuttosto diversificato tra le Regioni italiane. Il primato nazionale in termini di potenza installata è rilevato in Puglia, con quasi 3 GW, pari al 13% del totale nazionale. Nel settore agricolo, in termini di potenza installata, spiccano l'Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto.
Per quanto riguarda invece il biogas nel settore agricolo i dati mostrano, in termini di potenza installata in impianti di produzione elettrica, il ruolo di spicco di Lombardia (334 MW), Veneto (136 MW), Emilia-Romagna (136 MW) e Piemonte (95 MW).
Il secondo intervento sulla diversificazione e FER in ambito agricolo e il sistema incentivante, è stato curato da M. Valentina Lasorella e Stefano Fabiani (CREA PB), i quali hanno potuto evidenziare come negli ultimi decenni le aziende agricole italiane si siano caratterizzate per l'intensificarsi dei processi di diversificazione delle attività produttive, tramite le quali l'offerta di prodotti strettamente agricoli è stata integrata con quella di prodotti e servizi meno tradizionali e più innovativi tra i quali la produzione di energie rinnovabili. Ad oggi, la situazione italiana nel comparto delle energie rinnovabili vede il nostro governo sempre più impegnato a porre maggiore attenzione al settore fotovoltaico ed eolico, ma anche al settore delle agroenergie, e in particolare a quelli del biogas e del biometano. Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) le energie agricole e forestali sono state inserite in un programma ad hoc denominato "Green Communities", rivolto allo sviluppo sostenibile e resiliente dei territori rurali e di montagna. Per incentivare questo settore è vagliata l'ipotesi di strutturare misure utili a finanziare la ricerca e l'innovazione tecnologica al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi energetici e climatici che il Consiglio ha convenuto di fissare a livello dell'UE del 40% di energia da fonti rinnovabili nel mix energetico complessivo entro il 2030 a cui sono chiamati gli stati membri che dovranno aumentare i contributi nazionali stabiliti nei loro piani nazionali integrati per l'energia e il clima, da aggiornare nel 2023 e nel 2024, al fine di conseguire collettivamente il nuovo obiettivo.
Alessandra Scognamiglio (ENEA) ha parlato del nuovo progetto dell'agrivoltaico, come strumento di trasformazione sostenibile del paesaggio, che consente di produrre energia elettrica e, al tempo stesso, di coltivare i terreni sottostanti gli impianti fotovoltaici. ENEA coordina una iniziativa che ha l'obiettivo di definire un quadro metodologico e normativo, di linee guida per la progettazione e valutazione degli impianti, di strumenti di supporto ai decisori e di contribuire alla diffusione di conoscenze e promuovere le eccellenze italiane nei settori delle nuove tecnologie per l'energia rinnovabile, dell'agricoltura e del paesaggio L'iniziativa si inserisce nel più ampio contesto della missione "Rivoluzione verde e transizione ecologica" del PNRR, che per lo sviluppo dell'agrivoltaico prevede investimenti per 1,1 miliardi di euro, e il raggiungimento di una capacità produttiva di 2,43 GW, con benefici in termini di riduzione delle emissioni di gas serra (circa 1,5 milioni di tonnellate di CO2) e dei costi di approvvigionamento energetico. Inoltre, secondo uno studio ENEA-Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, le prestazioni economiche e ambientali degli impianti agrivoltaici sono simili a quelli degli impianti fotovoltaici a terra, , ma i valori aggiunti sono rilevanti, in quanto alcune tipologie di installazioni (es. pannelli a 5 m di altezza, ricorso a tensostrutture) incidono in misura relativamente limitata sul consumo di suolo rispetto agli impianti a terra e, in specifiche condizioni ambientali (es. stress idrici), possono permettere di conseguire un aumento della resa di alcune colture in quanto l'ombra generata dagli impianti, se ben calibrata, riduce la temperatura del suolo, e il fabbisogno idrico delle colture. In specifici contesti, l'agrivoltaico può contribuire ad aumentare la resilienza del settore agroalimentare rispetto agli impatti del cambiamento climatico e contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell'Agenda 2030. In sintesi, l'agrivoltaico può rappresentare una nuova opportunità per gli agricoltori tramite modelli win-win che esaltino le sinergie tra produzione agricola e generazione di energia. E' questo un settore dalle caratteristiche uniche in grado di combinare energia, nuove tecnologie, agricoltura e conservazione del paesaggio anche a tutela delle comunità locali e delle loro attività, con benefici in termini di sostenibilità ambientale, economica e sociale. Su questi temi è fondamentale però il ruolo della ricerca scientifica a supporto delle decisioni politiche, soprattutto al fine di evitare il rischio che una diffusione decontestualizzata di questi impianti porti a un cambio indiscriminato di destinazione d'uso di terreni agricoli.
L'intervento di Sergio Piccinini, Dirigente di ricerca del CRPA, ha riguardato la "La filiera del biogas e biometano: disponibilità, mix energetici ed efficienza". In Italia sono operativi più di 1.500 impianti di biogas (di questi 1.200 in ambito agricolo). Circa l'80% degli impianti di biogas è alimentato con biomasse agricole (effluenti zootecnici, scarti agricoli, sottoprodotti agroindustriali, colture energetiche), circa il 10% degli impianti produce biogas da frazioni organiche da raccolta differenziata di rifiuti urbani (FORSU o umido domestico), ed il restante da fanghi di depurazione e da discariche di rifiuti urbani indifferenziati (Biomether, 2020). L'upgrading del biogas al biometano, ossia la separazione del metano dall'anidride carbonica, è tra le tecnologie maggiormente utilizzate, che rende il biometano energeticamente efficiente. Potenzialmente il nostro Paese potrebbe produrre al 2030 fino a 8,5 miliardi di metri cubi di biometano, pari a circa il 12-13% dell'attuale fabbisogno annuo di gas naturale. Contributo che potrebbe aiutare a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione e ridurre in modo significativo le emissioni del settore agricolo, al contempo restituendo anche al terreno sostanza organica, attraverso il digestato, un ottimo fertilizzante naturale utilizzabile in alternativa a quelli di origine fossile.
Roberto Murano (CIB) ha evidenziato alcune problematiche legate al nuovo decreto attuativo sul biometano e ha illustrato il progetto "Farming for Future". Quest'ultimo rappresenta una proposta operativa per adottare tecniche di agricoltura 4.0 e zootecnia avanzate per calibrare le risorse in funzione delle esigenze di colture e allevamenti, così da ottimizzare ed efficientare i processi produttivi e ridurre significativamente gli sprechi, aumentando la sostenibilità di tutto l'ecosistema. Il progetto "Farming For Future - 10 azioni per coltivare il futuro" è una proposta declinata in 10 azioni, in linea con gli obiettivi del Green Deal e le relative strategie di settore (Strategia Farm to Fork e Strategia sulla Biodiversità), fondata sulla necessità di rinnovare l'agricoltura italiana, stimolando la diffusione del biogas agricolo, per ridurre il proprio impatto ambientale e mitigare gli effetti del climate change. La produzione di energia da biomasse di origine vegetale diventerà indubbiamente una notevole opportunità di reddito per il mondo agricolo.
Alcuni importanti processi di conversione energetica, partendo da prodotti di origine agricola, sono peraltro già adottabili su scala industriale. Da questo concetto è partita la presentazione di Francesco Gallucci (CREA), che ha parlato in maniera approfondita dei sistemi termochimici di conversione delle biomasse e controllo delle emissioni, illustrando diversi casi studio condotti dal suo gruppo di ricerca, tra i quali per quanto riguarda i processi di combustione, la realizzazione di pellet da prodotti di scarto come per esempio di fondi di caffè; mentre per la gassificazione è stato presentato un progetto sull'utilizzo di potature di biomasse utilizzate per processi di fitodepurazione di aree contaminate da metalli pensanti e come queste possano essere utilizzate per in processi di conversione energetica.
A seguire, il Vito Pignatelli è intervenuto su "Valorizzazione energetica di biomasse agro-forestali". Il presidente di ITABIA ha portato l'attenzione sul fatto che, sebbene ad oggi la produzione di energia rinnovabile dal settore agricolo e forestale sia ancora scarsamente utilizzata e si presenti al disotto della media dell'Unione europea, esiste il potenziale per poter produrre un quantitativo importante di biomassa. Il recente progetto "EU 2020" di ITABIA indica una disponibilità potenziale pari a circa 25 milioni di t/anno di residui agricoli e agroindustriali a livello nazionale in grado di soddisfare gran parte del fabbisogno attuale di biomassa, oggi coperto per lo più da importazioni. Di fatto, le agroenergie, termine diffuso per definire l'energia prodotta dalle imprese agricole, zootecniche, forestali e dall'agro-industria, costituiscono attualmente in Italia la più importante fra le fonti energetiche rinnovabili per l'ampia disponibilità di materia prima e, soprattutto, perché possono costituire la base per fornire elettricità, calore e biocarburanti con tecnologie mature e affidabili.
Infine, a conclusione dei lavori, Raoul Romano (CREA) ha evidenziato le potenzialità della filiera forestale e il suo contributo al settore delle FER, evidenziando punti di forza e debolezza dell'intera filiera di approvvigionamento a livello italiano e confrontando il settore con quello di altri Stati dell'UE. Sono strati illustrati i diversi progetti di ricerca attivati in questo periodo finalizzati prevalentemente alla conoscenza e alla divulgazione delle migliori tecniche di coltivazione, raccolta e utilizzo di specie a rapido accrescimento con breve-medio turno di taglio (pioppo, eucalipto, robinia), oppure alle migliori tecniche di raccolta della biomassa forestale al fine di ovviare alla problematica dell'utilizzo di combustibili fossili e, contemporaneamente, l'emissione in atmosfera di gas clima-alteranti e valorizzare un settore ancora per molti versi poco sfruttato. Infatti, nonostante boschi e foreste siano in continua crescita sul suolo nazionale, la produzione energetica da biomasse legnose appare ancora contenuta e non sempre in grado di rispondere con efficienza agli obiettivi ambiziosi posti dal Green Deal.
Per raggiungere gli obiettivi prefissati dall'UE, sono ancora necessari ulteriori sforzi. Infatti, per far sì che il 20% del consumo finale di energia ricavata da fonti rinnovabili possa raggiungere almeno il 30% entro il 2030, come previsto dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), l'Italia dovrà risolvere alcune problematiche, legate soprattutto all'attuazione di un effettivo sistema incentivante che premi qualità e quantità, e disporre di politiche mirate a una maggiore integrazione con la vera vocazione dell'azienda agricola verso le cosiddette "colture food". Tutto ciò non deve però far dimenticare la necessità imprescindibile di dover pianificare e regolamentare analiticamente la costruzione e l'installazione degli impianti siano questi per la produzione di biogas/biometano che fotovoltaici in particolare se a terra o su aree agricole per i connessi impatti ambientali a carico del settore tali da poter ridurre o addirittura vanificare la finalità di salvaguardia e tutela dell'ambiente che tali fonti di energia pulita certamente si prefiggono.
Maria Valentina Lasorella
Roberta Sardone
PianetaPSR numero 115 luglio/agosto 2022