Il comparto ortofrutticolo della IV gamma [1] rappresenta un asse strategico per il settore agroalimentare italiano, sul quale privato e pubblico hanno investito e continuano ad investire molto per ragioni differenti ma sinergiche. Il privato sfruttando la vocazionalità e il know-how produttivo di alcuni territori ha trovato nella IV gamma un'importante strategia di differenziazione di prodotto che ne ha aumentato fortemente la competitività, attraendo anche importanti investimenti stranieri sul territorio Italiano[2]. La forte crescita della domanda di prodotti di IV gamma, legata al cambiamento degli stili di vita e di consumo di una fetta sempre maggiore della popolazione europea, ha poi stimolato ulteriori investimenti nel settore che hanno favorito l'ingresso di nuovi competitors, ma soprattutto ha determinato lo sviluppo di un indotto molto esteso, che va dalle aziende specializzate nella produzione di macchine agricole di precisione, sementi e packaging. La prossimità spaziale delle diverse fasi del processo produttivo, obbligata da esigenze imposte dalla deperibilità del prodotto, ha portato allo sviluppo di veri e propri poli produttivi in grado di condizionare il reddito e l'occupazione di diverse comunità locali.
Il pubblico, attento alle esigenze delle comunità che rappresenta, è intervenuto finanziando progetti ed erogando contributi finalizzati a proteggere i propri asset territoriali, stimolando l'innovazione, in particolare rispetto alle sfide attuali che condizionano le prospettive di sviluppo del settore: packaging e utilizzo delle risorse idriche. Tali sono le ragioni che hanno portato alla luce il progetto PON POFACS "Conservabilità, qualità e sicurezza dei prodotti ortofrutticoli ad alto contenuto di servizio", coordinato dal CNR e che vanta la collaborazione di numerosi centri di ricerca, universitari e non, che ha lo scopo di sviluppare e diffondere nuove conoscenze e tecnologie a basso impatto ambientale per la produzione e conservazione dei prodotti di IV gamma.
Di seguito analizziamo le caratteristiche strutturali del comparto per poi illustrare le sfide più importanti che si trova a fronteggiare e concludere con alcune considerazioni di sintesi.
In Europa i prodotti ortofrutticoli di IV gamma sono stati introdotti alla fine degli anni '70; tuttavia, il comparto è iniziato a crescere solo a partire dalla seconda metà degli anni '80 e, soprattutto durante gli anni '90, contestualmente al cambiamento degli stili di vita della popolazione europea. A oggi il mercato dei prodotti di IV gamma è ancora embrionale sia nell'Est Europa che in Spagna e Germania, mentre assume un peso significativo nel Regno Unito, Italia, Francia e Olanda (Euromonitor 2021).
Come evidenziato in introduzione, il comparto della IV gamma in Italia è caratterizzato da una forte concentrazione territoriale. La Campania e la Lombardia, seguite dal Veneto, controllano la trasformazione dei prodotti orticoli di IV gamma (in particolare rucola, insalate e radicchi), mentre il Trentino, seguito da altre regioni del Nord Italia, controlla la trasformazione di prodotti frutticoli di IV gamma (in particolare mele). Gli impianti di trasformazione localizzati in queste regioni condizionano profondamente l'ordinamento produttivo agricolo locale che rappresenta il principale bacino di approvvigionamento della materia prima.
Fonte: Nostra elaborazione su dati ISTAT (quadrante A e B), stime ISTAT-NOMISMA (quadrante c), dati NIELSEN-ISMEA (quadrante D).
Secondo le ultime informazioni disponibili, nel nostro Paese si contano oltre 500 aziende agricole produttrici impegnate nella produzione di ortaggi destinati esclusivamente alla IV gamma, le quali coltivano una superficie di 6.500 ettari (di cui la metà in serra), ossia circa il 3% della superfice nazionale complessivamente investita ad ortaggi. Oltre il 60% delle superfici dedicate alla coltivazione di prodotti ortofrutticoli destinati alla IV gamma è localizzato nelle stesse aree di lavorazione. Al momento, i principali poli produttivi si collocano nelle province di Bergamo, Brescia e Salerno (Nomisma 2015). Nelle province di Bergamo e Brescia sono attive il 35% delle aziende agricole interessate con il 31% della superficie nazionale, mentre nel polo campano troviamo il 25% delle aziende con un altro 30% della superficie.
Fra i due poli in realtà è in atto una collaborazione funzionale basata sulla complementarità, finalizzata a superare i problemi di stagionalità e di costanza quali-quantitativa di fornitura, due requisiti fondamentali per un prodotto che fa della standardizzazione e della presenza sul mercato un elemento chiave del servizio offerto al consumatore. Tali ragioni inducono a qualificare il comparto della IV gamma in Italia come un sistema produttivo multipolare in cui si integrano diverse realtà locali guidate da alcune imprese dominanti, capaci di influenzare con le proprie scelte di investimento, il livello di investimenti delle imprese ad esse collegate [3]. In questo quadro, è stato possibile ridurre notevolmente i costi di produzione e acquisire quote di mercato crescenti sia sul mercato nazionale che estero, dove l'export raggiunge oramai il 55-60% del prodotto complessivamente commercializzato (Quadretti 2020), favorendo ulteriori investimenti e attraendo nuove imprese sullo stesso territorio. In alcuni casi, gli asset territoriali così maturati sono stati consolidati anche avvalendosi delle denominazioni di origine (rucola IGP della Piana del Sele). Sempre in questo areale di produzione, le aziende stanno per aderire al marchio Goccia Verde, uno standard privato di certificazione della sostenibilità dell'uso dell'acqua in agricoltura, voluto dall'ANBI. Il marchio prevede l'adesione da parte dell'azienda ad un disciplinare che valuti la sostenibilità di processi gestionali e produttivi basato su indicatori in linea con i principali standard e con le norme internazionali.
Lo stesso marchio viene introdotto come strumento di miglioramento della sostenibilità idrica territoriale e individuale teso a migliorare la competitività delle produzioni sul mercato nazionale e internazionale.
La quarta gamma, rispondendo alle mutate esigenze di consumo, pone dei seri problemi ambientali legati in parte agli sprechi (Baldi and Casati 2009) ma soprattutto alla contaminazione dell'ambiente da microplastiche (Siracusa and Rosa 2018) e al consumo e inquinamento delle acque utilizzate per il lavaggio e disinfezione delle insalate (Lehto et al. 2014; Ölmez and Kretzschmar 2009) [4] ai quali i consumatori italiani sono sempre più sensibili (Latella 2021) e che motivano la crescente ricerca di soluzioni più sostenibili. A ciò si aggiunge il problema sanitario legato alla diffusione di salmonellosi correlato all'aumento dei consumi di prodotti di IV gamma al livello europeo (Ölmez 2016).
Packaging
Il problema della plastica è di cruciale importanza per il settore della IV gamma. Oltre il 40% della plastica smaltita in Europa è legata al packaging (SPC 2022). Solo il 9% della plastica utilizzata viene riciclato. Oramai esistono diverse soluzioni che vanno dal riciclo all'utilizzo di materiale biodegradabile derivato da scarti agricoli e agroalimentari in un'ottica di bioeconomia e di economia circolare fino all'uso di materiale edibile. Anche in relazione alla crescente sensibilità dei consumatori e ai disincentivi normativi messi appunto dall'Unione Europea per limitare l'utilizzo della plastica nel packaging, un numero sempre maggiore di aziende sta trovando soluzioni innovative per ridurre la produzione di rifiuti plastici. Alcuni tra i principali paesi importatori di prodotti italiani di IV gamma, come la Francia e la Spagna hanno scelto di applicare la direttiva europea sull'uso della plastica monouso (Direttiva UE n. 904/2019) in modo molto stringente con l'obiettivo di eliminare progressivamente gli imballaggi in plastica per frutta e verdura e di promuovere la vendita di prodotti freschi senza imballaggio, consentendo ai clienti di portare i propri contenitori riutilizzabili da riempire con prodotti ortofrutticoli puliti e lavati in loco. A differenza della Francia e della Spagna, l'Italia rischia sanzioni per il ritardato e scorretto recepimento della norma Europea (Napoli 2022). In particolare, a differenza di altri Paesi Europei, l'Italia ha concesso la sostituzione del monouso tradizionale con il monouso in plastica compostabile. Ovviamente i maggiori benefici ambientali si otterrebbero eliminando completamente gli imballaggi, anche perché gran parte della bioplastica impiegata nel packaging non viene compostata (Di Stefano 2022), ma le ripercussioni economiche e occupazionali sarebbero insostenibili, in particolare in quelle aree del paese dove è stato investito molto sulla IV gamma.
Il consumo idrico
Al problema della plastica si assomma il problema dei consumi di acqua. L'Unione Europea è l'unica area al livello mondiale in cui il consumo di acqua per l'industria supera il consumo di acqua in agricoltura. Inoltre, l'industria alimentare è al terzo posto nel consumo di risorse idriche dopo l'industria chimica e petrolifera. Il lavaggio dei prodotti ortofrutticoli richiede ingenti quantitativi di acqua per lavare i residui chimici dei prodotti impiegati per la protezione delle colture. Inoltre, l'acqua di lavaggio viene addizionata di cloro e altre sostanze per eliminare i micro-organismi presenti sulla superficie degli ortaggi che rischiano di compromettere la conservabilità del prodotto finale destinato al consumo e causare danni alla salute (CFSAN 2006). L'uso di sostanze chimiche aiuta a limitare i rischi di danno alla salute ma alterando lo stato qualitativo delle acque di lavaggio che diventano acque reflue. Il crescente problema della scarsità di risorse idriche rende tale questione particolarmente delicata e di non facile soluzione. Infatti, non sono tanto i metodi di produzione (biologico/convenzionale) a condizionare prevalentemente gli impatti ambientali di questa categoria di prodotti, piuttosto i trattamenti a valle della filiera, necessari a garantire la conservabilità del prodotto finale e a contenere i rischi di danno alla salute entro limiti ritenuti accettabili. L'attuale legislazione europea consente di riutilizzare entro certi limiti le acque di lavaggio per minimizzare i quantitativi di acqua complessivamente utilizzati per disinfettare i prodotti e consente di riutilizzare le acque reflue in agricoltura (Direttiva del Consiglio Europeo 98/83/EC). Tuttavia, il riutilizzo delle acque reflue in agricoltura è, attualmente, più teorico che pratico per tre principali ragioni: infrastrutturale, qualitativa e normativa. La ragione infrastrutturale è legata al fatto che per poter riutilizzare le acque reflue in agricoltura è necessario realizzare infrastrutture ad ok che collegano le fonti di acque reflue ai possibili utilizzatori. A tal riguardo, bisognerebbe, prima di tutto, individuare i depuratori che possono potenzialmente essere utili allo scopo, prevedere l'adeguamento dell'impianto, verificare il livello di trattamento da attuare e il contesto agricolo in cui l'acqua va utilizzata poi prevedere la realizzazione di infrastrutture adeguate. La ragione qualitativa è legata al fatto che spesso le acque reflue presentano un'eccessiva concentrazione di sali minerali, con il rischio di causare, al lungo andare, la salinizzazione dei terreni compromettendone la produttività; inoltre possono essere utilizzate solo su alcune tipologie di colture e, soprattutto, alcuni disciplinari di qualità ne vietano l'uso anche indiretto. La ragione normativa è legata al fatto che l'ultimo regolamento europeo 2020/741 entrerà in vigore a giugno 2023 e a livello nazionale si sta ancora lavorando per indicare le norme tecniche per il riutilizzo di tali acque non convenzionali e quindi molto dipenderà da come le nostre istituzioni penseranno di interpretare i dettami del regolamento. Inoltre, il regolamento vieta il riutilizzo delle acque reflue provenienti da diverse industrie agroalimentari, comprese le industrie della lavorazione dei prodotti ortofrutticoli (Allegato II, reg UE 2020/741), a meno che le acque reflue provenienti da tali impianti confluiscano in una rete fognaria e siano soggette a trattamento delle acque reflue urbane. Ma l'industria agroalimentare tende a svilupparsi in aree rurali, spesso caratterizzate da una densità abitativa sotto 2000 abitanti equivalenti per le quali non c'è l'obbligo di trattamento delle acque reflue.
La IV gamma è un settore estremamente dinamico, in progressiva crescita, nonostante il momentaneo calo delle vendite legato al cambiamento delle abitudini di consumo indotto dalla pandemia. È è anche un settore strategico per alcune regioni italiane perché in grado di attrarre ricchezza sul territorio, anche grazie alla particolare struttura multipolare dell'offerta. Tuttavia il settore si trova a dover fronteggiare delle sfide importanti, in parte guidate da una maggior attenzione dei consumatori agli aspetti ambientali ma soprattutto imposte da normative europee che richiedono in maniera sempre più incisiva l'uso di materiali e modalità di confezionamento dei prodotti ortofrutticoli di IV gamma più sostenibili e interventi infrastrutturali in grado di minimizzare gli sprechi di risorse idriche. Altre problematiche sono relative al depauperamento del contenuto di sostanza organica e perdita di qualità dei suoli, dovuti a condizioni di tendenziale monocoltura, che favoriscono l'insorgenza di patogeni minori, e al controllo delle infestanti. Tali questioni richiedono di essere affrontate con sperimentazioni che tendano a modificare l'agrotecnica seguita, con protocolli integrati e innovativi. In generale, si tratta di sfide che il settore della IV gamma deve trovare il modo di fronteggiare. Ciò sarà possibile se tale cambiamento sarà accompagnato da adeguate politiche di riconversione, anche per l'indotto, e interventi infrastrutturali in grado di ottimizzare il recupero delle risorse impiegate, in particolare quelle idriche. Il comparto sta già reagendo nella ricerca di soluzioni sostenibili per l'uso e il riuso delle risorse idriche, anche ricorrendo allo sviluppo di marchi di sostenibilità per sensibilizzare i consumatori. Ma si tratta di una sfida tutt'altro che semplice, considerata anche la forte influenza della cornice sociale, sanitaria, economica e politica internazionale sulla stabilità dello stesso comparto (Latella 2022). In tale quadro si innesta il progetto PON POFACS che ha lo scopo di accompagnare i grandi poli industriali italiani della IV gamma nell'indentificare e promuovere soluzioni innovative in grado di offrire gli strumenti adeguati a fronteggiare le sfide del comparto, rendendo ciò che oggi viene vissuto come minaccia, opportunità.
Francesco Galioto, Raffaella Zucaro, Raffaella Pergamo
CREA PB
PianetaPSR numero 115 luglio/agosto 2022