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campo coltivato con zucca
Biologico

Multifunzionalità, le politiche di diversificazione nelle imprese biologiche

Uno studio sulle caratteristiche, le ragioni e gli effetti della diversificazione nel settore del bio.

È ormai ampiamente riconosciuto che la diversificazione in un'azienda agricola verso attività connesse consente di integrare il reddito e ridurre i rischi che derivano dalle pressioni esterne e dai cambiamenti del contesto socioeconomico e ambientale in cui l'azienda opera. Meno noto è invece il ruolo che la diversificazione è in grado di svolgere all'interno del contesto dell'agricoltura biologica. Questo perché, nell'ambito dei numerosi studi che affrontano le questioni della multifunzionalità, l'agricoltura biologica è comunemente considerata una strategia di diversificazione delle aziende agricole convenzionali. Un simile approccio può considerarsi valido se le imprese applicano il metodo biologico solo su una parte minoritaria della produzione complessiva, ma perde di fondatezza laddove questa scelta si estenda a gran parte della produzione o riguardi l'intera azienda. In tal caso, infatti, definire l'agricoltura biologica come una delle possibili strategie di diversificazione è riduttivo, in quanto sminuisce il cambiamento verso uno specifico modello ispirato a principi di sostenibilità, tale da comportare un ripensamento della gestione dell'intera azienda e dei suoi rapporti con l'esterno. Partendo da questa impostazione concettuale, un recente studio (Bonfiglio et al. 2022), di cui si riportano brevemente i principali risultati, ha quindi tentato di analizzare quelle che sono le possibili motivazioni che spingono le imprese a diversificare tenendo separate le imprese biologiche da quelle convenzionali. La finalità è quella di coglierne le differenze per meglio definire le politiche di diversificazione a favore delle imprese agricole.

I fattori alla base della diversificazione

Lo studio ha analizzato l'incidenza di una serie di fattori socioeconomici, territoriali e politici sulla propensione a diversificare nelle imprese biologiche e convenzionali utilizzando la banca dati della Rete d'Informazione Contabile Agricola (RICA) nel periodo 2014-2018. Per l'individuazione delle aziende che diversificano (escludendo l'agricoltura biologica come forma di diversificazione) si è fatto ricorso alla comune classificazione che identifica le principali direzioni della multifunzionalità. Lo studio si è concentrato su due delle tre direzioni ossia: approfondimento ("deepening") con cui si intende la produzione di prodotti ad alto valore aggiunto e l'integrazione di attività poste a monte e a valle della filiera agro-alimentare; e allargamento ("broadening") attraverso cui si affiancano attività in grado di soddisfare i nuovi bisogni dei consumatori e fornire servizi a favore della comunità. Da questo punto di vista, la RICA rappresenta una fonte preziosa in quanto fornisce numerosi elementi che consentono l'individuazione delle strategie della diversificazione. Sotto questo profilo, dalla Tabella 1 non emergono sostanziali differenze tra imprese biologiche e convenzionali. In entrambi i casi, infatti, la direzione più frequentemente seguita è quella dell'approfondimento nella forma della trasformazione dei prodotti in azienda.  Rispetto alle imprese convenzionali, nelle biologiche si nota comunque una tendenza più marcata verso l'approfondimento e, tra le imprese che ricorrono a questa strategia, una maggiore propensione alla trasformazione e alla vendita diretta dei prodotti.

Le imprese che diversificano sono state poi messe a confronto con le imprese che invece non diversificano.
Una sintesi dei risultati è riportata nella Tabella 2.

Dal confronto emerge anzitutto che le imprese che diversificano, indipendentemente dalla tipologia, tendono a localizzarsi lontano dalle aree pianeggianti, preferibilmente in collina, presentano un alto livello di istruzione, dimensioni economiche mediamente più grandi e sono specializzate in colture permanenti. Indicazioni sulle possibili motivazioni alla base di questi risultati sono rinvenibili in studi simili che hanno analizzato l'influenza di questi fattori. In primo luogo, le imprese che operano nelle aree pianeggianti mostrano un bisogno minore di affiancare le attività connesse all'attività produttiva principale al fine di aumentare il reddito in virtù dei maggiori livelli di competitività che generalmente sono in grado di conseguire. La bassa istruzione e la carenza di lavoro qualificato confermano poi di essere importanti ostacoli alla ricerca di opportunità nell'ambito delle nuove sfide dell'attività agricola. È probabile, inoltre, che un orizzonte di medio-lungo termine spinga gli agricoltori più giovani a rafforzare l'attività agricola esistente attraverso la diversificazione anche in previsione di un futuro ricambio generazionale. Dal punto di vista economico, la maggiore disponibilità di risorse e i rendimenti marginali decrescenti nelle imprese più grandi, che riducono la convenienza ad ampliare ulteriormente la produzione, sono spesso considerati all'origine di una relazione positiva tra dimensione e diversificazione. Un altro importante fattore alla base della scelta di diversificare è poi il tipo di orientamento tecnico-economico. Le imprese specializzate in coltivazioni permanenti si caratterizzano per raccolti stagionali più concentrati rispetto alle aziende specializzate in colture erbacee, comportando quindi un sottoutilizzo della forza lavoro durante il resto dell'anno. Inoltre, i prodotti provenienti da questi sistemi di coltivazione si prestano meglio all'adozione di strategie di marketing basate sulla differenziazione. Entrambi i fattori, sottoutilizzo della manodopera e caratteristiche dei prodotti, accrescono quindi la probabilità per le imprese di diversificarsi, in particolare verso la trasformazione e la vendita diretta, le quali rappresentano infatti strategie di diversificazione ampiamente diffuse tra le imprese specializzate in coltivazioni permanenti.


Le specificità delle aziende biologiche rispetto alla diversificazione 


Oltre a fattori comuni che influenzano la scelta della diversificazione, emergono alcune specificità che differenziano le imprese biologiche da quelle convenzionali. Un primo elemento è la localizzazione. Le imprese biologiche che diversificano si localizzano soprattutto al Sud mentre le convenzionali nel resto d'Italia, coerentemente con la distribuzione delle imprese sul territorio. Un ulteriore elemento distintivo deriva dal fatto che mentre le imprese biologiche che diversificano presentano un alto livello di istruzione, sono tendenzialmente più giovani e più grandi sia in confronto con quanti non diversificano sia tra le stesse imprese biologiche che diversificano, questa conclusione non si estende alle convenzionali. Difatti, tra le imprese convenzionali che diversificano, il livello di istruzione non è necessariamente alto, l'imprenditore non è sempre giovane e l'azienda può non essere di grandi dimensioni. 


Il ruolo del sostegno pubblico 


Dal punto di vista del sostegno pubblico, i risultati mostrano che sia i pagamenti diretti che i contributi del PSR influiscono sulla propensione delle imprese a diversificare coerentemente con quanto evidenziato in altri studi. Tuttavia, gli effetti sugli agricoltori biologici e convenzionali vanno in direzione opposta. Nel caso delle imprese convenzionali, i pagamenti del primo pilastro incidono negativamente, il che può dipendere dal fatto che questi sussidi producono un effetto benessere e riducono pertanto il bisogno di aumentare il reddito ricorrendo alla diversificazione. Nelle imprese biologiche, invece, gli effetti sono positivi. Gli agricoltori che ricevono un maggiore sostegno tendono a diversificare in misura più ampia rispetto alla media. In questo caso si può supporre che le maggiori risorse finanziarie messe a disposizione dalla PAC vengano impiegate per finanziare la diversificazione. Pertanto, nelle imprese biologiche, la motivazione che spinge verso la diversificazione non sembra essere quella di integrare il reddito ma di espandere l'attività in modo da sfruttare i benefici derivanti sia dalla produzione biologica, in termini di disponibilità dei consumatori ad acquistare a prezzi più alti, sia dalla diversificazione, in relazione alla possibilità di ottenere un valore aggiunto ancora più elevato proprio per il fatto che i servizi vengono offerti da un'impresa biologica. Del resto, questa spiegazione sarebbe in linea con quanto altri studi sulla disponibilità a pagare hanno messo in evidenza.

Con riferimento al secondo pilastro, emerge che i contributi influiscono positivamente sull'adozione di strategie di diversificazione ma solo negli agricoltori convenzionali. Al contrario, questi pagamenti non esercitano un'influenza significativa su quelli biologici. Per di più, i risultati mostrano che le imprese biologiche che diversificano fanno minore richiesta di sostegno a favore della diversificazione.

Quali politiche per la diversificazione

Lo studio ha chiarito che la diversificazione non è necessariamente un passaggio obbligato per le aziende marginali che intendano rimanere sul mercato.È una strategia imprenditoriale che richiede competenze specifiche e un'adeguata organizzazione. Tuttavia, le ragioni alla base della diversificazione differiscono a seconda del tipo di modello di produzione. Nel caso dell'agricoltura convenzionale, le imprese decidono di diversificare in quanto non sono in grado di raggiungere livelli di reddito comparabili a quelli di un'agricoltura più competitiva e altamente meccanizzata a causa di fattori legati alla localizzazione, alla specializzazione e al minor sostegno proveniente dal primo pilastro. Pertanto, diversificano per aumentare il proprio reddito e, a tal fine, ricorrono al sostegno proveniente dal PSR. 

Nel caso dell'agricoltura biologica, invece, la diversificazione mostra di essere parte integrante del modello produttivo. Gli agricoltori biologici implementano nuove attività per trarre vantaggio sia dalla produzione biologica che dalla diversificazione, indipendentemente dal sostegno pubblico. Per queste imprese, la localizzazione in aree meno competitive e la specializzazione in coltivazioni permanenti non costituiscono necessariamente fattori di debolezza, ma piuttosto caratteristiche distintive che possono essere ulteriormente rafforzate mediante strategie di diversificazione.

Da questi risultati discendono alcune implicazioni politiche. Una prima considerazione è che gli incentivi in favore della diversificazione appaiono in gran parte inefficaci nelle aziende biologiche. Le ragioni potrebbero essere ricercate, oltre che nelle caratteristiche prevalenti delle imprese, anche nei diversi livelli di redditività e nell'esistenza di sinergie tra le diverse attività. Se da un lato questo risultato è certamente incoraggiante dal momento che il metodo biologico potrebbe consentire all'agricoltore di raggiungere livelli di competitività tali da rendere meno impellente la richiesta di sostegno pubblico per la diversificazione, dall'altro, va considerato che questi agricoltori, rispetto a quelli convenzionali, beneficiano già di un sostegno specifico per la riconversione e il mantenimento dell'agricoltura biologica. Ciò solleva una questione di come distribuire al meglio i fondi tra le diverse tipologie di agricoltura al fine di rendere la politica più mirata ed efficace. 

Un'ultima considerazione è più generale e riguarda entrambe le categorie di imprese. I risultati rivelano che, ad intraprendere la strategia della diversificazione, sono soprattutto le aziende agricole di dimensioni maggiori e con livelli di istruzione più elevati. Se ne può desumere, quindi, che le aziende agricole più piccole e a conduzione familiare, le quali avrebbero tutto l'interesse ad integrare il reddito con la diversificazione, non diversificano per mancanza di risorse o per scarse competenze e capacità imprenditoriali, che impediscono loro di accedere al sostegno pubblico. Pertanto, la raccomandazione è quella di accelerare il processo di semplificazione amministrativa ed erogare servizi di formazione e consulenza specificamente concepiti per questa categoria di aziende al fine di contrastare il fenomeno crescente dell'abbandono dell'agricoltura soprattutto nelle aree marginali.

 

Riferimenti

 
 

Andrea Bonfiglio
Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia - CREA

 
 

PianetaPSR numero 117 ottobre 2022