L'agricoltura sociale (AS) è una delle forme della multifunzionalità dell'agricoltura che è in piena crescita in Europa, per le sue caratteristiche di inclusione e sostenibilità sociale ed ambientale. Infatti, sono numerosi i benefici che genera, dall'inclusività sociale e lavorativa all'assistenza sanitaria, al recupero delle terre abbandonate e allo sviluppo delle aree rurali. Nonostante ciò, non esiste ancora una politica comune a livello europeo e questo fa sì che si creino nei diversi Paesi differenze sia in fase di realizzazione delle pratiche sia in termini di impatti sociali. I contesti culturali nazionali, i differenti beneficiari, la numerosità degli stakeholder coinvolti e i profili delle imprese e degli imprenditori sono fattori chiave per l'organizzazione e la messa in pratica dell'agricoltura sociale (Elings et al., 2022).
L'agricoltura sociale italiana è caratterizzata dalla sua funzione prevalentemente inclusiva, come evidenziato anche dall'ultimo Rapporto del CREA (Borsotto, Giarè, 2020), dal quale risulta che circa il 74% del campione coinvolto nell'indagine svolge attività di inserimento socio-lavorativo di persone con disabilità o svantaggio. Tali attività, riconosciute dall'art. 2 della legge 141 del 18 agosto 2015, prevedono l'attivazione di percorsi stabili di inclusione socio-lavorativa mediante l'utilizzo delle tipologie contrattuali riconosciute dalla normativa vigente. Le aziende agricole che riescono ad intercettare i bisogni a livello locale mettono in atto strategie in grado di trasformare gli elementi di debolezza in opportunità, soprattutto in quelle aree dove sono meno presenti alcuni servizi, secondo un approccio one health.
L'analisi di molte esperienze realizzate in Italia mostra come l'agricoltura sociale sia in grado di creare direttamente o indirettamente nuove opportunità di lavoro sia tramite le attività di inserimento socio-lavorativo intese in senso stretto sia attraverso le attività connesse.
Per riflettere su questi temi, si è svolto a marzo 2023 a Rovigo il convegno Agricoltura sociale e lavoro nelle aree rurali fragili, al quale il CREA ha partecipato organizzando una sessione di approfondimento nell'ambito delle attività della Rete rurale nazionale.
La sessione su Inclusione e lavoro organizzata nell'ambito del convegno aveva l'obiettivo di riflettere sul ruolo del contesto inclusivo per il successo delle pratiche di agricoltura sociale nelle aree fragili. È stata l'occasione per affrontare i temi legati al ruolo dell'agricoltura sociale nell'inclusione lavorativa dei migranti, al valore aggiunto del LEADER nel supporto allo sviluppo di pratiche di agricoltura sociale nelle aree fragili, agli effetti dell'organizzazione della domanda e dell'offerta di lavoro nei processi di sviluppo locale, al ruolo del tirocinio, della formazione e delle pratiche di inserimento lavorativo nei processi di agricoltura sociale.
L'agricoltura sociale nel LEADER
Il metodo LEADER, che opera come elemento catalizzatore capace di creare condizioni favorevoli per investimenti di ampia portata, provenienti anche da più fonti, offre risposte concrete ai fabbisogni espressi dalle comunità locali, come evidenziato dall'intervento di Gabriella Ricciardi e Fabio Muscas.
In Italia il tema dell'inclusione sociale è stato sviluppato dai Gruppi di azione locale (GAL) in sinergia con altri temi, al fine di favorire uno sviluppo integrato del territorio ispirato alla crescita economica, alla coesione sociale e al potenziamento dei servizi essenziali delle aree rurali. Nello specifico, molti GAL hanno attivato una o più misure di sostegno dell'agricoltura sociale, previste principalmente nell'ambito della politica di sviluppo rurale: 149 GAL hanno attivato la misura per la creazione e lo sviluppo di attività extra-agricole (6.4t); 77 GAL quella per la creazione, il miglioramento o l'ampliamento dei servizi locali di base per la popolazione rurale (7.4) e 71 per sostenere la cooperazione volta a diversificare le attività agricole in attività riconducibili all'AS (16.9). In alcuni casi, invece, l'innovazione sociale è stata considerata un tema centrale per lo sviluppo locale, tanto che 21 GAL hanno costruito attorno a questo tema l'intera Strategia di Sviluppo Locale (SSL), due dei quali si sono concentrati in particolare su "legalità e promozione sociale nelle aree ad alta esclusione sociale".
L'analisi condotta dalla Rete Rurale Nazionale ha messo in luce, da un lato, come il metodo LEADER e le modalità di lavoro dell'AS (finanziati, in particolare, dalla sottomisura 16.9) siano accomunati dai loro principi di base (approccio ascendente e territoriale, partenariato locale, strategia integrata e multisettoriale, collegamento in rete, innovazione, cooperazione) e, dall'altro, come l'attuazione degli interventi di sostegno dell'AS da parte dei GAL comporti un valore aggiunto significativo rispetto alla loro attuazione ordinaria tramite i Programmi di Sviluppo Regionale.
Il metodo LEADER, infatti, favorendo l'emersione con modalità partecipative dei fabbisogni reali dei possibili beneficiari e destinatari degli interventi di AS della comunità locale interessata, consente ai GAL innanzitutto di sviluppare una strategia di sviluppo del territorio capace di offrire risposte mirate. Inoltre, permette loro di elaborare strategie integrate e multisettoriali di ampia portata, che possono prevedere modalità attuative specifiche (es. azioni specifiche, a regia, bandi multimisura o integrati con i bandi di altre sottomisure) e strategie complementari di intervento capaci di sfruttare opportunità e strumenti di sostegno offerti anche da altri fondi UE (FESR, FSE, ecc.), regionali o locali.
Il ruolo della formazione
L'intervento di Francesco Basset si è concentrato sul valore del tirocinio e della formazione nelle pratiche di inserimento lavorativo realizzate negli interventi di agricoltura sociale. Attraverso il miglioramento continuo di tali aspetti, si genera un valore sempre maggiore, che mira sempre più a obiettivi di sostenibilità di lungo periodo. Il tirocinio e la formazione hanno un duplice impatto: sulle persone coinvolte, per il salario percepito, le competenze acquisite e le relazioni sociali costruite; sulle imprese, attraverso l'aumento delle vendite derivante dai maggiori segmenti di clientela acquisiti (effetto reputazionale e aumento di produzione). L'inserimento lavorativo è l'obiettivo primario di tali progetti e per tanto non può che essere un elemento chiave nella costruzione del valore generato. Infatti, maggiore sarà il numero di inserimenti riusciti maggiore sarà l'impatto generato sia sui diretti beneficiari del progetto sia sulle categorie di stakeholder "indiretti" come la società. Inoltre, solamente attraverso inserimenti lavorativi duraturi si potranno estendere gli impatti generati dai progetti di agricoltura sociale nel lungo periodo, mirando così al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità di lungo periodo. Dall'analisi di questi elementi sono emerse anche delle aree critiche da affrontare, come i costi non calcolati in fase di programmazione, come il costo per l'imprenditore agricolo per seguire i tirocinanti o il costo sociale derivante dalle aspettative di inserimento lavorativo non rispettate. Inoltre, risulta necessaria una programmazione di lungo periodo che sleghi l'agricoltura sociale da investimenti "a progetto" e che miri a costruire processi innovativi sostenibili nel lungo periodo.
L'inclusione lavorativa dei migranti
Il ruolo dell'agricoltura sociale nell'inclusione lavorativa di migranti, richiedenti asilo e rifugiati è stato il tema dell'intervento di Eduardo Barberis, Fabio De Blasis ed Elena Viganò, che hanno riportato alcuni risultati del Progetto «PINA-Q: Promozione di percorsi di inclusione attiva nel settore agricolo di qualità», finanziato dal Fondo Asilo Migrazione e Integrazione 2014-2020. I rifugiati hanno tassi di occupazione più bassi e accedono a condizioni lavorative peggiori rispetto ad altri immigrati con simili caratteristiche soprattutto a causa di ostacoli burocratici, precarietà sociale e giuridica, politiche di accoglienza e inclusione inefficaci. Proprio per offrire opportunità di inserimento sociale e lavorativo, si sono moltiplicate negli ultimi anni le esperienze di AS rivolte a questa tipologia di destinatari.
Nell'ambito del progetto sono state identificate 85 potenziali buone pratiche in 15 regioni, caratterizzate da multifunzionalità, filiere corte, reti multi-attore, recupero di terreni abbandonati o confiscati alla criminalità organizzata, recupero di colture e tradizioni gastronomiche locali, oltre che da azioni di prevenzione e contrasto allo sfruttamento lavorativo. Tra queste, ampio spazio è stato dedicato alla presentazione del Progetto Pomovero gestito da una rete di associazioni, cooperative e imprese sociali che produce salsa di pomodoro biologica senza sprechi, sfruttamento del lavoro e dell'ambiente (circa 50,000 bottiglie vendute e 30 lavoratori impiegati nel 2021). Il progetto si occupa di produzione e trasformazione su terreni confiscati alla criminalità organizzata, coinvolgendo aziende locali in difficoltà a causa dei prezzi troppo bassi offerti dal mercato convenzionale. Commercializzando attraverso i network alternativi, il progetto è in grado di offrire un prezzo più alto; questo vantaggio viene utilizzato come leva per richiedere alle imprese condizioni di lavoro eque. Inoltre, utilizzando un "contratto di rete", la cooperativa sociale Pietra di Sarto, che coordina il progetto, sta sperimentando il sistema di condivisione della manodopera e sta proponendo il sistema del "prezzo per pianta" ad altre aziende (utilizzando i propri lavoratori sui loro terreni).
Un'altra esperienza presentata nella sessione (Giuliana Colussi) riguarda la fattoria sociale La Volpe sotto i gelsi e il progetto di rete che vede un partenariato forte tra il Comune di S. Vito al Tagliamento, l'Azienda sanitaria locale di Pordenone e una rete di cooperative sociali per promuovere inclusione sociale e lavorativa per persone svantaggiate, giovani con disabilità, con problemi di dipendenze o di salute mentale. A sostegno del progetto si sono affiancate fin da subito alcune piccole aziende agricole locali, costituitesi in una rete informale - la R.A.S.A. (Rete Agricoltori Solidali Attivi), attraverso la quale è avvenuta la sperimentazione di prese in carico di rete (l'inserimento lavorativo «diffuso») e di azioni di reciprocità nella comunità.
La collaborazione è nata con l'obiettivo di rispondere a due criticità: da un lato la cooperativa non era in grado di offrire ulteriori spazi lavorativi nelle attività sviluppate, dall'altro la rete delle aziende agricole evidenzia un bisogno diffuso di supporto nella gestione di picchi di lavoro stagionali. Nel 2017 sono quindi nate le squadre di terzisti solidali, composte da 4-5 operai agricoli per svolgere attività in aziende agricole terze, principalmente nella gestione dei picchi di lavoro nel settore vitivinicolo, con la stralciatura e la potatura. L'idea è partita con 4 persone e un fatturato di 7.500 euro, e in 5 anni è arrivata a coinvolgere 25 persone (metà svantaggiate), quasi 50 aziende clienti, 1000 ettari lavorati e un fatturato che ha superato i 200.000 euro. I risultati dal punto di vista della creazione di lavoro sono molto interessanti: 21 persone con fragilità sono state assunte fuori dalla cooperativa; di queste 8 persone hanno un contratto di lavoro stabile da oltre 3 anni. Inoltre, la crescita delle competenze e l'avvio di nuove lavorazioni nel corso dei 5 anni hanno portato come esito anche il prolungamento della stagione lavorativa. La disponibilità di personale con competenze sempre in aggiornamento attraverso le azioni di formazione realizzate dalla cooperativa ha consentito anche di introdurre piccole innovazioni indispensabili per il miglioramento delle produzioni come i diffusori di ferormoni contro la Tignola e la Tignoletta negli oltre 400 viticoltori soci della cooperativa Viticoltori Friulani La Delizia di Casarsa. Le attività, realizzate in partenariato con servizi socio-sanitari e pubbliche amministrazioni in un'ottica di sussidiarietà, hanno dunque promosso uno sviluppo locale sostenibile. L'agricoltura sociale, partendo da logiche di vantaggio economico (azioni di economia di scala e di reciproco aiuto), ha consentito di avvicinare i soggetti in una condivisione profonda dei saperi in una prospettiva comunitaria. La relazione alla pari tra i partner, la disponibilità di ciascuno a mettersi in gioco e andare al di là del mandato istituzionale/organizzativo ha favorito una collaborazione che nel tempo ha generato nuova occupazione, nuovi servizi (ultima nata la UET Unità Educativa Territoriale che coniuga servizi educativi per disabili a servizi a favore della comunità), nuovi spazi di accoglienza (riorganizzazione della fattoria sociale e didattica con le attività estive e il laboratorio di riciclo), nuovi luoghi di confronto e crescita reciproca (il centro studi dell'agricoltura sociale), ma soprattutto un nuovo pensiero rispetto alla diversità, all'inclusione, all'economia, all'ambiente.
L'individuazione e lo sviluppo di interventi integrati di AS è la sfida più importante che le politiche si trovano ad affrontare, in Europa come anche in altri paesi, come evidenziato da alcuni interventi al Convegno Aree fragili.
Ad esempio, in Giappone l'agricoltura sociale è indirizzata soprattutto alle persone con disabilità fisica e mentale, mentre per gli altri possibili destinatari non sono presenti pratiche di inclusione sociale. Inoltre, l'agricoltura sociale è ritenuta una pratica molto importante per il recupero delle terre abbandonate. A dimostrazione di ciò già ai primi tempi dell'industrializzazione venivano finanziati dallo Stato, ma anche da imprenditori privati, progetti che miravano all'assegnazione di terre abbandonate a famiglie in difficoltà perché avviassero un'attività agricola familiare.
Il ruolo sempre più centrale che l'economia sociale e le cooperative sociali stanno assumendo suscita un interesse crescente a livello europeo e globale e interroga i diversi attori sul ruolo che le politiche possono avere sia nella governance dei processi sia nel supporto alle pratiche. In Ungheria, ad esempio, gli investimenti nelle cooperative sociali che mirano all'occupazione e all'integrazione nel mercato del lavoro di persone svantaggiate sono supportati da incentivi statali. La Repubblica Ceca, invece, sta lavorando all'individuazione di una politica di supporto per le imprese sociali che offrono occupazione alle persone con disabilità fisica o con svantaggi sociali.
Dagli studi presentati sui diversi contesti nazionali è emersa la potenzialità di alcune pratiche di agricoltura sociale per l'avvio di nuovi sistemi di welfare locale che mirano allo sviluppo e alla sostenibilità sociale, economica ed ambientale nelle aree rurali. Creare reti di cooperazione all'interno dei territori è infatti un elemento di forza delle esperienze di social farming.
Connettere l'agricoltura con i servizi territoriali, integrare il pubblico con il privato, correlare la responsabilità di impresa con le azioni sociali e creare dei contenitori dove favorire i network di imprese sono gli obiettivi che si sono prefissati alcune esperienze italiane, come la Rete di Agricoltura Sociale lodigiana (https://www.agricolturasocialelodi.it/), nata in seno al progetto Rigenerare Valore Sociale - Welfare in Azione di Fondazione Cariplo. La rete è nata per coordinare e mantenere in relazione le varie attività agri-sociali nate e finanziate durante il progetto: l'Orto di Tutti (https://www.lortoditutti.it/) attivato nel 2017 come brand per far conoscere l'AS e aiutare la commercializzazione dei prodotti sociali, che oggi trasforma prodotti della rete e non solo, li commercializza in un proprio punto vendita e tramite un servizio di vendita itinerante a favore dei piccoli Comuni in cui scarseggiano o sono del tutto assenti negozi di prossimità; l'esperienza SanfereOrto a Lodi (https://www.mlfm.it/il-nostro-lavoro/agricoltura-sociale-e-ambiente), che riguarda un bene comune coltivato anche grazie a cittadini attivi ed è divenuto laboratorio di buone pratiche e sede della Rete. Nel 2022 ha inoltre preso avvio il progetto di contrasto alle vulnerabilità AgriCULTURE Sociali 3.0 (https://www.youtube.com/watch?v=u6JuUbgfqt), che vede la co-progettazione della Rete guidata dalla Fondazione Comunitaria della Provincia di Lodi da diversi soggetti, tra cui l'Ufficio di Piano e CSV Lombardia Sud. Un altro progetto che valorizza il lavoro in rete è quello del Gruppo operativo Agricoltura sociale Marche (https://www.agricolturasocialemarche.it/) finalizzato al superamento dell'approccio individuale/settoriale dell'azienda in un'ottica di sistema integrato di welfare. Il GO ha permesso, inoltre, agli amministratori coinvolti di costruire percorsi amministrativi per favorire lo sviluppo e il consolidamento di progettualità di AS sul territorio regionale. Infine, Hubbuffate (www.hubbuffate.com) è un progetto di rete di aziende di agricoltura sociale che hanno creato un "paniere del cibo civile" gestito su una piattaforma e-commerce e finanziato attraverso un canone mensile dalle aziende e una commissione a carico dell'acquirente; inoltre, l'1% del transato viene destinato a un fondo per finanziare gli inserimenti lavorativi.
Francesco Basset 1- 2, Patrizia Borsotto 2, Francesca Giarè 2, Fabio Muscas 2, Gabriella Ricciardi 2
1 Università degli Studi della Tuscia
2 CREA Politiche e Bioeconomia
PianetaPSR numero 124 maggio 2023