La transizione digitale in agricoltura include tutti quei processi socio-tecnologici che accompagnano l'introduzione e l'utilizzo di tecnologie digitali e conducono a cambiamenti nelle interazioni all'interno del sistema agro-rurale. Le implicazioni a lungo termine della transizione digitale dipendono da come questi processi vengono gestiti.
Le tecnologie e la connettività digitali offrono enormi potenzialità. Possono assicurare una produzione più efficiente e sostenibile di cibo e biomateriali e rappresentano elementi chiave per migliorare la qualità della vita e garantire uno sviluppo equilibrato nelle aree rurali. Tuttavia, la digitalizzazione non garantisce di per sé esiti positivi, potendo dare origine a nuove sfide e vulnerabilità. Per questo il sostegno pubblico andrebbe gestito in modo da orientare questo processo verso lo sviluppo di sistemi agro-alimentari sostenibili e comunità rurali che siano più forti, interconnessi e resilienti.
La transizione digitale avverrà in un contesto in continua trasformazione, caratterizzato da numerose sfide provenienti dai cambiamenti climatici, dal degrado ambientale, dall'instabilità geopolitica, dai mutamenti nei canali di approvvigionamento e dall'evoluzione della domanda di mercato. Per questo occorrono un'agricoltura e aree rurali che siano in grado di affrontarle e siano pronte a cambiamenti radicali nel momento in cui le capacità di adattamento e mitigazione non saranno più sufficienti.
Partendo da questi presupposti, un recente studio condotto dal Joint Research Centre (JRC) (Barabanova e Krzysztofowicz, 2023), in stretta collaborazione con il Dipartimento per l'agricoltura e lo sviluppo rurale della Commissione europea (DG-AGRI), ha esaminato l'interazione che esiste tra transizione digitale, politiche e resilienza nel settore agricolo e nelle aree rurali, ipotizzando alcuni possibili cambiamenti trasformativi.
Lo studio di JRC ha tracciato le potenziali implicazioni della transizione digitale per gli agricoltori e le comunità rurali sotto diverse ipotesi. A tal fine è stato adottato un approccio metodologico basato su scenari trasformativi, ovvero futuri alternativi e plausibili che emergono da cambiamenti significativi o trasformazioni nella società, nell'economia, nell'ambiente o in altri settori chiave. Per l'identificazione di questi scenari e delle relative implicazioni si è fatto ricorso ad una serie di workshop interattivi che hanno visto il coinvolgimento di diversi soggetti provenienti dal mondo dell'agricoltura, delle aree rurali, del digitale, delle istituzioni e di quello accademico.
Spingendo l'orizzonte temporale al 2040, sono stati immaginati quattro scenari futuribili:
Per consentire di replicare lo stesso esperimento è stato messo a disposizione un "toolkit", ossia un insieme di strumenti per supportare i responsabili di politica nel processo di transizione digitale. In particolare, il toolkit è concepito per individuare le questioni chiave, coinvolgere le parti interessate, allineare la strategia nazionale o regionale alla visione strategica comune, identificare i fattori abilitanti e aumentare la capacità previsionale di medio-lungo termine. La versione digitale del toolkit è reperibile al seguente link: https://knowledge4policy.ec.europa.eu/foresight/topic/digital-transition-toolkit_en.
L'indagine svolta rileva una certa fiducia che, dinnanzi ai quattro possibili scenari trasformativi, la digitalizzazione possa aiutare a fronteggiare più efficacemente gli shock attingendo alle diverse dimensioni della resilienza.
In un futuro caratterizzato da un aumento di eventi meteorologici avversi, l'uso delle tecnologie digitali, per esempio per la gestione intelligente delle risorse idriche, il controllo delle malattie, la gestione e la prevenzione degli incendi boschivi, così come l'implementazione del telerilevamento e l'etichettatura elettronica sono in grado, infatti, di rivoluzionare i sistemi di allarme a beneficio di comunità rurali colpite da eventi estremi. L'Internet delle cose, con la sua vasta gamma di sensori, consente di monitorare costantemente la situazione nei campi, il clima, la catena di approvvigionamento e la situazione economica, avvisando di problemi imminenti.
Gli scenari ipotizzati mostrano poi che l'agricoltura e le aree rurali opereranno in un ambiente di crescente complessità, dove sarà necessario assumere una molteplicità di decisioni sempre diverse. L'aumento della velocità e della potenza di calcolo delle macchine, oltre che una maggiore disponibilità e ubiquità dei dati, possono assicurare la raccolta, l'elaborazione e l'analisi di grandi volumi di dati, a beneficio di scelte più ponderate. Inoltre, un maggiore accesso alle informazioni e l'uso di algoritmi di intelligenza artificiale sempre più sofisticati consentono di affrontare complessi processi decisionali.
Dagli scenari futuri emerge anche la necessità per l'agricoltura e le aree rurali di trasformarsi in modelli di sviluppo più sostenibili. La sostenibilità è un processo che richiede un approccio di sistema. Al riguardo, le piattaforme digitali possono integrare tra loro vari strumenti permettendo di adottare un approccio sistemico all'analisi e alla gestione dell'azienda agricola. In futuro, i gemelli digitali (ovvero le controparti virtuali di sistemi reali) potranno divenire uno strumento di base nel processo decisionale per monitorare e prevedere il funzionamento dell'azienda agricola e dei suoi legami con le altre componenti di sistema dinnanzi a scenari alternativi.
Un ulteriore bisogno che può emergere in un futuro probabile è quello di una maggiore cooperazione e collaborazione a livello di comunità. In questo caso un ruolo fondamentale può essere svolto dall'innovazione digitale sociale come la creazione di cooperative per la raccolta e la gestione dei dati, la telepresenza, la realtà aumentata e tutte quelle soluzioni digitali che consentono ai soggetti, soprattutto quelli più isolati, di riunirsi per condividere pratiche e conoscenze, affrontare assieme i rischi e partecipare ai processi decisionali che riguardano la collettività.
Si riconosce, tuttavia, che la digitalizzazione può comportare pericoli, ostacolando la trasformazione verso sistemi agroalimentari e uno sviluppo rurale più sostenibili. In particolare, l'uso degli strumenti digitali può dare origine a costi elevati per l'assistenza, la manutenzione e la formazione, che impattano sulla situazione economico-finanziaria delle imprese. Dal punto di vista sociale, l'uso incontrollato di strumenti digitali può procurare ansia, stanchezza e deterioramento della capacità di concentrazione peggiorando quindi le condizioni di vita. È possibile poi una esacerbazione delle conflittualità legate a violazioni della privacy, proprietà e controllo dei dati. Altri rischi comprendono una tendenziale dipendenza nei confronti di pochi intermediari tecnologici, che riduce l'autonomia decisionale, una maggiore propensione alla raccolta di dati quantitativi a discapito della qualità decisionale e un'accresciuta vulnerabilità agli effetti meteorologici estremi dovuta a interruzioni della connettività. A questi si aggiungono problemi di sicurezza provocati da crescenti attacchi informatici e un aumento del divario digitale a causa dell'emarginazione ulteriore di soggetti e comunità con minore alfabetizzazione digitale e investimenti infrastrutturali.
Alla luce dei potenziali costi e benefici associati alla digitalizzazione, l'adozione delle tecnologie digitali non è ritenuta l'obiettivo finale ma viene intesa come parte di una transizione digitale che affronti le sfide attraverso un'innovazione responsabile in grado di anticipare gli effetti desiderati e indesiderati delle tecnologie digitali.
Lo studio identifica quindi quelli che sono i principali obiettivi, i valori e i principi a cui dovrebbe sottostare qualunque strategia di digitalizzazione.
Lo scopo più ampio che i processi di transizione digitale sono chiamati a perseguire include la capacità dell'agricoltura e delle aree rurali di fronteggiare gli shock e proseguire nel percorso di trasformazione sistemica (resilienza), la transizione verso modelli produttivi più sostenibili (transizione verde), la capacità di partecipare attivamente all'interno della società mediante l'uso della tecnologia digitale (cittadinanza digitale) e il benessere delle persone, migliorando le condizioni di lavoro, l'accesso ai servizi e alle infrastrutture e rafforzando i legami sociali.
I valori sono riconducibili all'insieme dei fattori biologici ed evolutivi che, associati a quelli storici e sociali, vanno tenuti in debita considerazione nel definire gli approcci alla digitalizzazione affinché possa essere accettata. I valori a cui la digitalizzazione deve ispirarsi sono fiducia, equità, sovranità digitale e cura. La fiducia nei sistemi digitali discende dalla trasparenza, dalla sicurezza e dal rispetto della privacy da assicurare già in fase di progettazione delle infrastrutture e dei servizi digitali. L'equità e l'uguaglianza comportano che la distribuzione dei benefici debba essere equa e le tecnologie digitali siano a tutti accessibili. Il potere e la sovranità digitale implicano la possibilità per gli agricoltori e le comunità rurali di gestire i dati e poter governare i processi di transizione digitale. Infine, la cura afferisce alla necessità di prevenire e assistere in caso di effetti negativi indotti dalla digitalizzazione.
I principi sono invece i criteri che andrebbero rispettati in fase di sviluppo delle tecnologie digitali e si riassumono nella collaborazione tra i vari soggetti coinvolti, attraverso la creazione di reti e la condivisione di conoscenze, dati, pratiche, strumenti e infrastrutture; nell'accessibilità delle tecnologie e dei servizi digitali a tutti gli agricoltori e le comunità rurali, indipendentemente da ubicazione, reddito o dimensione delle attività; nello sviluppo di interfacce digitali ("design") incentrate sulle persone, che tengano conto delle esigenze e delle preferenze degli agricoltori e delle comunità rurali attraverso un processo iterativo di feedback da parte degli utenti in fase di progettazione; e, infine, nella sufficienza e circolarità, intese come sostenibilità delle tecnologie digitali dal punto di vista ambientale, sociale ed economico, che siano anche aperte alle modifiche, durevoli, riciclabili e utilizzate in modo parsimonioso.
Vengono infine delineate le condizioni necessarie affinché una strategia digitale possa essere attuata in maniera efficace. Un primo requisito è dato dallo sviluppo delle competenze e conoscenze digitali mediante formazione e consulenza mirate, dirette anche alla pubblica amministrazione, servizi di intermediazione tecnologica e supporto tecnico. Altre condizioni chiave sono istituire un ecosistema digitale, per favorire la condivisione e l'accesso ai dati, e definire una governance dei dati comuni, che comprenda regole di interoperabilità, standard di qualità dei dati e regolamenti su proprietà, elaborazione, archiviazione e condivisione dei dati. Particolare rilevanza nella definizione delle regole dovrebbe essere attribuita anche a privacy e sicurezza dei dati. A questi fattori si aggiungono la necessità di investire in infrastrutture e connettività e l'implementazione di un sistema integrato di finanziamento che attinga risorse dai fondi europei esistenti e consenta l'accesso anche alle piccole imprese e ai soggetti in aree svantaggiate. A tale proposito, si suggerisce di far leva sui partenariati pubblico-privati al fine di accrescere le dotazioni finanziarie e sfruttare le competenze e le conoscenze di mercato già esistenti a supporto della transizione digitale.
La principale raccomandazione che emerge dallo studio è che il sistema di obiettivi, valori e principi che dovrebbe regolare la strategia di digitalizzazione entri a far parte di un quadro di governance definito a livello europeo. Questo insieme di regole deve essere concepito per assicurare un uso responsabile delle tecnologie e dei dati digitali in agricoltura, trasparenza, responsabilità e protezione degli interessi delle comunità agro-rurali e della popolazione in genere. Dovrebbe essere inoltre sviluppato in sinergia con le strategie definite nell'ambito dei piani strategici della Politica Agricola Comune (PAC) in modo da delineare una strategia condivisa di digitalizzazione, tenendo conto delle diverse esigenze a livello nazionale.
Lo studio fornisce poi raccomandazioni più dettagliate a beneficio dei responsabili di politica in fase di attuazione della strategia di transizione, riassumibili nelle seguenti:
Lo studio condotto da JRC aggiunge un ulteriore tassello per comprendere quelli che sono i benefici e i rischi connessi alla digitalizzazione. Offre inoltre indicazioni utili per meglio orientare la transizione digitale dinnanzi a possibili scenari trasformativi adottando una visione strategica comune.
Non arriva però puntuale. La PAC 2023-2027 è in vigore ormai da un anno e i vari Paesi membri hanno già definito le proprie strategie, rispondendo, in diversi casi, più a un dovere formale che non a un reale interesse nel sostenere il processo di digitalizzazione, anche perché questo interesse è sembrato poco evidente già a livello europeo.
Lo dimostra il fatto che non è stato previsto niente di concreto che spingesse i Paesi membri ad assegnare risorse e orientare gli interventi a sostegno della digitalizzazione. Con una revisione di medio-termine si potrebbe in qualche modo rimediare introducendo quel quadro di governance a livello europeo tanto auspicato e chiedendo agli Stati membri di rivedere la logica degli interventi sulla base di risorse rimodulate. Il rischio, però, è che, in un contesto turbolento come quello attuale dove le priorità mutano e si sovrappongono, la digitalizzazione in agricoltura, così come in altri settori, passi comunque in secondo piano senza una adeguata regolamentazione e prosegua indisturbata il proprio sentiero evolutivo, guidato da ingenti interessi economici. Regolare questo processo dirompente rappresenta una sfida alla quale i decisori politici non possono sottrarsi. È indubbio che si tratti di un processo molto complesso da governare, per via delle numerose variabili coinvolte, e che la visione strategica prefigurata nello studio di JRC, come in altri, possa rimanere, appunto, solo una visione.
Ma qualcosa va fatto e il regolamento europeo sull'intelligenza artificiale ("AI Act"), che dovrebbe assicurare, a partire dal 2026, regole più stringenti in caso di tecnologie più rischiose, sembra andare in questa direzione. Dovessimo però arrivare al punto in cui sarà necessario chiedere aiuto all'intelligenza artificiale, magari alla ChatGPT del futuro, per tracciare la giusta via, allora potrebbe essere tardi.
Andrea Bonfiglio
Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia - CREA
PianetaPSR numero 130 gennaio 2024