Il ruolo dei giovani è fondamentale per il futuro dell'agricoltura, nel nostro Paese come nel resto d'Europa. Ad analizzare la partecipazione giovanile al settore primario e le politiche che mirano a favorire il ricambio generazionale contribuisce l'edizione 2024 del Rapporto "Giovani e agricoltura"; realizzata nell'ambito delle attività della Rete Rurale Nazionale, vene proposta, a due anni dalla prima, con l'intenzione di effettuare una ricognizione e un aggiornamento dei principali dati e indicatori relativi ad un tema ritenuto centrale, sia a livello nazionale che dalla PAC 2023-27 che, come noto, gli riserva uno dei suoi obiettivi specifici[1].
Per tale ragione, il documento approfondisce le misure a sostegno del ricambio generazionale in agricoltura in Italia, abbracciando sia gli interventi del PSP 2023-27 che gli strumenti previsti dalla politica nazionale. Tra questi ultimi viene dato ampio spazio alle opportunità offerte da ISMEA per l'accesso al credito e alla terra, considerate le due principali barriere al coinvolgimento dei giovani in agricoltura.
L'analisi delle problematiche relative al coinvolgimento dei giovani nell'agricoltura in Italia non può che partire dall'osservazione di un generale andamento demografico negativo e di un tendenziale invecchiamento della popolazione. In Italia nel 2022 i giovani con età tra 15 e 39 anni risultavano essere 15,4 milioni, 2 milioni in meno rispetto al 2013 (-12%) e 4 milioni in meno rispetto a venti anni prima (-21%). L'incidenza di questa fascia di età sulla popolazione complessiva è diminuita complessivamente di otto punti percentuali tra il 2003 e il 2022.
La prospettiva è ancora più critica se si osserva l'andamento demografico per le aree rurali italiane, che sono soggette a un processo di progressivo spopolamento. Solo tra il 2018 e il 2022, la popolazione in tali territori si è ridotta del 3%, mentre è rimasta stabile nelle aree prevalentemente urbane. Ancora più preoccupante è il dato sull'abbandono delle aree rurali da parte dei giovani (15-39 anni), che è pari al doppio (-6%).
Al di là delle difficoltà, tra gli elementi di attrazione positivi delle aree rurali si sottolinea la presenza di un diffuso patrimonio di fattori culturali, artistici, ambientali, paesaggistici e - soprattutto - enogastronomici che, se positivamente valorizzati, possono creare occupazione e attivare il coinvolgimento delle fasce più giovani della popolazione.
Altro ambito di attenzione è quello relativo al sistema dell'istruzione e della formazione, il cui ruolo appare molto importante in un momento in cui nuove competenze sono sempre più necessarie per sfruttare a pieno il potenziale offerto dell'innovazione tecnologica o per assecondare la vocazione multifunzionale che contraddistingue l'agricoltura italiana.
In Italia operano 37 università a indirizzo agro-forestale e veterinario e 451 istituti agrari, divisi tra istituti tecnici (179) e professionali (272), di cui la metà si trova nel Mezzogiorno (51%). Nonostante la ricchezza dell'offerta formativa connessa al settore primario, preoccupano i dati relativi al suo scarso appeal: nell'ultimo quinquennio, a fronte di una sostanziale stabilità degli iscritti agli istituti tecnico professionali, si riduce il numero di quanti scelgono un indirizzo agrario; anche le immatricolazioni alle università con indirizzo agro-forestale e veterinario risultano in calo, mentre quelle complessive crescono.
Il numero delle imprese agricole giovanili presenti nel Registro delle imprese presso le Camere di Commercio (52.717 alla fine del 2023) è in calo, dell'8,5% rispetto al 2018 e con una riduzione del 4,8% solo nell'ultimo anno. Tale flessione, almeno in parte riconducibile anche alla riduzione ormai strutturale della consistenza demografica dei giovani in Italia, risulta comunque in linea con quella osservata per tutto il settore primario, con l'incidenza delle imprese agricole giovanili sul totale delle imprese agricole che, nel quinquennio 2018-22, rimane stabile al 7,7%, per poi scendere al 7,5% solo nel corso del 2023.
Nonostante ne sia stata spesso criticata l'efficacia, la buona tenuta delle imprese agricole giovanili rispetto alle dinamiche del complesso dell'economia può essere attribuita anche al sostegno operato dalle politiche pubbliche, e in particolare alla possibilità di accedere alle risorse messe a disposizione dalla PAC con i suoi due pilastri (pagamenti diretti e sviluppo rurale); i dati infatti evidenziano un incremento del numero di iscrizioni ai registri camerali da parte delle imprese agricole giovanili negli anni immediatamente successivi all'avvio della programmazione 2014-22, cioè a partire dalla fine del 2015, quando hanno avuto l'avvio la maggior parte delle misure a sostegno del ricambio generazionale.
Analizzando i dati del Censimento 2020, emerge, inoltre, come alle aziende giovanili si deve la creazione del 15% del valore economico complessivo dall'agricoltura italiana (misurato nei dati censuari dal Prodotto Standard), mentre il 62% di tale valore è in mano agli agricoltori con età compresa tra 41 e 64 anni e il 23% agli over 65. La ricchezza generata mediamente da un'impresa giovanile agricola italiana, pari a 82,5 mila euro (valore ben superiore alla ricchezza media di tutte le aziende, pari a 50 mila euro), pur posizionandosi sopra la media UE e sopra la Spagna, si conferma ben al di sotto rispetto a quella francese e tedesca. Al contrario, la produttività media per superficie delle imprese giovanili italiane, pari a 4,5 mila euro per ettaro, è doppia rispetto a quella europea e francese, ma è superiore anche a quella della Germania e soprattutto della Spagna. Questo avviene anche per il totale delle imprese agricole e deriva dalla maggiore specializzazione dell'Italia in coltivazioni ad elevato valore aggiunto.
I maggiori elementi di difficoltà, da sempre al centro dell'attenzione delle politiche a sostegno del ricambio generazionale in agricoltura, sono rappresentati dall'accesso ai fattori produttivi capitale e terra.
Nel corso del 2023 la stretta finanziaria operata dal sistema bancario ha avuto un impatto significativo sulla domanda di prestiti complessiva da parte delle imprese agricole italiane. In particolare, i prestiti a medio e lungo termine, che rappresentano circa un quarto di quelli complessivi al settore, si sono ridotti del 5,4%. La variazione negativa di questa componente dei prestiti al settore agricolo risulta particolarmente penalizzante per le imprese condotte da giovani che, disponendo di minori risorse finanziarie proprie, sono maggiormente dipendenti dal sistema del credito per gli investimenti di medio e lungo periodo.
Per quanto riguarda il fattore terra, dopo anni di sostanziale stabilità, nel 2022, grazie a un moderato dinamismo del mercato fondiario e complice l'inflazione, i prezzi dei terreni in Italia sono cresciuti dell'1,5% su base annua, seppur con forti differenziazioni territoriali. Nonostante ciò, i dati dell'Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia delle Entrate confermano come la terra continui ad essere un importante "bene rifugio", con il volume di compravendite che, dopo la pandemia, ha ripreso la sua crescita di lungo periodo.
Le problematiche di accesso al credito e alla terra sono spesso oggetto di politiche nazionali. Tra queste, un posto di rilievo è occupato dalle opportunità messe a disposizione dall'ISMEA, che gestisce importanti misure finalizzate a supportare i giovani imprenditori agricoli nelle varie fasi dello sviluppo aziendale. "Più Impresa" e "Generazione Terra" sono gli strumenti specificamente destinati a favorire la creazione dell'impresa e il suo ampliamento da parte dei giovani, per i quali nel corso del 2024 sono previsti bandi per 135 milioni di euro complessivi. Ad essi si affianca la "Banca delle terre agricole" che, pur essendo fruibile da parte di tutti gli imprenditori agricoli, fino ad oggi ha visto una buona partecipazione da parte dei giovani, con più della metà dei terreni (e due terzi degli ettari) assegnati a under 41.
Un quadro delle politiche pubbliche nazionali e comunitarie per il ricambio generazionale
Gli strumenti nazionali di sostegno all'imprenditoria agricola giovanile agiscono in modo complementare a quelli comunitari previsti dalla PAC 2023-27 e contenuti nel Piano strategico italiano. In particolare, i due interventi chiave sono il sostegno complementare al reddito per i giovani agricoltori, cui è destinato il 2% dei pagamenti diretti, pari a circa 352 milioni di euro per l'intero periodo di programmazione 2023-2027, e l'intervento di sviluppo rurale per l'insediamento dei giovani nelle imprese agricole, per il quale la spesa pubblica programmata nel quinquennio ammonta a circa 680 milioni di euro.
In riferimento a quest'ultimo intervento, le Regioni hanno avuto ampia discrezionalità nella scelta delle modalità di attuazione. Sarà quindi importante monitorare i bandi regionali nei mesi a venire, in attesa che questi evidenzino a pieno le strategie regionali sul ricambio generazionale.
Complessivamente, l'impianto dell'intervento mette in luce alcune differenze, soprattutto per ciò che concerne l'ammontare del premio aziendale, i criteri di selezione e le modalità di gestione dell'intervento.
Se da un lato appare innegabile che le diversità, in alcune circostanze, possano rappresentare la migliore risposta all'esigenza di adattare l'intervento a contesti territoriali estremamente diversificati, dall'altro si registra come alcune scelte regionali avrebbero potuto essere più uniformi, soprattutto con riferimento a territori molto simili per morfologia e struttura agricola.
In conclusione. appare auspicabile che le politiche comunitarie e nazionali, nel sostenere il processo di ringiovanimento dell'agricoltura italiana, agiscano tenendo presente lo scenario complessivo, associando al necessario sostegno economico, misure strutturali in grado di incidere concretamente sulla scelta di partecipare ai processi produttivi agricoli da parte dei giovani.
Mate Merenyi, Umberto Selmi
ISMEA
PianetaPSR numero 134 maggio 2024