Mettere le basi per favorire la creazione di una rete di stakeholders del territorio eporediese uniti da tematiche di comune interesse quali la tutela delle risorse naturali e dei beni comuni, la circolarità della cultura e la transizione ecologica. Questo è stato l'obiettivo dell'evento "Terre di comunità, l'uso sociale del territorio", organizzato a Ivrea (To) da Officine Terzo Settore, Legambiente Dora Baltea, Zac! (Zone attive di cittadinanza) e CREA -Rete Rurale Nazionale, nell'ambito dell'edizione 2024 del Festival dello Sviluppo Sostenibile ASVIS, di cui il CREA è partner scientifico.
In particolare, nel corso dell'appuntamento si è posta l'attenzione sulle opportunità di creare relazioni tra i diversi attori nell'ambito di iniziative di agricoltura sociale, così da immaginare modelli amministrativi condivisi. I partecipanti erano imprenditori agricoli, operatori sanitari, persone che si occupano di attività educativa, ricercatori, amministratori pubblici, associazioni e società civile. Le diverse competenze dei partecipanti hanno arricchito molto la discussione creando un ambiente di confronto multidisciplinare. L'evento è stato organizzato in due sessioni, il primo di carattere seminariale ha previsto due interventi a cura del CREA e di Labsus e il secondo di co-progettazione su tre tematiche: welfare rigenerativo territoriale, didattica ed educazione, recupero dei terreni abbandonati.
L'intervento del CREA Politiche e Bioeconomia ha fornito una fotografia dell'agricoltura sociale dal punto di vista normativo, di diffusione sul territorio italiano e sulle sue principali caratteristiche. L'agricoltura è uno strumento in grado di intercettare alcune necessità o fabbisogni del territorio, offrire nuovi sevizi e generare benessere sociale ed economico per la comunità. Si è evidenziato il carattere inclusivo che caratterizza l'agricoltura sociale italiana quale opportunità di inserimento socio-lavorativo per persone a bassa contrattualità (persone con disabilità fisico o psichico, psichiatrici, dipendenti da alcool o droghe, detenuti o ex-detenuti, ecc.), ma anche le altre funzioni riconosciute dalla Legge 141/2015 ovvero le prestazioni e servizi di riabilitazione e co-terapia, le prestazioni e le attività sociali e di servizio per le comunità locali e i progetti finalizzati all'educazione ambientale e alimentare, alla salvaguardia della biodiversità.
Ampliando lo sguardo si è parlato dell'opportunità che le attività di agricoltura sociale potrebbero avere nell'utilizzo di terreni marginali e abbandonati ma anche di terre pubbliche, appartenenti a fondazioni o confiscate alla mafia. Si tratta di un fenomeno che secondo l'ultimo censimento dell'agricoltura riguarda quasi un migliaio di aziende delle quali circa il 50% è localizzato nel Nord Italia e di queste oltre 70 realtà cono presenti in Piemonte.
La trasversalità dell'agricoltura sociale fra i vari settori se, da un lato, può considerarsi un punto di forza, dall'altro implica la capacità di creare relazioni tra soggetti con diverse professionalità. La realizzazione di questi progetti comporta inoltre importanti cambiamenti all'interno dell'azienda che riguardano sia gli aspetti tecnici (meccanizzazione, tecniche colturali, varietà, adeguamenti locali, ecc.) sia dei canali di commercializzazione e comunicazione ma, più nel profondo, di un adattamento della mission aziendale che deve tenere conto di altri obiettivi, oltre a quelli economici.
Labsus ha presentato le opportunità che il patto di collaborazione e il modello dell'amministrazione condivisa possano avere nell'ambito delle esperienze di agricoltura sociale. L'Amministrazione condivisa è uno giuridico innovativo a carattere collaborativo che consente di valorizzare le risorse di una comunità mettendo in rete le competenze individuali ed è un modello pienamente riconosciuto al pari di quello dell'amministrazione tradizionale, codificato, in particolare, nel Codice del Terzo settore, in cui i soggetti collettivi non vengono considerati portatori di interessi contrapposti ma alleati per perseguire, insieme alla pubblica amministrazione, finalità di interesse generale. Attua i principi di sussidiarietà orizzontale presenti nella Costituzione (in particolare negli articoli 117, co. 6 e 118, co. 4), senza la necessaria (e usuale) intermediazione legislativa, garantendo, altresì, rapidità nell'iter di approvazione, adattabilità rispetto alle peculiarità territoriali e facilità nella eventuale fase di modificazione.
Il Patto di collaborazione invece è un accordo attraverso il quale uno o più cittadini attivi e un soggetto pubblico definiscono i termini della collaborazione per la cura di beni comuni materiali e immateriali. In particolare, il Patto individua il bene comune, gli obiettivi del Patto, l'interesse generale da tutelare, le capacità, le competenze, le risorse dei sottoscrittori (quindi anche dei soggetti pubblici), la durata del Patto e le responsabilità.
Il tavolo di lavoro ha individuato tra le risorse e le competenze disponibili sul territorio, quelle legate alle caratteristiche delle aziende, alla capacità del territorio di fare rete e alla possibilità di accedere a strumenti per favorire l'inclusione socio lavorativa. Tra le esigenze che emergono ci sono la mancanza di opportunità per determinate fasce di popolazione, la comunicazione e le disponibilità finanziarie. Si tratta di un territorio che offre grande versatilità e capitale sociale mentre le principali difficoltà sono di carattere burocratico e amministrativo.
Sono state segnalate alcune buone pratiche attive sul territorio come alcuni patti di collaborazione, l'emporio solidale, la bottega gestita da soggetti fragili, così come le aziende che forniscono servizi per l'infanzia o di terapia assistita con gli animali, i gruppi di acquisto solidale e l'esperienza, ormai conclusa, del badante agricolo di comunità.
I partecipanti al tavolo della didattica hanno fatto emergere la necessità per gli studenti di tutti gli ordini e i gradi scolastici di essere avvicinati alla realtà agricole e, più in generale, ai cicli biologici naturali. Si è ritenuto importante sottolineare come la scuola offra agli alunni molti strumenti tecnologici a discapito di attività all'aperto a contatto con l'ambiente e con la natura. Si è parlato di quanto questa difficoltà diventi maggiore all'aumentare dell'età degli studenti a causa dalla presenza di programmi molto fitti che non lasciano spazio per attività extra curricolari. Gli imprenditori agricoli che hanno partecipato al tavolo hanno lamentato alcune difficoltà burocratiche nell'attivare progetti educativi, pur portando esperienze molto positive delle attività che sono riusciti a realizzare.
In conclusione, si è sottolineata l'importanza di un ente intermedio che riesca a connettere le possibilità offerte dalle aziende agricole con le esigenze delle scuole, provando anche a cogliere le opportunità che i bandi pubblici possono dare per la realizzazione di realtà di agricoltura sociale fruibili dalle scuole.
In questo tavolo i partecipanti si sono interrogati sulla normativa vigente riguardo i terreni abbandonati o silenti per capire quali sono le possibilità di recupero. Prima di concentrare l'attenzione sulle azioni che possono essere realizzate, si è cercato di comprendere le motivazioni che hanno portato all'abbandono di quei terreni. Ci si è interrogati su quali fossero le loro destinazioni d'uso originarie, le loro specificità e le caratteristiche delle zone in cui insiste questo fenomeno.
Si è parlato dell'importanza della cittadinanza attiva per il recupero di questi terreni creando una rete di persone con competenze divere in favore di progetti di multifunzionalità agricola. Questo potrebbe portare alla nascita di soggetti a natura collaborativa come accade nei consorzi o nelle associazioni fondiarie.
Patrizia Borsotto*, Francesca Moino*; Laura Morezzi **
*CREA-PB
** Officine Terzo Settore
PianetaPSR numero 135 giugno 2024