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Ambiente

Approvato il Regolamento sul ripristino della natura: cosa comporta per gli agricoltori

Un focus sul provvedimento e sull'indicatore agricolo concernente il carbonio organico. 

Dopo un lungo percorso negoziale, il 17 giugno il Consiglio europeo ha dato il via libera definitivo al Regolamento sul ripristino della natura. Al riguardo, pur comprendendo la rilevanza della tematica, l'Italia con la Svezia, la Finlandia, i Paesi Bassi, l'Ungheria e la Polonia ha espresso parere contrario alla proposta normativa.

Le ragioni alla base del Regolamento

Dall'analisi della Relazione sullo stato della natura, redatta nel 2020, la Commissione europea ha rilevato che non si è arginato il declino degli habitat e delle specie protette nel territorio dell'Unione nonostante l'emanazione di direttive e l'elaborazione di apposite strategie.

Pertanto il Regolamento proposto ha la finalità di fornire obiettivi giuridicamente vincolanti per il ripristino degli ecosistemi degradati (terrestri, costieri, marini, di acqua dolce, agricoli, forestali e urbani) per gli Stati membri, al fine sia di garantire il recupero della natura resiliente in tutto il territorio dell'Unione che di contribuire al raggiungimento degli intenti del Green Deal in materia di biodiversità, di mitigazione dei cambiamenti climatici e di adattamento ai medesimi.

Il Regolamento integrerà la direttiva Uccelli selvatici (Direttiva 2009/147/CE) ed Habitat (Direttiva 92/43/CEE), la direttiva quadro Acque (Direttiva 2000/60/CE) e la direttiva quadro per l'Ambiente marino (Direttiva 2008/56/CE). Inoltre, dovrà garantire la sinergia tra le tematiche inerenti la natura ed il cambiamento climatico. Gli obiettivi e gli indicatori stabiliti nella proposta della Commissione mirano a migliorare la cooperazione tra le azioni in materia di biodiversità e quelle relative ad altre politiche dell'UE come, ad esempio, la Politica agricola comune e il Regolamento UE n. 2018/1999, cd. Normativa europea sul clima, in corso di revisione ed approvazione.

Cosa prevede

Il Regolamento prevede, entro il 2030, sia il ripristino del 20% delle aree marittime e terrestri presenti in Europa che il miglioramento del 30% degli ecosistemi degradati o che non presentano buone condizioni. Tale percentuale verrà incrementata al 60% entro il 2040 e al 90% da qui al 2050. Tutti gli habitat che riusciranno a migliorare il loro stato grazie alle misure adottate dovranno poi essere soggetti ad azioni di monitoraggio e preservazione al fine di scongiurarne il deterioramento.

Per la tutela degli organismi impollinatori (articolo 10) dispone che gli Stati membri adottino tempestivamente misure adeguate ed efficaci al fine sia di invertire il declino delle popolazioni di impollinatori al più tardi entro il 2030 e, successivamente, di garantire una tendenza crescente delle popolazioni di impollinatori.

Per il settore agricolo (articolo 11), gli indicatori presi in considerazione riguardano l'indice delle farfalle comuni, lo stock di carbonio organico nei terreni minerali coltivati e la percentuale di superficie agricola con elementi caratteristici del paesaggio aventi elevata diversità. Il Regolamento prevede che gli Stati membri mettano in atto misure volte a garantire una tendenza all'aumento a livello nazionale per ciascuno degli indicatori sopramenzionati. Per i suoli agricoli che costituiscono torbiere drenanti, inoltre, gli Stati membri devono individuare ed attuare misure di ripristino in grado di garantire il raggiungimento dei target prefissati entro il 2030, 2040 e 2050.

Gli Stati membri devono altresì mettere in atto misure volte a conseguire una tendenza crescente a livello nazionale di almeno due dei tre suddetti indicatori per gli ecosistemi agricoli.

Per il settore forestale (articolo 12) il provvedimento stabilisce che gli Stati membri dovranno garantire una tendenza crescente a livello nazionale di almeno sei dei seguenti sette indicatori:

Gli Stati membri - sia nella pianificazione ed attuazione delle misure di ripristino necessarie per migliorare la biodiversità negli ecosistemi forestali che nell'individuazione degli indicatori soddisfacenti per le foreste - dovranno tenere conto dei rischi connessi agli incendi boschivi. Pertanto gli Stati membri dovranno utilizzare le migliori pratiche per ridurre tali rischi, come illustrato negli orientamenti della Commissione europea sulla prevenzione degli incendi boschivi terrestri pubblicati nel 2021.

Infine gli dovranno anche redigere Piani nazionali di ripristino dettagliati e puntuali sulla base delle migliori evidenze scientifiche disponibili tenendo in considerazione le condizioni e le esigenze specifiche del proprio territorio. Tali Piani dovranno essere revisionati ogni due anni e trasmessi alla Commissione.

La posizione del Masaf sull'analisi dell'indicatore agricolo relativo al carbonio organico

Nel corso del negoziato il Masaf ha evidenziato la necessità di prevedere indicatori agricoli direttamente connessi sia alla valutazione della biodiversità come, ad esempio, l'indicatore riguardante la biomassa microbica, l'attività enzimatica, i nematodi e i lombrichi sia indicatori di tipo ecologico come il QBS-ar (qualità biologica del suolo) al fine di considerare ogni gruppo tassonomico di microartropodi presenti nel suolo.

Questa posizione non è stata però mai recepita nella normativa, mentre è stata accolta nella proposta normativa della Direttiva sul monitoraggio e la resilienza del suolo. 

In particolare, rispetto all'indicatore di carbonio, il Masaf rileva che la Strategia dell'Unione Europea sul suolo, avente da un punto di vista giuridico solo un valore d'indirizzo, prevede di considerare, possibilmente nel contesto della legge sul ripristino della natura, l'adozione di misure per il miglioramento della biodiversità nei terreni agricoli che possano contribuire alla conservazione e all'incremento del carbonio organico nel suolo. Tuttavia tale indicazione non implica la necessità di disporre un obiettivo vincolante inerente al carbonio organico nei terreni minerali. 

Inoltre l'indicatore sul carbonio organico non è in grado di evidenziare i risultati raggiunti in termini di biodiversità in quanto non esiste una correlazione univoca tra l'incremento della biodiversità e l'aumento della sostanza organica nei suoli. È, infatti, prevista una connessione tra l'aumento della sostanza organica e quella dei microrganismi presenti nel suolo, ma ciò non si traduce in termini di qualità.
Occorre considerare sia le numerose difficoltà oggettive relative al lasso temporale nel quale si ravvisano i risultati di incremento della sostanza organica nei suoli, che il connubio tra condizioni meteo-climatiche, area geografica e pratica attuata dall'agricoltore. 

In situazioni di clima caldo-arido gli effetti dei cambiamenti climatici incidono sia sulla modifica del regime delle precipitazioni che sulla diffusione delle pratiche di gestione sostenibile del suolo.
Al fine di garantire la produzione agro-alimentare le pratiche agro-ecologiche e conservative devono essere sostituite con quelle tradizionali inerenti l'aratura e la sarchiatura.

Le lavorazioni profonde possono sia incrementare la porosità del terreno e, conseguentemente, la capacità d'invaso, che rimuovere o contenere le piante infestanti che determinano un maggior consumo delle riserve idriche del terreno. Nel dettaglio l'aratura profonda eseguita prima delle precipitazioni incrementa la permeabilità del terreno, la sua porosità e capacità d'invaso al fine di evitare che le acque in eccesso tendano a defluire o a ristagnare in superficie, con conseguenti perdite per ruscellamento o per evaporazione.
La sarchiatura rimuove le piante infestanti per impedire la loro competizione nell'assorbimento dell'acqua con le specie coltivate. Inoltre tale lavorazione evita la risalita capillare dell'acqua e la successiva evaporazione.

Per l'Italia, pertanto, occorre evitare di mettere in atto misure volte a conseguire una tendenza crescente a livello nazionale per tale indicatore.

 
 

Ilaria Falconi

 
 

PianetaPSR numero 135 giugno 2024