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Le piante officinali e i possibili percorsi di aggregazione

Un approfondimento sulla filiera e sulle sue prospettive, con un focus sulla Calabria, dove il tema è stato al centro di due appuntamenti organizzati dalla Rete Rurale Nazionale alla fine di giugno.

Lo stato dell'arte della filiera e le sue prospettive nel quadro della PAC 2023-2027, con un focus sulla situazione calabrese, sono stati al centro di due appuntamenti organizzati dalla Rete Rurale Nazionale nell'ambito della prima rassegna regionale sul mondo degli amari, dei distillati e degli "Spirits", che si è tenuta il 28 e 29 giugno a Fuscaldo (CS).

Il contesto nazionale

Benché da più parti venga richiamato il trend di crescita del settore delle piante officinali e aromatiche (PO) nazionali, la scarsità di dati non permette di cogliere le effettive potenzialità della filiera, né di comprenderne appieno le opportunità future. Allo stato attuale, infatti, gli ultimi dati riferiti ad una fonte ufficiale risalgono al Piano di settore del 2013 [1]. Per conoscere le dimensioni del settore occorre, dunque, fare riferimento a delle stime che, per via della natura del dato, portano a risultati differenti tra loro.

Secondo le elaborazioni della Federazione Italiana Produttori di Piante Officinali (FIPPO), escludendo il fresco da industria, l'ortofrutticolo e il coriandolo da seme, la superficie totale al 2022 non supererebbe i 9 mila ettari, interessando all'incirca 130 specie coltivate e coinvolgendo 430-450 produttori specializzati [2].

Secondo le stime effettuate su dati dell'Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA) (Licciardo et al., 2023; Macaluso et al., 2024), la superficie nazionale al 2019 sarebbe molto più estesa, superando i 35 mila ettari, e sarebbero coinvolte più di 22 mila aziende. Tali dati, tuttavia, ricomprendono un numero limitato di specie (solo 52) rispetto al più ampio elenco ministeriale [3] e, diversamente da FIPPO, comprendono diverse specie di PO ortofrutticole e il coriandolo.

Se si passa a considerare i dati EUROSTAT al 2016, le PO in Italia occuperebbero una superficie pari a 24.160 ettari, coinvolgendo 6.240 aziende (D'Oronzio et al., 2023). Un aspetto interessante di tale fonte è la possibilità di effettuare un raffronto con il 2013, dal quale emerge la forte crescita sia in termini di superfice (+215%), sia di aziende (+110%) intercorsa nel periodo considerato [4] .
Con riferito alle materie prime non trasformate, si stima che il mercato europeo valga circa 4-5 miliardi di euro all'anno. Dati più recenti, presentati al Macfrut nel maggio 2023, indicano un valore delle PO in Italia intorno al miliardo di euro, con importanti prospettive di espansione. Tale valore troverebbe conferma anche nelle valutazioni della FIPPO (0,7 e 1,1 miliardi di euro).
A livello mondiale, il continente asiatico rappresenta la principale area di produzione, trainata da India e Cina.

Il potenziale regionale

Il settore delle PO in Calabria comprende diverse specie, sia coltivate, sia spontanee. Il patrimonio etnobotanico regionale determina la maggiore diffusione di alcune specie rispetto ad altre e, al contempo, caratterizza alcuni territori. Si pensi, ad esempio, alla presenza del bergamotto nella provincia di Reggio Calabria e a quella del cedro nella fascia costiera dell'Alto Tirreno cosentino.
L'ARSAC (Iuliano, 2021) ha censito la presenza di undici specie officinali coltivate sul territorio regionale, per un patrimonio stimato di circa 3 mila ettari, pari allo 0,6% della SAU calabrese. Tuttavia, la quasi totalità delle superfici (97%) è interessata dalla presenza di tre piante storiche: bergamotto (1.800 ha), liquirizia (1.000 ha) e cedro (100 ha).
Di una certa rilevanza sono anche l'origano (35 ha), che nel corso dell'ultimo decennio ha visto il passaggio dalla raccolta spontanea alla sua coltivazione, e il goji, per il quale è stata censita una superficie di 38 ha in un'unica azienda produttrice. Le altre colture (lavanda, zafferano, salvia, alloro, rosmarino, gelsomino) riguardano areali piuttosto modesti con estensione compresa tra i 3,5 ha e i 5 ha (figura 1).
Sempre secondo l'ARSAC, la raccolta dallo spontaneo riguarda liquirizia, origano, finocchio selvatico, ginestra, mirto, anice selvatico, elicriso e carciofo selvatico. Solo nel caso del mirto e dell'elicriso si registra la presenza di raccoglitori provenienti anche da fuori regione (Iuliano, 2021).
In termini di aziende interessate dalle diverse colture, i dati AGEA indicano la presenza di 1.730 unità al 2019 (l'1,8% delle aziende agricole calabresi).

Le realtà vivaistiche calabresi produttrici di PO sono tre, così come quelle per la produzione di quarta gamma (Iuliano, 2021), mentre la rete dei grossisti è rappresentata da una decina di soggetti.

Sulla base dei dati riportati è possibile rilevare come il settore delle PO in Calabria risulti piuttosto frammentato, soprattutto in conseguenza della ridotta scala produttiva, vincolando le imprese in termini di competitività, accesso al mercato e valorizzazione delle produzioni.

Il sostegno all'aggregazione di filiera nello sviluppo rurale

Le PO stanno riscuotendo un interesse sempre maggiore in termini economici, grazie alle diverse possibili utilizzazioni, che vanno da quella alimentare a quella cosmetico, da quella farmaceutico a quella dei fitofarmaci, o della mangimistica, per citarne alcuni. Tuttavia, in molte realtà regionali la filiera è poco o per niente strutturata e presenta numerose difficoltà di aggregazione tra le piccole aziende agricole e tra queste e gli altri anelli della filiera (vivaisti, trasformatori, grossisti).

A tal proposito, di seguito vengono riportati gli strumenti di governance collettiva utilizzati nei Programmi di Sviluppo Rurale 2014-2022 per favorire i processi di integrazione tra attori nella filiera delle PO. Viene altresì richiamato il quadro di interventi della programmazione attuale a supporto del rafforzamento dei processi di aggregazione.

L'esperienza 2014-2022

Nell'ambito degli strumenti di governance collettiva, la Progettazione Integrata di Filiera (PIF) ha dato un forte impulso allo sviluppo di progetti collettivi.

A fine programmazione, solo quattro Regioni su nove di quelle che hanno adottato i PIF hanno finanziato iniziative di collaborazione nel settore delle PO: Emilia-Romagna, Toscana, Sardegna e Basilicata. Nel complesso, si tratta del 2% dei progetti approvati pari a 7,7 milioni di euro delle risorse destinate ai PIF, che dimostra come questa forma di aggregazione abbia creato legami anche all'interno di filiere tipicamente più frammentate.

Mediamente un PIF ha un costo pubblico di circa 2,7 milioni di euro; nel caso delle PO il finanziamento pubblico medio è stato di 1,3 milioni di euro, con un valore massimo di 1,9 milioni nel caso del progetto lucano sulle erbe officinali e un minimo di 689 mila euro nel caso del PIF del PSR Toscana.

I progetti integrati si caratterizzano per l'attivazione simultanea di più misure finalizzate al raggiungimento di un obiettivo specifico, intorno al quale viene costruito il partenariato. Nel caso delle PO, lo strumento è stato ideato per favorire la competitività sistemica della filiera (aziende agricole, imprese di trasformazione primaria e secondaria, imprese di commercializzazione, soggetti pubblici, enti di ricerca, ecc.) mediante l'attivazione sinergica di misure a supporto degli investimenti aziendali, della diversificazione delle attività agricole e della innovazione tecnologica e sostegno alle produzioni di qualità. La misura 16.2, in particolare, è finalizzata sia alla verifica e al collaudo di specifiche innovazioni già messe a punto dalla ricerca, sia all'adattamento e all'introduzione di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie già esistenti, anche di quelle collaudate altrove o per filiere differenti da quella oggetto dell'intervento.

I PIF nel settore delle PO hanno coinvolto complessivamente 62 soggetti di varia natura. In media, un partenariato è composto da circa 8 attori, anche se la situazione è abbastanza variegata: in Emilia-Romagna, ad esempio, una sola iniziativa progettuale (http://www.sativa.it/c37-professional/) vede coinvolti 24 partner. Le aziende agricole rappresentano circa l'88% dei soggetti partner, seguono le società cooperative (8%) e un piccolo gruppo di altri soggetti, tra cui Università ed Enti di Ricerca, consorzi, associazioni di categoria e organizzazioni professionali, la cui funzione è di accompagnare con misure specifiche le attività economiche previste dal progetto di filiera.

Relativamente alle altre forme di governance collettiva, nello studio di Cristiano et al. (2024) si è analizzato il contributo dei Gruppi Operativi (GO) del PEI-AGRI al settore agricolo attraverso iniziative di cooperazione multi-attore. Tra i 730 GO approvati in Italia fino al 2013, 10 progetti riguardavano aziende coltivatrici di (PO) in 6 regioni (Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Campania, Basilicata e Sicilia), con un investimento totale di circa 3,5 milioni di euro. Le innovazioni hanno coinvolto le filiere orticole, florovivaistiche e industriali, migliorando prodotti e processi come tecniche di coltivazione, raccolta, lavorazione ed estrazione di oli essenziali. In particolare, sono stati introdotti prototipi di macchinari e tecnologie per le varie fasi produttive e l'estrazione di oli essenziali e principi attivi.

3.2 La programmazione 2023-2027

La promozione di processi collaborativi riveste un aspetto cruciale nell'ambito della PAC 2023-2027 e, in tale prospettiva, il Piano Strategico della PAC (PSP), anche valorizzando le esperienze passate, mira a favorire l'integrazione lungo l'intera filiera agro-alimentare e forestale e a sostegno dei processi di sviluppo dei territori rurali. L'obiettivo principale è la creazione di relazioni stabili e trasparenti tra gli attori, nonché la concentrazione delle risorse su obiettivi condivisi e diversificati. Il Programma, travalicando gli adempimenti comunitari, identifica nelle forme di collaborazione lungo la filiera anche un elemento chiave per aumentare la competitività dell'intero sistema agricolo (Licciardo & Tarangioli, 2023a).

La strategia di aggregazione è sostenuta dal rafforzamento del ruolo delle Organizzazioni dei Produttori (OP) e Associazioni delle Organizzazioni dei Produttori (AOP) nell'ambito degli interventi settoriali [5], e la misura di cooperazione della politica di sviluppo rurale che incentiva varie forme di integrazione.

Nell'ambito dello sviluppo rurale, il principale intervento a sostegno del coordinamento e dell'integrazione è "la cooperazione" di cui all'art. 77 del Reg. (UE) n. 2021/2115 (Licciardo & Tarangioli, 2023b). L'intervento, nella declinazione che si sono date le regioni italiane, prevede diverse forme di cooperazione per lo sviluppo delle filiere agro-alimentari: Costituzione organizzazione di produttori (SRG02); Partecipazione a regimi di qualità (SRG03); Promozione prodotti di qualità (SRG10).

In aggiunta, quasi tutte le regioni proseguiranno nell'utilizzo di incentivi mirati, come i progetti integrati [6] e i progetti collettivi, il cui obiettivo è la creazione di filiere agro-alimentari e forestali multiattore.

Alcuni spunti di riflessione

Negli ultimi anni, in Italia, si è manifestato un rinnovato interesse verso produzioni agricole alternative caratterizzate sia da una marcata sostenibilità ambientale sia dalla capacità di integrare il reddito agricolo. Tra queste, le PO emergono come una via per diversificare le produzioni e valorizzare terreni marginali, attirando risorse e investimenti e favorendo l'occupazione, soprattutto giovanile, lungo l'intera filiera.

Lo studio di Macaluso et al. (2024) ha evidenziato la funzione complementare delle PO [7] all'interno dei sistemi produttivi di un campione di 253 aziende agricole italiane. Le coltivazioni di officinali sono spesso associate a modelli aziendali evoluti orientati alla multifunzionalità. Il confronto tra le aziende selezionate e il resto del campione ha dimostrato che l'incidenza delle aziende che praticano attività connesse è decisamente più elevata dove sono presenti le specie officinali (27% contro il 16% del resto del campione). Anche considerando solo l'agriturismo, lo scarto risulta evidente (9% contro 4%), con una differenza ancora più marcata nel caso delle aziende che si avvalgono della vendita diretta (25% contro 12%).

È fondamentale considerare che si tratta di un mercato complesso che, nonostante la crescita degli ultimi anni, in Italia è ancora caratterizzato da volumi produttivi limitati, rendendo i produttori vulnerabili alle fluttuazioni dei mercati internazionali. Per affrontare queste sfide, è necessaria una strategia di crescita ben ponderata, anche in considerazione dello spirito identitario che sono in grado di dare ai territori, capace di garantire la qualificazione dell'offerta favorendo l'introduzione di innovazioni.

 
 

Note

  • [1] https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/7562
  • [2] https://terraevita.edagricole.it/economia-e-politica-agricola/piante-officinali-produttori-masaf-subito-censimento-settore-trascurato/
  • [3] Il DM 29551 del 24 gennaio 2022 stabilisce l'elenco delle specie di piante officinali di cui all'art. 1 del decreto legislativo n. 75 del 21 maggio 2018.
  • [4] Anche i dati AGEA riferiti al quinquennio 2015-2019 evidenziano una espansione delle superfici dedicate alla coltivazione di PO, così come delle aziende agricole interessate. 
  • [5] Il PSP prevede il finanziamento dei Programmi Operativi delle OP presenti nel settore dell'ortofrutta, in quello olivicolo-oleario e nel comparto delle patate. Si tratta di filiere in cui l'OP è tradizionalmente presente e quindi può presentare un Programma operativo, oltre che rispondere ai requisiti minimi di accesso imposti dalla legislazione.
  • [6] Secondo quanto riportato nei CSR regionali, quasi tutte le Regioni attiveranno la Progettazione Integrata, ad eccezione del Lazio, delle due Province Autonome di Trento e Bolzano e della Valle d'Aosta.
  • [7] Per l'esame della redditività dei singoli processi produttivi, lo studio ha considerato solo quelle specie maggiormente rappresentate nel campione: zafferano, rosmarino, lavanda, origano, salvia e il gruppo «altre piante aromatiche».
 
 

Bibliografia

  • *    Assirelli A. (2023), Officinali: la prossima sfida è meccanizzare. L'informatore Agrario, n. 41/2023, pp. 50-52;
  • *    Carbone K., Licciardo F., Tarangioli S., D'Oronzio M.A., Assirelli A., Manzo A. (2022), Le piante officinali, colture alternative da reddito, L'informatore Agrario, n. 19/2022, pp. 51-54;
  • *    Cristiano S., Carta V., D'Oronzio M.A. (2024), La cooperazione per l'innovazione in materia di piante officinali in Italia, PianetaPSR n. 130, gennaio 2024, Roma, ISSN 2532-8115;
  • *    D'Oronzio M.A., De Luca D., Grigoriadou K., Lettieri T., Maloupa E., Papanastasi K., Ricciardi D., Thymakis N. (2023), La biodiversità delle piante officinali. Tra storia, tradizioni, economia. Quaderno realizzato nell'ambito del progetto Medicinal Plants in a Sustainable Supply chain. Experience of land-use practices (Meplasus);
  • *    Iuliano L. (2021), La realtà di produzione delle piante officinali in Calabria, Agrifoglio n.103, Maggio-Giugno 2021
  • *    Licciardo F., Macaluso D., Perinotto M., Carbone K., Manzo A., Ievoli C. (2024), Sostenere la cooperazione nella filiera delle piante officinali. L'informatore Agrario, n. 7/2024, pp. 49-53;
  • *    Licciardo F., Macaluso D., Carbone K., Manzo A., Ievoli C. (2023), Piante officinali in Italia: quali sono e dove si coltivano. L'informatore Agrario, n. 41/2023, pp. 47-49;
  • *    Licciardo F., Tarangioli S. (a cura di) (2023a), Il supporto dei PSR 2014-2022 all'aggregazione di filiera. Attuazione fisica e finanziaria della Misura 9 - Costituzione di associazioni e organizzazioni di produttori, Rapporto, Rete Rurale Nazionale, MASAF, Roma. ISBN 9788833852577.
  • *    Licciardo F., Tarangioli S. (2023b), Prevale l'individualismo e le Regioni disinvestono, Terra è vita, n. 13/2023, pp. 38-42.
  • *    Macaluso D., Licciardo F., Carbone K., Manzo A., Ievoli C. (2024), Piante officinali, remunerative ma serve una strategia. L'informatore Agrario, n. 3/2024, pp. 43-47;
  • *    Macaluso D., Licciardo F., Carbone K. (2024), Farming of Medicinal and Aromatic Plants in Italy: Structural Features and Economic Results. Agriculture 2024, 14, 151. https://doi.org/10.3390/agriculture14010151;
  • *    Verrascina M., D'Oronzio M.A., Ricciardi D., De Luca D., Romaniello A.L. (2023), Le aziende lucane del comparto delle piante officinali: analisi dei principali fabbisogni tecnologici e formativi. CREA - Centro di Ricerca Politiche e Bioeconomia, Roma. ISBN 978883385267.
  • *    Voltolina G. (2017), Le piante officinali. Dalla coltivazione alla vendita nell'azienda agricola multifunzionale, Edizioni L'Informatore Agrario srl.
 
 

Francesco Licciardo, Maria Rosaria Pupo D'Andrea
CREA PB

 
 

PianetaPSR numero 136 luglio/agosto 2024