A Corigliano-Rossano, Comune della Piana di Sibari in Calabria, in determinati periodi dell'anno, arrivano centinaia di braccianti per sopperire alla mancanza di manodopera locale. Ciò comporta anche un aumento delle richieste di servizi di base - abitativi, di mobilità, di cura - in un contesto locale di per sé poco attrezzato. L'urgenza di affrontare e stemperare tali criticità strutturali ha spinto il comune di Corigliano-Rossano ad attivare, negli ultimi anni, grazie anche ai finanziamenti comunitari e nazionali, una serie di progettualità tese a favorire l'inclusione economica e sociale dei lavoratori stranieri, nonché a chiedere approfondimenti tematici sul tema, di cui uno realizzato dal CREA Centro Politiche e Bioeconomia.
Nello specifico, lo studio "L'impiego della manodopera agricola straniera fra spinte economiche e aspettative sociali" è stato realizzato nell'ambito delle attività della Rete Rurale Nazionale a seguito della stipula, nel dicembre 2022, di un Accordo di cooperazione fra il comune di Corigliano-Rossano e il CREA, finalizzato a:
In questo articolo si riportano i principali risultati dell'indagine su campo, rimandando, per approfondimenti, ai due Rapporti di ricerca consultabili sul sito della Rete Rurale Nazionale.
La componente migratoria impiegata nel settore agricolo del comune di Corigliano-Rossano si inserisce in un sistema territoriale più ampio (Piana di Sibari) dove, la natura stagionale dei comparti produttivi trainanti (colture drupacee, seguite da quelle agrumicole e olivicole) esprime, all'origine, una domanda di lavoro estremamente flessibile e mobile, da attivare in tempi brevi per soddisfare le concentrate esigenze produttive locali. Le aziende agricole locali impiegano la quasi totalità della manodopera agricola in un lasso di tempo che va da ottobre ad agosto, con picchi concentrati nei mesi di ottobre-dicembre (agrumi e olive), luglio-agosto (pesche e albicocche).
I flussi migratori in loco sono caratterizzati da varietà e complessità, determinate dalla copresenza di migranti di diverse nazionalità ed etnie (europea dell'est, africana, asiatica), arrivati in tempi diversi (spesso per un effetto sostituzione) e che si portano dietro, a loro volta, diverse sfumature nelle loro dinamiche migratorie.
Dinamiche migratorie differenziate con fabbisogni diversificati che assumono ampiezza e intensità a seconda del proprio progetto di vita. Quello che emerge è che la durata temporale dello status di migrante in loco determina il grado di aspettativa che lo stesso ha nei confronti della propria condizione lavorativa: meno si resta più aumenta la flessibilità ad affrontare situazioni lavorative - ma anche abitative e sociali - disagiate, investendo, a livello professionale, il minimo necessario per svolgere le mansioni richieste.
Il ricambio continuo della manodopera agricola, pur se destinata finora principalmente a mansioni generiche, comporta per le aziende locali un investimento di tempo e di risorse, necessari per intercettare e organizzare, campagna per campagna, le squadre (interloquire con figure intermedie che operano spesso al di fuori dei canali ufficiali di reclutamento); affrontare la fluidità e la mutevolezza della manodopera straniera in relazione ai sempre più complessi adempimenti burocratici da adottare (pratiche per assunzione, acquisizione da parte della manodopera delle nozioni di norme di sicurezza, etc.) nonché al rispetto delle regole dei processi organizzativi del lavoro (puntualità, produttività, presenza quotidiana, ecc.). Ciò è soprattutto vero per quelle aziende, di media e grande dimensione, che, abbracciando processi associativi quali le cooperative e le Organizzazioni dei Produttori, sono sempre più orientate a internalizzare le differenti fasi della produzione, così da rispondere in maniera più efficace alle richieste della Grande Distribuzione e dei mercati esteri. Da parte loro si coglie l'interesse a "fidelizzare" la manodopera agricola impiegata, provando ad applicare contratti di lavoro (accordi interaziendali) che permettano ai lavoratori di estendere la loro prestazione nell'arco dell'anno (dinamiche circolari), spostandosi fra diverse aziende locali (Piana di Sibari) o dislocate nei territori confinanti (metapontino, area del crotonese).
La prospettiva di un contratto di lavoro equo, con condizioni di lavoro non basta. Dalla nostra indagine è emerso come sia strategico intervenire sulla componente sociale, con interventi volti a garantire un livello di vita sociale qualitativo tale da indurre le persone a restare o almeno permanere per periodi medio-lunghi, e quindi sopperire alla mancanza di politiche efficaci di welfare e di sostegno ai/alle braccianti con responsabilità familiari.
Di fatto, le regole di ingaggio della manodopera straniera nel settore agricolo, nonché l'accesso ai servizi legati al mondo del lavoro (formazione, rappresentanza sindacale, ecc.), pur se basilari e predominanti, si accompagnano anche ad altre dimensioni impattanti sull'esistenza del migrante. Dette regole si muovono parallelamente a tutta una serie di prestazioni/condizioni che rappresentano dei nodi cruciali per favorire l'inclusione dei migranti nel tessuto socioeconomico locale. Fra esse rientrano, a pieno titolo, l'accesso alle prestazioni impattanti sulla sfera sociale (rilascio di permessi di soggiorno, prestazione di sostegno economico, psicologico) e sanitaria individuale (prestazioni mediche, riabilitative, ecc.); la disponibilità di un alloggio dignitoso per sé e, se presente, per il proprio nucleo familiare; l'utilizzo di un sistema di trasporto per raggiungere il luogo di lavoro, ma anche per accedere alle varie funzionalità sociali del contesto territoriale locale. Si tratta di ambiti che, nella realtà territoriale da noi analizzata, presentano, pur se con gradazioni e motivazioni differenziate, ampie criticità.
Lo è, ad esempio, il tema degli alloggi: a fronte di un patrimonio abitativo disponibile significativo, permane da parte dei migranti, una grossa difficoltà nel trovare un alloggio dignitoso per un periodo limitato di tempo e a prezzi economicamente sostenibili. La ricerca di un alloggio rappresenta un'emergenza e come tale viene affrontata. Per tamponare la situazione intervengono gli stessi datori di lavoro i quali, in alcune situazioni, si offrono di ricoprire il ruolo di garante con i proprietari di alloggi intercettati da loro stessi. Nella ricerca degli alloggi giocano un ruolo strategico anche alcune ONG che, nell'area, si sono fatte anche promotori di progetti di housing sociale, iniziative che, pur impattando in minima parte criticità abitativa persistente, sono strategiche, in quanto offrono spunti interessanti per potenziali pratiche da adottare nell'ambito di un percorso risolutivo del problema alloggio. Ad essi, ad esempio, ha fatto riferimento il comune di Corigliano-Rossano nel programmare la realizzazione di una foresteria.
Altra grossa criticità è rappresentata dal tema dei trasporti: il raggiungimento del posto di lavoro (campi e capannoni adibiti alla prima lavorazione), rappresenta un vero e proprio ostacolo, a meno che non si faccia parte di "squadre" gestite da mediatori che includono nel loro pacchetto di ingaggio anche questo tipo di servizio, a pagamento. Non aiuta certo il sistema dei trasporti pubblici, programmati in funzione di bisogni generali e non certo tarati su quelli dei lavoratori agricoli. Eppure, nonostante tale difficoltà, centinaia di persone, non automunite, riescono a spostarsi in loco per svolgere la loro attività lavorativa. Le soluzioni adottate per risolvere tale problematica sono varie: alcune ONG si fanno carico del problema mettendo a disposizione dei migranti i mezzi di trasporto, consegnando il mezzo agli stessi lavoratori; altre, in collaborazione con gli enti locali, offrono un servizio di navetta che prevede delle fermate in prossimità delle aziende agricole della Piana. Come per il tema dell'alloggio, anche in questo caso, dunque, si tratta di iniziative sperimentali che offrono spunti utili per adottare soluzioni di più ampia portata, le quali però comporterebbero necessariamente la scesa in campo di chi pianifica il sistema dei trasporti pubblici locali e regionali.
Il diritto alla legalità è una dimensione che accompagna il migrante sin dal suo arrivo in Italia e che condiziona il suo percorso di inclusione: rilascio del visto di soggiorno, apertura di un conto bancario, accesso allo SPID, rilascio del codice fiscale, della tessera sanitaria, del domicilio/residenza, ecc. Si tratta di acquisizione di status contrassegnati da adempimenti burocratici molto complessi, il cui accesso è spesso caratterizzato da procedure informatizzate e disponibili solo on line; che, quindi, richiedono non solo la padronanza dell'italiano e di nozioni informatiche, ma anche l'acquisizione di una mappa cognitiva sui soggetti deputati a fornire le prestazioni di cui sopra, nonché la loro localizzazione sul territorio.
Su questo fronte si muovono le ONG le quali, attraverso il loro operato, cercano di colmare vuoti istituzionali persistenti. Alcune di esse operano ormai da diversi anni in loco e riescono, pur fra mille difficoltà a garantire alcuni servizi essenziali, modulandoli in modo tale da renderli più accessibili ai migranti. Ci riferiamo, ad esempio, ai servizi di segretariato sociale - prima accoglienza e assistenza amministrativa-fiscale - svolti da CIDIS Onlus, a quelli di cura e di sostegno psicologico alla componente femminile dell'universo migratorio locale svolto da ActionAid attraverso lo sportello dedicato.
L'importanza dell'inclusione sociale è stata colta molto bene dal Comune, il quale sta investendo risorse finanziarie nella realizzazione di un Polo Sociale, dove poter usufruire di una molteplicità di servizi (accessibili sia ai migranti che ai locali). Tale scelta potrebbe rappresentare una molla per favorire relazioni trasversali fra i vari gruppi sociali - migranti e non - che vivono e lavorano nel comune di Corigliano-Rossano. La sedimentazione dei migranti per comunità etniche o per nazionalità di provenienza se, da un lato, rappresenta un punto di riferimento, dall'altro crea delle prese di distanze con gli altri individui, che spesso sfociano anche in atteggiamenti di chiusura e, in alcuni casi, di impronta razzista.
Si tratta di un quesito complesso e difficile da affrontare che richiede la scesa in campo di diversi attori. Sicuramente un ruolo strategico nella ricerca di soluzioni alternative alle attuali forme di utilizzo della manodopera agricola, soprattutto straniera, potrebbe essere svolto dalle politiche pubbliche, nazionali e comunitarie. Purtroppo, il tema del lavoro - equo e di qualità - in agricoltura è ancora poco affrontato al loro interno. Come è noto, la gran parte delle politiche del settore pone al centro dell'attenzione l'imprenditore e pertanto si occupa principalmente di finanziare gli investimenti in azienda, dando per scontato che il beneficiario dell'investimento rispetti la normativa in vigore. In realtà, il tema è molto più complesso e andrebbe affrontato in modo più diretto e trasparente e che vada oltre l'applicazione delle sole norme repressive, le quali devono essere accompagnate da azioni che vadano a incidere anche sulle criticità strutturali (concentrazione temporale dell'offerta di lavoro, carenza di strutture di accoglienza, complessità delle procedure di assunzione, ecc.) che lasciano margini di manovra a fenomeni illegali.
Un'apertura sul tema del lavoro agricolo equo e di qualità si riscontra nella Politica Agricola Comune appena avviata, la quale introduce, per la prima volta, il principio di condizionalità sociale, teso a garantire, in ciascuno Stato Membro, il rispetto della normativa sul lavoro. La sua adozione si basa su una posizione sanzionatoria che, però, come già ribadito, da sola non può affrontare e risolvere il problema dello sfruttamento in agricoltura. Dal nostro punto di vista, il principio della condizionalità sociale dovrebbe essere accompagnata da una progettualità finalizzata a costruire un ambiente di lavoro sano ed equo, con investimenti volti a garantire la sicurezza e la salubrità sul posto di lavoro, la mobilità dei lavoratori, l'accesso - soprattutto per gli stagionali - ad alloggi sani ed economici, da ricavare con azioni di recupero sul patrimonio immobiliare pubblico e privato, compreso quello localizzato nelle aziende agricole. Si tratta di investimenti che faticano a trovare spazio nell'ambito dei Programmi e che invece necessiterebbero l'apertura di un confronto fra le parti per, innanzitutto, sensibilizzare i responsabili dei Programmi al tema e insieme a loro costruire le condizioni amministrative e procedurali per poterli rendere finanziabili.
La condizionalità sociale non potrà produrre cambiamenti rilevanti, se non sarà affiancata dall'introduzione di strumenti concreti per realizzare investimenti e azioni di formazione specifici destinati ai lavoratori agricoli. In particolare, un modo per introdurre questi strumenti potrebbe essere studiato in coerenza con gli elementi caratterizzanti il I Pilastro della PAC, configurando le Organizzazioni di Produttori, riconosciute nell'ambito del regolamento sull'OCM unica, quali potenziali soggetti attraverso cui veicolare un cambio di passo nella gestione dei lavoratori. Esse però, anche con questa nuova riforma della PAC per il periodo 2023-2027, sono autorizzate dalla Commissione europea ad adottare solo misure volte a stabilizzare i mercati e aggregare l'offerta. È ipotizzabile però studiare nell'ambito dei loro Programmi Operativi una possibilità di azione relativa alla gestione condivisa del personale in ragione proprio del miglioramento della capacità di aggregazione dell'offerta.
Inoltre, sempre nell'ambito del I Pilastro, un modo per introdurre azioni positive a sostegno di un lavoro equo e solidale, potrebbe essere studiato nell'ambito dell'architettura dei pagamenti diretti fruibili dall'impresa agricola. In questo ambito si potrebbe pensare ad una forma di sostegno che premi anche la capacità dell'impresa di contribuire a migliorare la condizione dei lavoratori, ad esempio proponendo accanto agli Eco-schemi, che sono, come noto, regimi di aiuto legati ad azioni specifiche finalizzate alla salvaguardia dell'ambiente e per la mitigazione dei cambiamenti climatici, anche gli "Equo-schemi" che per trasposizione sarebbero regimi di aiuto legati ad azioni finalizzate a sostenere i lavoratori agricoli. Questo tipo di strumenti, come già evidenziato, permetterebbe di affiancare all'approccio sanzionatorio la costruzione di percorsi volti a rendere protagonista attivo anche il lavoratore agricolo all'interno di queste politiche.
Catia Zumpano, Grazia Valentino, Franco Gaudio
CREA Centro Politiche e Bioeconomia
PianetaPSR numero 136 luglio/agosto 2024