Il 29 ottobre, a Venosa, si è tenuto il convegno conclusivo relativo al progetto di ricerca "SPIA - Valorizzazione dei sottoprodotti della filiera agroalimentare", durante il quale sono stati riportati i risultati ottenuti dai diversi partner: CREA PB, CNR-IMAA, UNIBAS, Agreenment, Inol Masturzo Cantine del Notaio, CON.PRO.BIO Lucano.
Il progetto, finanziato con Fondi FESR 2014-2020, è finalizzato principalmente a studiare impieghi innovativi e sostenibili degli scarti e dei sottoprodotti delle filiere vitivinicola, olivicola e cerealicola per ridurre l'impatto ambientale dovuto allo smaltimento degli stessi e per intercettare nuovi mercati attraverso una loro riqualificazione.
Il CREA, in particolare, si è occupato dell'analisi economico finanziaria della sostenibilità dei sottoprodotti della filiera agroalimentare.
Fig. 1- Schematizzazione delle principali fasi del processo produttivo nell'ambito delle filiere oggetto del progetto SPIA
Dal punto di vista metodologico, lo studio delle tre filiere produttive si è basato sulla consultazione delle banche dati ISTAT, ISMEA, SINAB per un inquadramento generale dei settori produttivi, nonché della Banca Dati della RICA (Rete di Informazione Contabile Agricola) sia per l'analisi dei redditi e delle dinamiche economico-strutturali delle aziende agricole, sia ai fini della stima del valore e della resa dei sottoprodotti delle filiere. Il campione rilevato dalla Banca Dati Rica (BDR) nel periodo 2018-2022 comprende le aziende che coltivano le specie di interesse in Basilicata e nell'area interregionale limitrofa che include Puglia e Campania, utilizzata come termine di confronto per i risultati ottenuti.
Negli ultimi anni, il settore vitivinicolo in Basilicata ha acquisito un ruolo sempre più rilevante sul piano socioeconomico, ambientale e culturale. Questo successo è dovuto non solo ai risultati economici raggiunti, ma anche alla capacità del comparto di trainare altre produzioni locali e di attrarre turismo, grazie al forte legame identitario creatosi tra il vino certificato e il suo territorio d'origine. L'attenzione rivolta alla qualità ha permesso alla Basilicata di guadagnare notorietà, in particolare per i suoi vitigni autoctoni, come l'Aglianico del Vulture, considerato il simbolo della viticoltura regionale.
Dai dati del censimento Istat, nel 2020, la Basilicata conta oltre 4.500 ettari di superficie vitata, su cui operano, complessivamente, oltre 6.400 aziende, di cui circa il 16% è specializzato nella produzione di vini DOP e IGP.
Nell'ambito della viticoltura biologica, la regione risponde bene alla crescente richiesta di vini bio e superfici certificate che stanno espandendosi in linea con le tendenze nazionali, registrando oltre 1000 ettari di superficie agricola utilizzata (SAU) biologica per la coltivazione della vite, in crescita dell'81% rispetto al 2014 (Sinab, 2024).
I principali sottoprodotti della filiera vitivinicola sono residui di potatura, vinacce e altri sottoprodotti trasformati, quali fecce, graspi, bucce e vinaccioli. I valori stimati di resa e prezzo sono stati rapportati alla superficie vinicola rilevata nell'ultimo Censimento generale dell'agricoltura, ottenendo il potenziale produttivo complessivo dei sottoprodotti, così come riportati nella seguente tabella:
La superficie olivicola lucana, secondo dati dell'ultimo Censimento Istat, si estende per oltre 20.000 ettari e coinvolge oltre 23.000 aziende, collocando la Basilicata al 9° posto tra le regioni italiane per produzione di olio di oliva nel triennio 2018-2020 (Ismea, 2021). Nel 2023, secondo dati Istat, sono stati prodotti oltre 53.000 quintali di olio.
Il processo di trasformazione può contare su 118 frantoi attivi (Ismea, 2021) che rappresentano un nodo cruciale della filiera grazie agli elevati standard qualitativi raggiunti, resi possibili dagli interventi di ammodernamento degli impianti di molitura realizzati negli ultimi anni.
Nel settore dell'olivicoltura biologica, in base ai dati Sinab 2024, la regione conta più di 6.500 ettari di superficie certificata bio, pari al 4,3% della SAU regionale olivetata, con un incremento del 139% rispetto al 2014.
I sottoprodotti del comparto cerealicolo sono rappresentati dai residui di potatura, sanse e altri sottoprodotti quali nocciolino di sansa e acque di vegetazione.
Le potenzialità produttive e i valori stimati di resa e prezzo sono stati valutati, a livello regionale e dell'area interregionale considerata, prendendo in considerazione, anche in questo caso, la superficie olivicola che risulta dall'ultimo Censimento Generale dell'Agricoltura.
Il comparto cerealicolo in Basilicata svolge un ruolo strategico per l'economia agricola regionale, strutturandosi storicamente in aree ben definite caratterizzate da produzioni di eccellenza: la Collina Materana, il Vulture-Melfese, l'area nord-occidentale del potentino, la Val d'Agri e il Medio Agri Sauro. La superficie coltivata a cereali in Basilicata è pari a 171.168 ettari, con frumento duro, orzo e mais tra le colture principali. La regione conta oltre 22.000 aziende cerealicole, supportate da un'industria molitoria consolidata, composta da 11 molini attivi, oltre 300 panifici e 50 pastifici. La SAU per la coltivazione biologica dei cereali ha superato nel 2023 i 39.000 ettari, registrando un incremento del 193% rispetto al 2014.
I sottoprodotti per il settore cerealicolo sono rappresentati da paglia e prodotti secondari della molitura, quali crusca, cruschello, farinetta, farinaccio, tritello.
Anche in questo caso, sulla base delle stime derivanti dalla valutazione delle vendite e dei reimpieghi aziendali, considerata la superficie coltivata a cereali riportata nell'ultimo Censimento Generale dell'Agricoltura, sono state valutate le potenzialità produttive e il relativo valore sia a livello regionale che nell'area interregionale di riferimento.
Sulla base dell'analisi dei dati RICA è possibile stimare il valore potenziale complessivo dei sottoprodotti delle tre filiere che ammonta a circa 36 milioni di euro per la Basilicata (equivalente al 4,8% del valore aggiunto dell'agricoltura regionale) e 506 milioni di euro per l'area interregionale (8,1% del valore aggiunto dell'agricoltura delle tre regioni). È utile precisare che la stima di tale valore si riferisce al prodotto grezzo venduto secondo i canali tradizionali o reimpiegati in azienda. Pertanto, l'introduzione di utilizzi alternativi che valorizzino maggiormente tali produzioni potrebbe portare a un incremento significativo di queste stime.
La valorizzazione dei sottoprodotti nel settore agricolo appare, pertanto, una valida opportunità da perseguire da parte delle aziende del settore. Il passaggio verso un'economia di tipo circolare richiede profondi cambiamenti strutturali e al tempo stesso culturali, per cui un intenso rapporto di collaborazione tra mondo scientifico e mondo agricolo può rappresentare la chiave per ottenere questo tipo di cambiamento.
Maria Assunta D'Oronzio, Dario Macaluso, Domenica Ricciardi
CREA PB
PianetaPSR numero 139 novembre 2024