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Donne

Cibo e Cura: il contributo delle donne

Il tema al centro due giornate seminariali organizzate nell'ambito del gruppo di lavoro sulla parità di genere della RRN. 

Il rapporto tra la cura della terra e quella della persona, con una particolare attenzione per il contributo delle donne, è stato il tema centrale di due giornate seminariali dal titolo "Cura della terra e cura di sé stessi. Pratiche agro-silvo-pastorali e scelte terapeutiche che fanno bene alle donne e alla collettività", tenutesi a Roma il 18 e 19 ottobre scorso, nell'ambito delle attività che il Centro Politiche e Bioeconomia del CREA (CREA-PB) ha sviluppato nell'ambito del Gruppo di lavoro "Parità di genere" costituito all'interno delle attività della Rete Rurale Nazionale. Esse si inseriscono, quindi, in una cornice di azioni dedicate alla componente femminile che lavora e vive nelle aree rurali e che ha trovato espressione, dal 2015 ad oggi, in documenti di analisi, brochure informative, nell'organizzazione di eventi e incontri nonché nella partecipazione a momenti di confronto promossi dagli stakeholder che operano sia nel campo agricolo che rurale. Per un approfondimento sulle attività e i prodotti realizzati si rimanda alla sessione "Parità di genere" nel sito della RRN.

Donne, agricoltura, cura

Donne, Cura, Cibo sono temi che vanno di pari passo e che, intrecciati, possono dare il giusto valore al contributo delle donne sia nelle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione che di accesso e consumo dei prodotti agroalimentari. Sono numerose, infatti, le figure femminili che si muovono lungo la filiera del cibo, ciascuna con un ruolo specifico, e che contribuiscono a conferire valore aggiunto a quello che portiamo a tavola.

Osservando  più da vicino questo universo si evince che le donne, nel nostro Paese, rappresentano oltre la metà della popolazione censita (30 milioni nel 2023), di cui il 42 % vive nelle aree di collina e di montagna, aree a forte caratterizzazione rurale (Dati ISTAT). Una parte significativa di esse è impegnata quotidianamente nella filiera agro-alimentare.
Un ruolo strategico in questo settore è ricoperto dalle imprenditrici agricole: secondo i dati dell'ultimo Censimento Agricoltura dell'ISTAT- che fotografa il settore agricolo al 2020 - sono quasi 366mila le donne a capo di un'azienda agricola nel nostro Paese (il 31,5% del totale) (Graf.1)


Grafico 1. Numero di aziende agricole per genere del capoazienda

Fonte: Nostre elaborazioni su dati censimento Generale Agricoltura ISTAT, 2020
Fonte: Nostre elaborazioni su dati censimento Generale Agricoltura ISTAT, 2020


Esse rappresentano lo zoccolo duro della presenza femminile nel mondo agricolo. Sono donne che, con le loro scelte produttive, esprimono piena consapevolezza della stretta interdipendenza fra agricoltura e rispetto della natura e dell'ambiente, attenzione al mantenimento della biodiversità, vegetale e animale e impegno a salvaguardare il patrimonio locale culturale e paesaggistico. Più propense dei loro colleghi uomini ad adottare pratiche innovative nelle tecniche di produzione e a diversificare l'attività aziendale, mettono in connessione, affiancano all'agricoltura diversi ambiti di intervento: turistico - agriturismo -, didattico - fattorie didattiche -, di cura - agricoltura sociale. (Graf. 2).


Le imprenditrici agricole hanno anche dimostrato, nel corso degli ultimi anni una forte resilienza, mantenendo, più degli uomini, le attività in quei contesti territoriali più fragili e soggetti a fenomeni di spopolamento (Graf. 3).


Ad esse si aggiungono le circa 823 mila donne che lavorano come dipendenti nelle aziende agricole (circa il 30% del totale della manodopera), di cui più del 56,5% legate da rapporti familiari con il capoazienda (cfr. Tabella 1). Manodopera femminile, che contribuisce alla produzione, raccolta e prima trasformazione dei prodotti e le cui prestazioni, come è noto, presentano toni chiaro/scuro (sfruttamento, lavoro in nero, retribuzioni non eque).

E ancora, non bisogna trascurare le numerosissime figure femminili impegnate nelle attività di supporto tecnico e scientifico al mondo agricolo (agronome, chimiche, periti, ingegneri, economisti, ecc.) nella trasformazione e somministrazione dei prodotti alimentari (tecnici di laboratorio, operaie, commesse, chef, ristoratrici, ecc.), nello studio e diffusione di stili alimentari sani (medici, dietologi, nutrizionisti, ecc.), nelle attività di rappresentanza e di tutela dei diritti (sindacaliste, operatori di ONG, personale Enti vigilanti, ecc.). Ma ci sono anche le donne che quotidianamente si prendono cura dell'alimentazione dei propri cari e che, con voli pindarici, provano a conciliare prezzi e qualità, tempo e salubrità. 

Imprenditrici, lavoratrici, ricercatrici, ognuna di queste figure, con il proprio impegno, contribuisce a conferire valore aggiunto a quello che portiamo a tavola; peccato però che questo valore aggiunto non sia sempre riconosciuto come merita.

Di fatto, la voce delle donne è, ancora oggi, poco ascoltata; così, i loro fabbisogni trovano poco spazio nelle linee programmatiche delle politiche pubbliche, comprese quelle a vocazione agricola e rurale. Anzi, uno sguardo alle ultime programmazioni delle politiche agricole evidenzia un netto arretramento su questo fronte anche in alcune iniziative, come l'approccio LEADER, nate con lo scopo di favorire i processi di sviluppo locale e quindi anche di promuovere una partecipazione più equa e attiva della componente femminile alle scelte strategiche locali, la presenza delle donne negli organismi di governance è nettamente inferiore a quella dei colleghi maschi (Grafico 4).

I lavori di "Cura della terra, cura di sé stessi"

L'evento del 18 e 19 ottobre, quindi, è stato proprio pensato con l'ambizione di dare voce alla molteplicità di ruoli ricoperti dalle donne, mettendo a confronto approcci e sensibilità differenti, facendo incrociare gli sguardi della ricerca con quelli delle esperienze concrete e tenendo sempre teso il filo che unisce le donne al cibo e, tramite esso, al benessere delle persone. È proprio alla donna che si deve l'avvio delle coltivazioni nei campi (mentre l'uomo andava a caccia) e "sarà sua per secoli la gestione dell'orto, sarà sua la preoccupazione di cucinare e portare in tavola quanto era necessario alla famiglia, sarà sua anche la preoccupazione di curare con quanto la natura offriva"" ha ricordato Danilo Gasparini dell'Università di Padova (vedi box 1). Questo rapporto secolare e simbiotico con il campo si è evoluto nell' adozione di tecniche agronomiche sostenibili "finalizzate- come ha sottolineato Alessandra Trinchera del CREA, a garantire la salubrità non solo ambientale, ma anche nel nostro piatto" rendendo i consumatori più consapevoli nelle loro scelte dei prodotti. La scelta del cibo, infatti, come ha affermato Elena Azzini del CREA, andrebbe fatta sulla base dei "princìpi alimentari e componenti bioattivi dei prodotti, indispensabili per il nostro organismo e per la nostra salute". Ma non bisogna dimenticare che il cibo è anche portatore di valori, che, come ha sottolineato Stefania Ruggeri del CREA, richiamano la necessità di adottare stili di vita diversi, a seconda delle fasi della vita che si sta percorrendo (vedi box 2).

"Cura della terra, cura di sé stessi" ha anche rappresentato l'occasione per dare voce alle numerose associazioni che, quotidianamente, sono impegnate sul fronte dei diritti delle donne (associazioni di categoria e di settore, sindacali e espressione della società civile).
Cristina Bowerman, con la sua testimonianza di chef di Alta Cucina, ha raccontato il suo impegno a portare sulla tavola prodotti sani e sostenibili, ma anche nel sostenere e promuovere la figura femminile nel mondo della gastronomia.

I lavori della seconda giornata si sono tenuti presso il Museo Nazionale Etrusco con la finalità di stimolare e favorire un dialogo a più voci fra l'agricoltura e le realtà culturali legate al nostro patrimonio artistico e archeologico.

 
Nutrire e curare con le piante: saperi femminili... al limite
Danilo Gasparini, Università di Padova

Scrive R. Miles "Nelle società di cacciatori/raccoglitori, i maschi svolgevano solo un quinto del lavoro necessario alla sopravvivenza del gruppo, mentre gli altri 4/5 sono in mano alle donne». E se è vero che è la donna che domestica i semi e fonda l'agricoltura perché la raccolta ha goduto di così scarso prestigio? Perché così poca attenzione a livello simbolico e rituale?  Con il tempo la donna, assidua frequentatrice del "selvatico", del bosco diventerà la vera artefice di un lungo processo di addomesticamento che la porterà a farsi carico di rendere commestibile la "natura". Sarà sua per secoli la gestione dell'orto, sarà sua la preoccupazione di cucinare e portare in tavola quanto era necessario alla famiglia, sarà sua anche la preoccupazione di curare con quanto la natura offriva.  Caricate di questa missione, più o meno consciamente, le donne hanno rivolto al mondo vegetale, alla natura un'attenzione particolare, una frequentazione quotidiana, soprattutto in tempi di carestia. Ma non era pratica priva di rischi.  La ruta, la salvia, il sambuco, l'aglio, l'abrotano, l'ortica, ecc. sono le piante più comunemente usate dalle guaritrici accusate di stregoneria. I contadini e le classi povere erano i loro clienti poiché loro stesse appartenevano a quelle classi che certamente non potevano accedere ai costosi medici e speziali. Piante magiche, segreti arcani patrimonio delle herbere curatrici. Ecco le donne guaritrici, maghe, streghe, capaci di condizionare il comportamento dell'uomo con cibi particolari o filtri ... Contro questo mondo la Chiesa e le diverse autorità organizzeranno una feroce campagna di repressione: le centinaia di processi dell'Inquisizione sono lì a raccontarci questa desolata umanità. L'oralità sarà l'unico mezzo di trasmissione di questi saperi comprese le formule magiche e le orazioni...per cui "ogni erba che guarda in su ha la sua virtù".
 
Donne nella ricerca in nutrizione: portatrici del valore del cibo e della salute
Stefania Ruggeri, CREA - Centro Alimenti e Nutrizione

Metrodora, vissuta tra il II e il IV secolo a.C. e Theano, allieva di Pitagora vissuta nel VI secolo a.C.  furono tra le prime donne mediterranee, sapienti e intraprendenti ad occuparsi della salute al femminile, in tempi le cure e la medicina erano solo ad appannaggio degli uomini. Metrodora riuscì addirittura scrivere un trattato: "Peri Gynaikeion Pathon", Sulle Malattie delle Donne", arrivato fino a noi e considerato il più antico trattato medico scritto da una donna. Come donne del Mediterraneo trattavano i temi della salute della donna includendo nella pratica della medicina e delle cure altri saperi come quello della filosofia e della scrittura. Così anche noi, donne della Scienza in Nutrizione, dovremmo cambiare il nostro modo di comunicare per migliorare davvero la salute delle donne. Le fasi della nostra vita sono tante, diverse, complesse e per questo anche bellissime: dall'adolescenza fino alla terza e quarta età. Per far diventare consapevoli tutte le donne sull'importanza della buona alimentazione e dei sani stili di vita il cibo non va più visto solo come un contenitore di nutrienti, ma come un portatore di valori.  Prepararle ai cambiamenti che le aspettano e spiegare loro che ogni fase della vita può diventare un'occasione importante per migliorare la propria salute e quella dei propri cari, con una narrazione nuova.Diventeremo così tutte: "Donne portatrici di salute".
 
 

Catia Zumpano, Grazia Valentino, Concetta Cardillo, Annalisa Del Prete, Marta Striano
CREA Centro Politica e Bioeconomia

 
 

PianetaPSR numero 140 dicembre 2024