Tra il 10 e il 12 Ottobre si è tenuta a Treia (MC) la XII edizione del Festival della Soft Economy. Il festival, organizzato dalla Fondazione Symbola, è l'occasione per approfondire e discutere con una platea amplissima i temi dello sviluppo sostenibile dei territori rurali, montani e marginali.
Quest'anno il tema del Festival è stato "Ritorno al territorio: Neopopolare per rigenerare", slogan che riassume la volontà di avviare una discussione sugli elementi essenziali su cui agire per rilanciare i territori:
Neopopolare è la condizione preliminare e necessaria per Rigenerare territori che devono diventare protagonisti di un grande ed ambizioso programma centrato sull'economia circolare. Un programma in grado di realizzare quelle azioni di adattamento/mitigazione necessarie a contrastare la crisi climatica, puntando in particolare sulle produzioni legate alle filiere della bioeconomia fondamentali nell'assicurare e fornire servizi ecosistemici e ambientali. Per questo è quanto più urgente avviare un progetto di neopopolamento per sostenere, promuovere e rinnovare - sollecitando e favorendo l'arrivo di nuovi abitanti - la presenza di comunità e istituzioni locali in grado di assicurare le funzioni di vigilanza, monitoraggio, cura e manutenzione territoriale.
Protagonista del dibattito anche la Rete Rurale Nazionale che, con il CREA Politiche e Bioeconomia ha partecipato a vari momenti del Festival. Raffaella di Napoli e Catia Zumpano hanno preso parte alla sessione Civitas Future - Dopo le comunità territoriali: una territorializzazione postmoderna, dedicata ad approfondire caratteristiche e dinamiche delle popolazioni delle aree rurali e interne. Serena Tarangioli ha invece aperto la sessione "Innovare il territorio: l'agricoltura come strumento di rigenerazione", organizzata con il contributo della Fondazione Cariplo, chiusa da Daniela Storti con l'esperienza della Scuola Giovani Pastori.
Gli interventi di Tarangioli e Storti hanno delineato il quadro per quel che riguarda l'agricoltura e le aree rurali, con particolare riferimento a tre aspetti principali: quale agricoltura può sostenere la rigenerazione dei territori, la partecipazione dei giovani nella trasformazione delle comunità agricole e con quali strumenti e politiche si favorisce la rigenerazione territoriale e il neopopolamento, anche a partire da declinazioni contemporanea di un antico mestiere, quello del pastore, da parte di giovani interessati a questo mondo.
In particolare, l'intervento di apertura di Serena Tarangioli ricostruisce il sistema agricolo e rurale italiano e le sfide di policy. La relazione ha prima evidenziato i tratti salienti e le dinamiche demografiche delle aree rurali per poi passare ad analizzare le caratteristiche essenziali del sistema agroalimentare italiano.
Sul fronte demografico l'analisi dei dati censuari degli ultimi cinquant'anni (1971-2021) evidenzia come il fenomeno di decrescita della popolazione riguarda tutta l'Italia ma si presenta in forma più accentuata nelle aree rurali e in particolare nei territori di montagna.
In questo contesto la principale sfida che le politiche devono affrontare è come ridare vitalità alle aree rurali. Questo obiettivo è anche al centro della definizione di una "Visione di lungo termine" per le aree rurali da parte della Commissione Europea.
Le aree rurali italiane sono però ricche in termini di risorse agro-silvo-pastorali con il 70% della superfice agricola totale e il 44% di quella forestale. Guardando al sistema agroalimentare, l'Italia è il primo Paese europeo per superficie ad agricoltura biologica (con 1,8 milioni di ettari, 64.210 aziende Agricole e oltre 16.000 trasformatori) e il primo Paese per produzioni di qualità e per origine a marchio UE (869 prodotti, seguita dalla Francia con 774 prodotti), e risulta tra le cinque principali economie europee, nella classifica per indice di circolarità (Rapporto CEN - Circular economy network).
Il sistema agroalimentare italiano si caratterizza anche per la spiccata diffusione di metodi produttivi a basso impatto ambientale (agri-ecologia), e di un modello di agricoltura, diversificata e multifunzionale, che è quella che meglio può favorire l'avvio di processi di rigenerazione territoriale. A sostegno di questi processi sono necessari strumenti in grado di promuovere l'aggregazione tra imprese e il protagonismo dei territori e della popolazione, ovvero strumenti basati sull'integrazione (distretti rurali, biodistretti, distretti di filiera, etc.) e sulla cooperazione tra attori locali rilevanti, anche in interazione con reti lunghe e con il sostegno di azioni di sistema e di accompagnamento sul fronte della ricerca e della formazione.
Ma quali sono gli attori principali nei processi di rigenerazione territoriale e innovazione basati sull'agricoltura? Su questo punto gli interventi di Tarangioli e Storti convergono nell'individuare nei giovani gli attori potenzialmente più rilevanti.
Le nuove generazioni di agricoltori, infatti, evidenzia Tarangioli sono più istruite, più propense ad innovare e ad adottare metodi sostenibili. Il 24.4% di giovani ha introdotto innovazioni in azienda rispetto al 9.7% degli agricoltori con più di 40 anni. I giovani presentano un livello di digitalizzazione pari a più del doppio del resto degli agricoltori.
Circa il 50% dei giovani agricoltori ha un diploma superiore e il 19% è laureato, rispetto al 25% e 10% della popolazione agricola totale. Il 14.6% dei giovani adotta metodi di produzione biologica contro il 5.9% dei non giovani (la media nazionale è del 6,7%) e l'11.6% dei giovani diversifica l'attività aziendale contro 5.2% dei non giovani.
Storti completa il quadro con i risultati dell'indagine "Giovani Dentro", ricerca azione sui giovani che vivono nelle aree interne del Paese, le aree rurali remote, promossa dall'associazione "Riabitare l'Italia" con Crea (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l'Analisi dell'Economia Agraria) e altri partner. Secondo l'indagine il 67% dei giovani (tra i 18 e i 39 anni) vorrebbe rimanere nel territorio in cui vive. Solo il 9% degli intervistati considera il lavoro agricolo e pastorale come un ripiego in assenza di altre alternative lavorative. Mentre, il 94% vede almeno una ragione valida per avventurarsi in questo campo. I dati del rapporto dipingono un quadro molto chiaro: ciò che spesso manca a coloro che vogliono rimanere o trasferirsi nelle aree rurali sono gli strumenti, una rete di supporto e le opportunità lavorative, certamente non la passione e la volontà.
A seguito dell'indagine "Giovani Dentro" nasce l'idea della Scuola Giovani Pastori promossa dal CREA insieme all'associazione Riabitare l'Italia, un progetto, rivolto a giovani con background diversi ma interessati ad avviare attività di pastorizia nelle aree interne del Paese, rivalutando il circuito economico e ambientale delle aree periferiche e promuovendo processi di rivitalizzazione e ripopolamento.
La Scuola integra sinergicamente ricerca territoriale, formazione con metodi innovativi e networking e ha l'obiettivo fondamentale di costruire una community che duri anche dopo il termine della formazione.
A partire da esperienze come quelle della Scuola Giovani Pastori va avviata una riflessione sui nuovi modelli operativi e sulle policy necessarie per accompagnare le trasformazioni che si prospettano per il futuro delle aree rurali.
Daniela Storti e Serena Tarangioli
CREA PB
PianetaPSR numero 140 dicembre 2024