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Donne e agricoltura

L'associazionismo femminile come risorsa per le comunità rurali

Realtà e prospettive oggetto delle attività di analisi della Rete PAC. Le esperienze di "Donne e diritti" e "CiRCE".

Nelle aree rurali, la presenza femminile rappresenta un elemento centrale nei processi di sviluppo locale. In contesti segnati da spopolamento, fragilità dei servizi e isolamento sociale, le donne assumono un ruolo attivo nella costruzione di risposte collettive ai bisogni del territorio. Attraverso l'associazionismo, diventano promotrici di iniziative che rigenerano legami comunitari, valorizzano saperi tradizionali e aprono spazi di partecipazione civica. Le loro azioni spaziano dalla tutela dei diritti fondamentali alla creazione di nuove forme di economia solidale, dimostrando una capacità organizzativa capace di supplire alle carenze istituzionali. In questo quadro, l'impegno femminile non solo contrasta la marginalità, ma contribuisce a ridefinire il ruolo delle aree interne, trasformandole da luoghi di abbandono a laboratori di innovazione sociale. 

La leadership diffusa e la solidarietà attiva che caratterizzano l'azione delle donne nei contesti rurali costituiscono oggi una risorsa strategica per affrontare le sfide dello sviluppo sostenibile e inclusivo. Tali considerazioni hanno portato il Centro Politiche e Bioeconomia del CREA e la Rete PAC a dedicare delle analisi specifiche alla ricognizione e mappatura delle associazioni al femminile nelle aree rurali al fine di dare loro maggiore visibilità e, soprattutto, favorire la loro messa in rete. Le attività sono in corso di realizzazione, e questo articolo ne riporta le prime riflessioni attraverso la presentazione di due delle esperienze rilevate, evidenziandone caratteristiche distintive e tratti comuni. 

L'esperienza di "Donne e Diritti" a San Giovanni in Fiore in Calabria

L'Associazione Donne e Diritti nasce nel 2019 a San Giovanni in Fiore, nel cuore della Sila, da un'esperienza personale che si trasforma presto in una questione collettiva. La fondatrice e attuale presidente, Stefania Fratto, racconta: «Ero a Milano per fare una mammografia. Correndo sotto la pioggia mi sono detta: ma è mai possibile che noi donne dei paesi montani della Calabria non possiamo fare una mammografia nel nostro paese?». 

Quella domanda, che rivela la fragilità dei servizi sanitari e l'esclusione delle donne delle aree interne da cure essenziali e dalla presa di coscienza di questa mancanza che nasce l'Associazione, la quale si radica in un contesto più ampio di spopolamento e desertificazione sociale. A San Giovanni in Fiore l'associazionismo femminile si afferma come presidio vitale, capace di supplire all'assenza di servizi e di rafforzare la coesione comunitaria. 

Dalle prime dieci aderenti, in pochi mesi le socie diventano oltre cento «Abbiamo iniziato - spiega Fratta - con un gruppo Whatsapp, poi i sit-in, gli incontri con i commissari delle ASP e i ministri. E alla fine il mammografo è arrivato all'ospedale di San Giovanni»., 

Quella prima battaglia per la salute ha dato alle donne un nuovo ruolo pubblico. In un territorio dove le decisioni sono spesso appannaggio maschile, la loro azione ha mostrato che la leadership può essere diffusa e collettiva. «Se non riescono gli uomini, lo facciamo noi. È nella nostra indole, lo abbiamo nel DNA», dice la presidente.

Oggi l'associazione conta 326 socie, rappresenta un punto di riferimento per la comunità ed è una delle realtà femminili più numerose della Calabria. Il dato quantitativo riflette una trasformazione qualitativa: la partecipazione delle donne ha generato nuova fiducia collettiva e restituito senso di appartenenza: «Ci siamo rese conto che le donne avevano bisogno di stare insieme, di sentirsi importanti, di ritrovare dignità e protagonismo».

Dalla difesa dei servizi sanitari, l'Associazione si è progressivamente aperta ad altre dimensioni della vita comunitaria. Sono nate iniziative che intrecciano mutualismo, economia solidale e recupero di saperi tradizionali, quali:

 


Queste esperienze, di piccole dimensioni, mostrano come le donne possano trasformare bisogni locali in progetti strutturati, capaci non solo di ricostruire relazioni interne e rafforzare il senso di comunità, ma anche di attrarre risorse e creare occupazione: l'Associazione ha ottenuto finanziamenti significativi (tra cui 98 mila euro dalla Fondazione Vismara), ha attivato collaborazioni con enti pubblici e privati e, infine, ha avviato l'iter procedurale per creare due cooperative sociali nel settore agricolo e artigianale.

L'esperienza di "CiRCE" in Cilento, Campania

L'Associazione CiRCE (Cilento Resilienza Consapevolezza Energia) nasce ufficialmente nel 2023, ma le sue radici risalgono al dicembre 2022, quando un gruppo informale di donne del Cilento iniziò a riunirsi dopo l'esperienza del programma europeo EWA (Empowering Women in Agrifood). Tra le dieci imprenditrici italiane selezionate per l'edizione 2022, tre erano cilentane, tra cui Sarah Khoudja, promotrice di CiRCE. L'incontro casuale tra queste donne in un contesto europeo dedicato all'imprenditoria femminile fece emergere in Sarah un'intuizione, condivisa con le altre due conterranee: fare qualcosa anche per le donne del proprio territorio.

CiRCE nasce quindi come rete di donne che vogliono costruire nuove forme di socialità, solidarietà e protagonismo femminile in un territorio rurale spesso privo di spazi di aggregazione. La sua struttura è duplice: da un lato un collettivo informale, dall'altro un'associazione formale. Il collettivo è un gruppo aperto di circa 200 donne, connesse soprattutto tramite un gruppo Whatsapp. È uno spazio di scambio, ascolto e mutuo supporto, dove si condividono esperienze, informazioni, opportunità e bisogni. L'obiettivo è promuovere una «socialità nutriente» e superare l'isolamento che spesso caratterizza la vita femminile nelle aree interne del Cilento. L'Associazione vera e propria conta 35 socie, di profili diversi: imprenditrici, professioniste, donne non occupate. È fondata su valori condivisi, impegno civico e volontà di contribuire al benessere collettivo. La gestione è partecipativa e non gerarchica: esiste un Direttivo con funzioni organizzative, ma le decisioni vengono prese in modo condiviso. Le socie si organizzano in gruppi di lavoro tematici e in comitati territoriali, attivi in varie aree del Cilento.

Questa articolazione risponde alla complessità geografica e sociale del territorio, che comprende circa 80 comuni costieri, collinari e montani della provincia di Salerno. Come afferma il Direttivo, è cruciale «permettere a tutto il territorio di accedere a questo movimento, a questa energia creata da CiRCE [...] e riprendere gli stessi format [...] ma anche poter creare una specie di eco». 

Ma l'articolazione adottata è funzionale anche agli obiettivi che l'associazione si pone e che mirano a sostenere le donne in situazioni di fragilità, promuovere la partecipazione civica e creare una rete locale di supporto in un contesto dove le istituzioni privilegiano eventi di richiamo economico, trascurando iniziative culturali e sociali.

L'associazione agisce su diversi piani, intrecciando cultura, economia, solidarietà e imprenditoria femminile. Le sue principali attività si articolano in cinque ambiti:

 


Da questa esperienza emerge una realtà inedita per il territorio cilentano: un'organizzazione dinamica, inclusiva e flessibile, capace di offrire strumenti, relazioni e visibilità che le singole donne non avrebbero da sole. Ogni partecipante contribuisce e riceve, in un'ottica di circolarità e scambio continuo.

CiRCE rappresenta un esperimento sociale di empowerment dal basso, che valorizza la pluralità delle esperienze femminili e costruisce reti di solidarietà intergenerazionale. Restano aperte alcune sfide, come l'accesso ai bandi di finanziamento e un dialogo più stabile con le istituzioni locali.
Ma il percorso avviato mostra un processo di crescita collettiva e di radicamento territoriale che lascia intravedere una prospettiva solida e duratura.

I ruoli delle donne nei percorsi di sviluppo dei territori rurali

L'esperienza di Donne e Diritti e CiRCE, pur se differenti per storia, contesto ed organizzazione, mostrano come le donne siano protagoniste nello sviluppo delle aree rurali. Quattro principali elementi qualificanti emergono con forza:

Dalla lettura delle due esperienze emerge la capacità delle donne di affermarsi come agenti di resistenza sociale ed economica, capaci di contrastare la desertificazione delle aree interne. Nello stesso tempo, si percepisce come questo potenziale non sia stato ancora né pienamente compreso né sufficientemente sfruttato. Eppure, come ci è stato raccontato, la resilienza collettiva delle donne fa la differenza, soprattutto (ma non solo) nelle aree più fragili, perché trasforma e rafforza l'intera comunità. Investire di più e meglio sulle donne è un esercizio di lungimiranza.

 

Barbara Forcina, Catia Zumpano
Centro Politiche e Bioeconomia, CREA

 
 

PianetaPSR numero 144 ottobre 2025