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Arrivano le agritate, modello Tagesmutter

Costi e norme variabili frenano il decollo degli agri-nidi: così il Piemonte punta sulla formula snella con mini strutture fatte in casa - Corsi di formazione per 30 aspiranti babysitter
Un momento del corso di formazione per le aspiranti "agritate"
Un momento del corso di formazione per le aspiranti "agritate"

Oggi gli "agrinidi" (è questa tipologia, che accoglie i bambini fino a tre anni, quella più diffusa nelle aziende agricole, rispetto all'agriasilo, versione rurale della scuola materna che arriva fino ai sei anni) in Italia si contano ancora sulla punta delle dita.  Aprire un agrinido per un agricoltore  significa in prima cosa confrontarsi con un normativa che varia da regione a regione. Attualmente infatti, malgrado alcune regioni si stiano muovendo in tal senso, non esiste una normativa specifica riguardante gli agrinidi/agriasili. Procedure e normativa sono quelle, più generali,  relative ai servizi di cura per l'infanzia, e variano da regione a regione, a cui spetta la competenza in materia. Un quadro, questo, che porta ad una disomogeneità a livello territoriale, con standard minimi che variano in funzione del territorio, della tipologia di servizio, dell'età. Molte sono le variabili: l'età minima e massima dei bambini, le caratteristiche e la locazione della struttura, i metri quadri disponibili per bambino, spazi, arredi e attrezzature specifiche e dedicate, orario, requisiti dell'assistente/educatore e numero di educatori per bambino. E ulteriori requisiti quali, ad esempio, l'approvazione della tabella dietetica da parte della ASL, e la procedura acquisto di alimenti. (un quadro completo è disponibile su uno studio condotto dalla Rete Rurale Nazionale in materia).
Comunque, una serie di requisiti che impongono all'agricoltore che voglia provare a cimentarsi con questo tipo di attività, un grande investimento iniziale in termini di tempo e risorse. E' proprio per superare una certa "ingessatura"  dovuta alle difficoltà burocratiche, ma anche ai costi, che nasce il progetto di Agritata realizzato in Piemonte da tre assessorati (Formazione, Politiche sociali e Agricoltura) insieme alla Coldiretti. Il progetto punta sulla "domesticità rurale", cioè mira a creare delle figure di tate che si prendono cura dei bambini (massimo 5 più quelli appartenenti alla famiglia della "tata") all'interno delle aziende agricole, utilizzando lo spazio all'interno dell'abitazione.  Ispirato alle più note "tagensmutter", il progetto ha l'obiettivo anche di migliora re l'occupazione femminile nelle aree rurali, andando ad attingere alle potenzialità offerte dalle aziende agricole, soprattutto quelle familiari. E'rivolto infatti a titolari, coadiuvanti o membri della famiglia agricola con un grado stretto di parentela, e ha selezionato in questa prima sperimentazione trenta potenziali "agri-tate" che stanno seguendo un corso di 400 ore, a cui seguirà uno stage in un asilo nido e un esame finale. "Il nostro obiettivo", sottolinea Maria Chiara Bellino, coordinatrice del progetto per Coldiretti, "sarebbe quello di fornire una valida possibilità occupazionale alle tante donne impegnate in agricoltura, una opportunità tralaltro che risponde perfettamente all'esigenza di conciliare famiglia e lavoro". Nel farlo, aggiunge la Bellino" abbiamo puntato su un modello "basic" di servizio, proprio per venire incontro alle esigenze degli agricoltori salvaguardando allo stesso tempo il progetto formativo. Se apro un agri - nido infatti dovrò fare tutta una serie di investimenti iniziali  quali una zona bagno appositamente predisposta per i bambini, uno spazio gioco, spazio-ufficIo, e tutta una serie di lavori. Con questo progetto invece l'idea è quella di non creare nuove strutture, ma utilizzare uno spazio all'interno dell'abitazione, adattata certo alle esigenze del bambino, ma, anche grazie ai "numeri piccoli", con una dimensione più familiare. 
La sperimentalità del servizio impone anche naturalmente il fatto di seguire le aziende passo passo nell'iter. Per avviare il servizio di agri-tata, oltre a presentare domanda presso la regione, le aziende dovranno avere la supervisione della federazione regionale Coldiretti, che, supportata da un coordinatore pedagogico qualificato, garantisce il corretto svolgimento del servizio educativo nel contesto rurale e trasmette alla Regione i dati di monitoraggio di qualità del servizio. Ma l'agri-tata è anche altro: non va dimenticata la dimensione fortemente "rurale", che accomuna questa esperienza così come quella degli agri-nidi. "I bambini", prosegue la Bellino, "con l'agri-tata imparano a giocare con tutti gli elementi della natura, e magari al posto della carta utilizzano erba o gusci per costruire e disegnare. Se devono costruire degli strumenti che suonano, riempiono le bottiglie con semi o con chicchi di grano. E così via. Certo, sono ancora piccoli per tutti gli elementi legati alla coltivazione, ma anche lì si cerca di costruire almeno un'esperienza visiva e emozionale: anche spostare il fieno può esserlo. E nei moduli formativi delle agritate, nell'uso del gioco per organizzare la giornata, sono presenti elementi quali la tipicità, il km zero, la filiera corta ecc."
E' indubbio il vantaggio che lo sviluppo degli agri - nidi e agri-asili può dare ai bambini nello sviluppare il proprio processo formativo a contatto con la natura, con tutti i benefici che ne conseguono. E nell'apprendere dal vivo nozioni fondamentali riguardanti l'ambiente, la stagionalità, ecc. I bambini possono usufruire di una mensa a km zero, e giocare in ampi spazi esterni, con ridotto inquinamento acustico e atmosferico. Permette inoltre alle aziende agricole, di poter diversificare il reddito, aprendo l'occupazione ai giovani e a nuove figure professionali. Ed è un vantaggio per le famiglie: non è un caso che le prime richieste di usufruire del servizio dell'agri-tata in Piemonte siano arrivate dalle famiglie delle aree peri-urbane.
Le misure che a vario titolo nei Psr favoriscono l'insediamento di questo genere di servizi di cura per l'infanzia sono la misura 321 (servizi essenziali per l'economia e la popolazione rurale); la 3.1.1. (diversificazione verso attività non  agricole) e la 312 (sostegno alla creazione e allo sviluppo delle microimprese). Tuttavia anche qui i bandi relativi ad azioni specifiche per l'avvio di servizi di cura per l'infanzia sono poco ricorrenti.
Naturalmente occorre dire che questo progetto nulla toglie all'esperienza degli agri-nidi in Italia, esperienza che, una volta superate le disomogeneità a livello territoriale dettate dalla normativa, e inquadrato in maniera più determinata il modello (o  "i" modelli), presenta grandi prospettive per il futuro.  Oggi, oltre agli agri-nidi pionieristici, come  la Piemontesina a Chivasso o la "Fattoria Casa mia" di Pescantina (Verona) esistono altre esperienze fra le quali vale la pena citare l'agri-nido mobile di Sibari dove per far fronte alle esigenze delle lavoratrici con bambini al di sotto dei tre anni viene stilato un programma delle attività di raccolta tra i soci del distretto ed il Comune più vicino all'area della raccolta, che  viene poi prospettato alle educatrici "itineranti" che seguono i bambini per l'intera campagna agricola. Altro progetto importante per il futuro è quello portato avanti dalla regione Marche, di "agrinido di qualità", un progetto che nasce da un accordo di collaborazione fra la regione, il Comune di Chiaravalle e la Fondazione Chiaravalle-Montessori, partner dotati di un'esperienza eccellente per la creazione del modello di servizi rurali. Sono già stati pubblicati due bandi che prevedono finanziamenti a parziale copertura dei costi per gli investimenti e dei costi di gestione, per due anni, per un importo complessivo massimo di € 60.000 ad azienda. Tra gli investimenti saranno ammesse le spese per l'adeguamento degli spazi esterni, per gli impianti, gli arredi e le attrezzature strettamente collegate all'attività del nido.

 
 
 

Andrea Festuccia

a.festuccia@ismea.it

 
 
 

PianetaPSR numero 8 - marzo 2012