Il Miur ha pubblicato nel mese di marzo i dati della partecipazione italiana al 7° Programma Quadro di ricerca e sviluppo dell'Unione 2007-2013 [1]. Lo scenario che emerge non è nuovo ma conferma la scarsa capacità italiana di attrarre risorse per la ricerca. A fronte di una partecipazione attiva dell'Italia al bilancio europeo per un ammontare che corrisponde al 13,4% del budget complessivo, l'Italia è riuscita a riportare sul territorio l'8,43% delle risorse stanziate sul 7° PQ, per un importo in euro di 2,2 miliardi di euro a fronte di bandi ad oggi completati per 27 miliardi di euro.
L'anomalia italiana è caratterizzata da una massiva partecipazione ai bandi (sono state inviate alla Commissione 24.760 proposte di progetto) e un basso rateo di successo pari al 12,3% (media europea 16,6%). Tra i soggetti che partecipano alle proposte negoziate prevale la componente industriale con il 34%, seguita dall'Università (30%), e dai Centri di Ricerca (25%).
Chi ha incassato i fondi UE per i progetti agroalimentari
Tuttavia, il rateo di successo dei coordinatori vede prevalere i centri di ricerca, seguiti dall'industria e dall'università.
Se passiamo ad analizzare i dati relativi alla ricerca in Biotecnologia, prodotti alimentari e agricoltura la situazione non migliora. L'Italia è il primo paese in relazione alle proposte presentate (2.034) ma scende al sesto posto nella classifica dei progetti finanziati (soltanto 319) dopo Francia, Belgio, Paesi Bassi, Regno Unito e Germania. Il 66% dei coordinatori italiani vincenti appartengono all'università, il 31% ai Centri di ricerca, mentre l'industria italiana non ottiene nessun coordinatore. In relazione alla percentuale di finanziamento sul budget generale ci attestiamo al 7,59% (circa 78 milioni di euro), peggiorando rispetto al 6°PQ nel quale avevamo registrato una percentuale di rientro del 8,7%.
Questi dati meritano una seria riflessione anche in considerazione delle prospettive future. Sul prossimo programma per la ricerca "Orizzonte 2020" ben 4,2miliardi di euro saranno destinati alla ricerca per la sicurezza alimentare, l'agricoltura sostenibile, le risorse marine e la bioeconomia. Ragionare sulle cause dell'insuccesso e valorizzare i casi di eccellenza è il primo passo per programmare la ricerca italiana in agricoltura per il periodo 2014-2020. Ecco alcuni spunti di riflessione.
Le proposte comunitarie 2014-2020 puntano all'innovazione come obiettivo trasversale di tutte le politiche. In Italia, per migliorare l'accesso alle risorse che l'UE stanzia per la ricerca, occorre in primo luogo innovare il sistema, le relazioni tra i diversi attori coinvolti e l'approccio all'attività di ricerca.
Graziella Romito
PianetaPSR numero 9 - aprile 2012