In tempi di crisi parlare di un giovane agricoltore che, nel sud Italia, sia riuscito non solo a creare una opportunità di lavoro solida per sé ed una azienda competitiva sul mercato, ma anche ad offrire, per quanto possibile, una opportunità di formazione e di lavoro anche ai suoi coetanei, non può che avere un effetto positivo in termini di prospettive per il futuro dell'agricoltura.
Per di più, se questo giovane ha recuperato una tradizione millenaria, quella dell'estrazione della manna dai frassini delle Madonie (una coltivazione, questa, che rende queste zone uniche, favorita da serie di fattori primo fra tutti quello climatico, con caldo secco e vento leggero), il valore aggiunto in termini di crescita del territorio è ancora maggiore.
Sono molteplici le qualità della manna: in termini salutistici, come regolatore dell'attività intestinale ma anche come dolcificante per diabetici, grazie al fatto che è uno zucchero naturale che contiene pochissimo glucosio. Come materia prima viene utilizzata anche nell'industria dolciaria (come componente di alcune ricette di pasticceria). Infine per la cosmesi, dove è impiegata per levigare la pelle.
"Sì, veramente tante qualità", ci racconta Giuseppe Cassataro, 29 anni, "ma questo non ha impedito che tra la fine degli anni'70 e gli anni '80 la richiesta del prodotto sia crollata, in quanto le aziende farmaceutiche, principali clienti dei produttori della zona, avevano trovato un sostituto chimico alla mannite, e i produttori, che quaranta anni fa erano 1.600, sono oggi 20".
Si potrebbe dire in effetti che la manna di biblica memoria nel secolo scorso abbia tenuto prima fede alle sue rinomate proprietà, creando ricchezza nella popolazione, soprattutto negli anni'60 (i nonni di Giuseppe, che la estraevano, fanno parte di questa generazione), permettendo a molti agricoltori della zona di incrementare la propria disponibilità economica, far studiare i figli, ecc.
Poi però, quando la richiesta è crollata, il prodotto ha dovuto anch'esso sottostare alle leggi di mercato, e sono dovuti passare parecchi anni, e il salto di una generazione, perché nella zona questa coltivazione tornasse ad avere una nuova prospettiva di sviluppo.
Lo stesso Giuseppe è un agricoltore di ritorno, perché i genitori non avevano seguito le orme dei nonni. Oggi i Cassataro vendono il prodotto puro, soprattutto a privati, come i rivenditori di prodotti di erboristeria e prodotti naturalistici, ed anche quello semilavorato, in Italia e all'estero come Germania e Francia.
L'azienda può contare su tre ettari a frassineti, con 1.200 piante (da quest'anno, prima aveva un solo ettaro e 250 piante), ad agricoltura specializzata e non promiscua. Ma il sogno di Giuseppe, che ha studiato economia e poi si è specializzato in sviluppo locale con l'Università di Parma, è quello di allargare il business, arrivando a produrre direttamente in Sicilia prodotti finiti. Per farlo, ha presentato alla Regione, proprio assieme all'Università di Parma, un progetto, seguendo un principio, quello della collaborazione fra azienda agricola e enti di ricerca, che la futura politica agricola ha deciso di valorizzare (vedi P.E.I ).
"Il progetto si propone di andare a scoprire quelle che sono le proprietà ancora poco conosciute della manna, che proviene da una pianta che fa parte delle oleacee, e, questa è una vera "chicca", ha le stesse proprietà antiossidanti dell'olio di oliva. Noi vorremmo realizzare un laboratorio qui a Pollina, dar seguito alle attività di ricerca e produrre qui in Sicilia ciò che oggi viene prodotto, con i nostri "cannoli", in altre regioni. Non si tratta di grosse cifre, con 30-50.000 euro possiamo avviare questa nuova fase per l'azienda".
Ma questo progetto fa parte di un piano di sviluppo aziendale più ampio, che Giuseppe Cassataro ha ben in mente, potendo far affidamento sugli studi fatti in materia, e che ne valorizza le capacità manageriali. "Puntiamo ad assumere altre unità lavorative, e a raddoppiare l'attuale produzione che si aggira intorno ai 150-200 Kg di prodotto all'anno. Naturalmente - prosegue Giuseppe - l'elemento di casualità è sempre presente, ma questo è il nostro obiettivo. Dirò di più: anche se non assumendo direttamente, io credo si possa fare qualcosa anche per l'occupazione giovanile della zona. E' quello che io sto cercando di fare con alcuni ragazzi della mia età, che magari non hanno ancora la possibilità di fare il grande passo e diventare imprenditori come ho fatto io, ma che hanno scoperto la coltivazione del frassino da manna e hanno cominciato ad estrarla, in maniera promiscua.
Ebbene, io faccio due cose: per primo garantisco a quanti più possibile di comprare io il prodotto laddove loro non riescano a piazzarlo sul mercato,utilizzando i miei canali di vendita. Poi, in genere, mi faccio affiancare dai miei coetanei che vogliono imparare questa che è una vera e propria arte dell'estrazione, cercando di trasmettere loro quello che ho imparato in questi anni. Certo, è un lavoro duro, basti pensare che l' unica innovazione, rispetto ad una tecnica che risale alla dominazione araba in Sicilia, è quella dell'estrazione con filo di nylon (prima si usavano paletta e spatola), che permette al cannolo di manna, che è una stalattite più pura, di formarsi. Però in effetti, se penso ai ragazzi della mia età, mi sentirei di dire che è un lavoro che può lasciar spazio anche alle proprie esigenze"
Un giovane dunque, che ha saputo riscoprire un'antica tradizione, cosa che gli ha permesso anche di diventare un presidio Slow Food, e che sembra aver le idee chiare su come sviluppare il proprio lavoro e far crescere il suo territorio.
Andrea Festuccia
a.festuccia@ismea.it
PianetaPSR numero 10 - maggio 2012