Mentre ancora si fa la conta dei danni, le cui stime raggiungono cifre a otto zeri, e si spera che la terra smetta di tremare, l'Emilia Romagna delle campagne e degli agricoltori prova a ritirarsi su, perché il lavoro agricolo non può aspettare. Le perdite in vite umane, nei capannoni industriali, sono un drammatico capitolo a parte. Le preoccupazioni dell'oggi, oltre naturalmente a quelle legate ai fattori sismici, che però non sono controllabili, riguardano in special modo la parte della ricostruzione: capannoni, stalle, fienili venuti giù o lesionati, macchine agricole e impianti idrovori, irrigui, di scolo e di irrigazione danneggiati. E poi ancora danni subiti dai caseifici e direttamente dalle forme di parmigiano reggiano e di grana cadute dalle scalere, o dagli impianti fotovoltaici sui tetti dei capannoni.
Quando non è l'abitazione stessa ad esser stata colpita, oppure è venuta a mancare la manodopera specializzata (è successo ad esempio con molti lavoratori immigrati indiani specializzati nella mungitura delle vacche da latte). Se è scattata subito la macchina della protezione civile e la gara di solidarietà (esemplificata dalla mobilitazione dei cittadini anche attraverso i social network per l'acquisto delle forme di parmigiano cadute), e la mobilitazione istituzionale per lo stanziamento di aiuti alle aziende agricole colpite, dalla viva voce di chi ha subito i danni del terremoto emergono stati d'animo contrastanti: c'è sicuramente stata e c'è grande prontezza nel rimettersi in piedi e una voglia se possibile ancor più grande di lavorare; gli stessi agricoltori hanno provveduto a puntellare, aggiustare, fissare con tiranti e piazzare staffe su edifici lesionati; ci sono poi però difficoltà oggettive, come su dove ricoverare gli animali o dove conferire il prodotto. C'è grande stanchezza, anche nervosa, che contrasta con la grande voglia di fare. E poi c'è la preoccupazione, non ultima, di veder rallentato il lavoro di ricostruzione da lungaggini burocratiche.
Abbiamo provato a "leggere" questi sentimenti ed a sentire dalla viva voce di alcuni giovani agricoltori emiliani esigenze, speranze e aspettative. Il primo è Davide Bulgarelli, che alleva bovini da latte a 30 km da Mirandola: "Le stalle, degli anni'60-70, hanno retto, mentre il fienile e la casa hanno subìto danni. Il danno più grosso però l'ha subìto il caseificio della nostra cooperativa: su 13.000 forme di parmigiano, 11.000 sono cadute. Per fortuna la Latteria Virgilio di Mantova - una cooperativa a cui forniamo la panna per il burro- si è presa la briga di acquisire le forme per grattugiare il formaggio o nel caso di quelle distrutte, direttamente per la fusione, e così abbiamo risolto molto. Ora il problema è quello di dove immagazzinare il formaggio che ancora c'è e quello che produrremo. La giornata ti sfianca, perché passi il tempo a recuperare il recuperabile e a cercare di mettere in sicurezza fienile o fabbricati. E poi, questo è il punto dolente, noi saremmo già pronti con le nostre colonne di formaggio, ma la mia paura è che la burocrazia (in termini di permessi, ecc.) ci blocchi, ed è una cosa che non si potrebbe sopportare, visto il lavoro che stiamo facendo: al netto di queste preoccupazioni, noi in un mese e mezzo potremmo tornare al normale regime di produzione, mentre ci vorranno 6-7 mesi per la funzionalità del caseificio"
Alessandro Goldoni alleva maiali a Medolla in provincia di Modena, (zona fra Finale, Medolla e San Felice, epicentro delle scosse). "Noi facciamo 2 cicli di allevamento di suini grassi l'anno. Sono tra i 'fortunati', perché il terremoto ha coinciso con il periodo giusto di vendita dei suini: avevo 4.200 capi che ho provveduto ad evacuare in gran parte subito dopo la prima scossa. Comunque abbiamo avuto 7/8 crolli totali e qualcuno parziale, con il risultato che ora degli 8 fabbricati oggi solo uno, il più moderno e sicuro, ospita i 500 suini che mi sono rimasti. Il problema è che mancano alcuni permessi per ripartire. Parlando in generale, altro problema è quello dei lavoratori stranieri, perché molti dopo le due scosse sono andati via. Inoltre a mio modo di vedere scontiamo un "gap" strutturale, perché nella macchina dei soccorsi si è provveduto (probabilmente ci sta anche che sia così ma il risultato lo scontiamo noi) prima ai centri storici danneggiati, e nelle campagne in molti casi stiamo ancora aspettando che venga svolta la parte di monitoraggio dei danni e successive procedure burocratiche per il ripristino. Nella speranza che poi il Comune ci dia il permesso per ricostruire (laddove non si può recuperare) nello stesso posto. Aspettiamo insomma rassicurazioni, si può dire che aspettiamo la "normalità".
Quando è la casa ad esser stata colpita, la situazione investe non solo il lavoro. E' il caso di Federica Previdi, un'azienda che produce pere di qualità a Massa Finalese, frazione di Finale Emilia. "Ora dormo in tenda presso l'abitazione di mia mamma", ci racconta Federica, "Certo, il lavoro va avanti. Dal punto di vista produttivo, il capannone non ha subito grossi danni, e sul lavoro in campo aperto si può anche procedere, ma, a parte la questione della casa, che è fondamentale, ci sono problemi per il conferimento della frutta. E del grano, perché i mulini sono danneggiati. Per questo è necessario quanto mai velocizzare gli aiuti".
Tre storie che possono rappresentare insomma lo stato attuale dell'emergenza terremoto, vista dagli occhi degli agricoltori, in questo caso giovani agricoltori che guardano al futuro con speranza ma sono anche consapevoli delle difficoltà, che occorre superare in questo momento. Intorno a loro, una società civile che si è mossa, anche dall'estero: Mattia Dall'Olio, agricoltore della bassa bolognese, a 50 km dall'epicentro, ci parla di "telefonate da tutto il mondo alle aziende del parmigiano per esprimere solidarietà" ma anche di una "mobilitazione dei giovani, delle associazioni e delle parrocchie, con raccolte alimentari e in denaro, per sostenere le persone più in difficoltà". Stringersi attorno a chi è stato colpito maggiormente, per far sentire il sostegno della comunità: l'Emilia Romagna è (anche) questo.
Andrea Festuccia
a.festuccia@ismea.it
PianetaPSR numero 11 - giugno 2012