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Fondi comunitari

Spesa Psr, ultima chiamata per evitare il disimpegno

A novembre mancavano all'appello ancora 293 milioni, ma l'accelerazione consente un cauto ottimismo - Overbooking al Nord e ritardi al Sud: sugli  investimenti pesano anche i nodi della crisi

Il vertice di due giorni tenutosi  a Bruxelles il 22-23 novembre scorso tra i leader europei si è concluso senza un accordo sul bilancio 2014-2020 dell'Unione Europea. L'esito negativo rallenterà la discussione sulla futura Pac e molto probabilmente, tenuto conto che il cosiddetto trilogo non si terrà prima di marzo 2013, non riuscirà ad essere approvata in tempo per l'inizio del 2014, con la conseguente necessità di ricorrere al regime transitorio. A far fallire il vertice sono stati gli scontri fra quei paesi che chiedevano maggior rigore e un bilancio più snello, Regno Unito e paesi del nord Europa, e chi invece chiedeva maggiori spese da parte dell'Unione. A questo scontro si è aggiunto quello fra paesi contribuenti netti  e beneficiari netti (ricevono più di quanto versano).
L'Italia, tra i maggiori contribuenti netti al bilancio comunitario, cerca di non aggravare il saldo negativo annuo che negli ultimi anni ha raggiunto  i 5 miliardi di euro. La Commissione aveva proposto un bilancio ambizioso con uno stanziamento di 1.083 miliardi di euro, pari al 1,05% del Prodotto intento lordo dell'UE.
Il presidente del Consiglio europeo, Van Rompuy, nel tentativo di giungere ad un accordo, ha proposto ben due bozze di compromesso: la prima conteneva un forte taglio alla politica agricola e alla politica di coesione mentre la seconda assegnava più fondi all'agricoltura e alla coesione, togliendoli ad altri capitoli di spesa, prevedendo comunque un taglio al bilancio di 80 miliardi pari ad una riduzione del 2% rispetto al periodo precedente 2007-2013.
Nella prima proposta il secondo pilastro vedeva un taglio del 9,3% rispetto a quella della Commissione attestandosi a 83,7 miliardi di euro. Nella seconda proposta lo sviluppo rurale, invece, mantiene inalterata la dotazione rispetto alla prima versione (89,9 miliardi di euro), ma vengono previsti fondi aggiuntivi ad hoc per alcuni paesi tra i quali l'Italia (1 miliardo di euro).
Le tensioni emerse al vertice europeo riflettono l'enorme importanza strategica che hanno i fondi Ue in questa fase congiunturale negativa che ha investito tutti i Paesi Europei. I fondi strutturali, tra cui il Feasr, impegnano più di un terzo del bilancio comunitario, pertanto l'efficienza della spesa e la capacità di gestione delle risorse assegnate agli Stati membri continuano ad rappresentare un fattore cruciale nei tavoli negoziali.
Intanto, sul piano interno, tornano ad accendersi i riflettori sull'andamento della spesa Psr in questa fase finale dell'anno, dopo gli allarmi lanciati da più parte sul rischio disimpegno. Vediamo più da vicino gli ultimi numeri disponibili, confrontati anche con la situazione delle precedenti annualità. Il monitoraggio mensile mostra un avanzamento in novembre di 261,7 meuro complessivi, corrispondenti a 132 milioni di quota Feasr. L'avanzamento della spesa raggiunge così il 47,22% avvicinandosi alla soglia del 50% del totale fondi assegnati all'Italia.

Le regioni Obiettivo Competitività hanno rendicontato nel mese spese per 161,4 meuro (pari a 73,7 meuro di quota Feasr) mentre le regioni Obiettivo Convergenza 96,7  meuro di spesa pubblica (corrispondente a 56,8 meuro di quota Feasr). Rimane quindi da liquidare per evitare il disimpegno un importo Feasr  pari a 293,6 meuro, di cui 215,8 meuro nelle regioni Convergenza e 75,4 meuro nelle regioni Competitività. Va comunque precisato che allo stesso mese 2011, il totale da spendere era leggermente superiore, con 310,8 milioni di euro
Confrontando il rimanente da liquidare alla stessa data degli anni precedenti (vedi tabella) le regioni del Centro Nord devono spendere 75,4 meuro mentre a fine novembre 2011 rimaneva ancora da liquidare 54 meuro e nel 2010 solamente 14 meuro.
Si nota comunque che gran parte delle regioni del centro nord a novembre 2012 hanno già superato il rischio disimpegno e altre hanno una somma piuttosto modesta da dover rendicontare entro fine anno. Un po' di preoccupazione desta solamente la regione Sardegna cui rimangono da liquidare 45,2 meuro contro i 27 meuro che rimanevano a fine 2011.
Nelle regioni del Centro Sud, la Campania è la regione che ha il minor importo da spendere pari a 19,8 meuro di quota Feasr. Confrontando il rimanente da liquidare nello stesso periodo del 2011, osserviamo che la Sicilia aveva nel 2011 uno stock di fondi da liquidare di 89 meuro, mentre quest'anno deve "solo" spendere 57 meuro; allo stesso modo la regione Calabria, che deve spendere 33 milioni di euro contro i 45 dello scorso anno.
Questo miglioramento può essere spiegato dall'accelerazione della spesa registrata nel secondo trimestre di quest'anno che ha fatto avanzare di molto la performance.
Per un confronto più ragionato tra le ultime due annualità, sembra opportuno fare qualche ulteriore considerazione del contesto in cui inquadrare i numeri. E' opportuno considerare, ad esempio, che il riparto annuale delle somme Feasr da impegnare e spendere nei sette anni di programmazione è stato strutturato in modo da avere un andamento crescente in tutte le regioni: alle ultime annualità sono state assegnate risorse maggiori rispetto alle prime. Questo si riflette inevitabilmente sulle somme - ogni anno maggiori - che ciascun Psr deve portare a rendiconto per non incappare nel disimpegno automatico e restituirle così a Bruxelles.
Le difficoltà di attuazione di alcuni PSR possono essere spiegate dal fatto che alcune misure attivate non hanno ad oggi riscontrato interesse degli operatori e, pertanto, si trovano con una dotazione finanziaria sovrastimata e spesso vincolante per le scelte di programmazione imposte dalla Commissione europea. Altre misure invece stanno ottenendo un grande interesse e  si trovano in una situazione di overbooking con molte domande in attesa di essere ammesse.
Nel conto va messo anche che le misure per le quali è previsto un consistente intervento pubblico scontano un ritardo dovuto al vincolo del patto di stabilità che non permette agli enti pubblici di avere risorse pronte da spendere per gli interventi previsti. Così come non va sottovalutata la difficoltà di attuazione delle misure di investimento dovuta al problema dell'accesso al credito delle imprese. La crisi economica ha accentuato la fragilità finanziaria e le prospettive di crescita delle imprese e il razionamento del credito operato dalle banche è avvenuto in modo indiscriminato e spesso non legato alle prospettive di sviluppo reale.
La situazione risulta quindi molto varia e ma l'impegno per raggiungere gli obiettivi previsti lascia ben sperare. Ad un mese di distanza dalla soglia del disimpegno la macchina amministrativa ha avuto un'accelerazione e sta correndo contro il tempo per mettere in sicurezza tutte le somme ancora a rischio. In conclusione c'è spazio per un cauto ottimismo sul fatto che anche quest'anno non ci sarà nessuna regione che perderà risorse così importanti per il loro sviluppo.

 
 
 
 

Luigi Ottaviani
l.ottaviani@ismea.it

 
 
 

PianetaPSR numero 16 - dicembre 2012