La valorizzazione energetica delle biomasse residuali di origine agricola sembra ormai essere una realtà concreta, grazie anche alla alla spinta dell'Unione Europea sempre più orientata verso un modello agricolo multifunzionale e sostenibile.
Il settore vitivinicolo è caratterizzato (come avviene per tutte le colture arborea) dalla presenza dei residui di potatura (sarmenti), ai quali si aggiungono i sottoprodotti della vinificazione (vinacce, raspi e fecce). Il recupero a fini energetici di queste biomasse non entra in concorrenza con le produzioni alimentari nell'uso dei suoli e, fattore altrettanto importante per il conto economico del progetto, risolve il problema di sottoprodotti che dovrebbero essere comunque smaltiti.
In sostanza, ci sono le premesse di base per l'impiego delle biomasse da sottoprodotti e residui, che permetterebbe di produrre energia elettrica e/o termica sostituendo fonti non rinnovabili con un incremento dei ricavi attraverso l'autoconsumo dell'energia prodotta.
Fino ad oggi, infatti, i produttori hanno fondamentalmente due possibilità per lo smaltimento dei residui colturali:
In entrambi i casi la gestione dei residui di potatura viene trattata come un problema di smaltimento.
Sebbene tali operazioni siano abitualmente effettuate in tempi morti e con macchine ampiamente ammortizzate, alcuni studi[1] hanno stimato che la trinciatura e l'interramento dei sarmenti determinano un costo complessivo di circa 140 €/ha (80 € per la trinciatura e 60 € per l'interramento con una lavorazione superficiale).
La produzione di residui di potatura presenta una certa variabilità secondo i sistemi di allevamento, le cultivar considerate, l'area geografica, il sesto di impianto e le pratiche agronomiche. Un ettaro di vigneto con la forma di allevamento a pergola produce in media 2 - 2.5 t/anno di scarti di potatura[2], il quantitativo risulta inferiore (1.5 -2 t/ha) nel caso dell'allevamento a spalliera.
Per un utilizzo consapevole dei residui a fini energetici, è necessario esaminare le problematiche ad esso collegate su quattro fronti:
La raccolta può essere effettuata attraverso macchine imballatrici e rotoimballatrici, che producono rotoballe da depositare ai bordi del vigneto per essere poi utilizzate negli impianti di produzione di energia. In alternativa, si possono usare macchine trinciatrici. Il trinciato così ottenuto deve essere stoccato in depositi appropriati. In entrambi i casi il macchinario può essere realizzato attraverso adattamenti di macchine già comunemente utilizzate in agricoltura.
Per quel che concerne il trasporto dal vigneto all'impianto di produzione di energia, molteplici analisi concordano nell'indicare che, con gli attuali costi del carburante, al di sopra di una certa distanza - calcolabile in 15/20 km dalla centrale - i costi di trasporto risultino tali da rendere non più conveniente il processo.
I processi di conversione energetica delle biomasse sono molto diversificati, ma per le biomasse ligno-cellulosiche si ricorre principalmente all'impiego di caldaie integrate con macchine per la conversione dell'energia termica in energia meccanica e poi elettrica per servire utenze industriali (es. una cantina cooperativa).
Più che gli aspetti tecnici o i calcoli puramente economici, per la realizzazione di impianti più grandi sono gli aspetti organizzativi l'elemento chiave per l'affermarsi di questo sistema di recupero delle biomasse. Le condizioni favorevoli al riutilizzo delle biomasse nel settore si raggiungono, infatti, attraverso la creazione di una filiera che presenti un buon grado di integrazione verticale.
I vincoli organizzativi di prossimità territoriale possono essere soddisfatti piuttosto agevolmente nel caso delle cooperative vitivinicole, che operano solitamente in un territorio circoscritto e ad alta vocazione produttiva. La gestione del processo in una struttura cooperativa può facilitare la risoluzione dei problemi organizzativi, andando a chiudere il ciclo produttivo: raccolta e conferimento, produzione di energia e utilizzo della stessa.
Nell'ambito delle strutture cooperative il vantaggio economico per il socio-conferitore della biomassa è dato dal risparmio dei costi energetici da parte della cooperativa o dai possibili ricavi ottenibili dalla vendita dell'energia.
I problemi cui è necessario trovare una soluzione sono legati principalmente agli elevati costi di investimento iniziali, ovvero all'acquisto della caldaia integrata che consente la conversione dell'energia termica in energia meccanica e poi elettrica. Una soluzione a tale limite potrebbe giungere con i nuovi PSR (2014/2020) che, inserendo gli scarti di potatura tra i sottoprodotti, potrebbero accogliere l'eventualità di prevedere il cofinanziamento di investimenti di questa natura, soprattutto quando l'analisi costi-benefici, come nel caso specifico, mette in evidenza che l'utilizzazione degli scarti dell'agricoltura, quando avviene secondo criteri organizzativi efficienti, risulta economicamente vantaggiosa.
Jacopo Gabriele Orlando
Simona Romeo Lironcurti
PianetaPSR numero 19 - marzo 2013