"Quando ero bambino andavo con mio padre nei boschi vicino casa a cercare i tartufi. Quelle passeggiate me le ricordo ancora, devo dire che io forse ero più di disturbo che altro, perché magari picchiavo col bastone o correvo intorno a mio padre e così innervosivo il cane, ma evidentemente qualcosa di quella esperienza mi è rimasto"
Comincia così il racconto di Matteo Bartolini, un giovane agricoltore di Città di Castello Perugia), che è passato da un'azienda agricola tradizionale (seminativi) a un'azienda multifunzionale, che fa del tartufo (spontaneo e coltivato) e dell'agriturismo la parte principale del suo business, tanto da creare una "scuola del tartufo", con corsi seguiti soprattutto da turisti stranieri (molti americani, australiani e canadesi).
La sua storia, com'è successo ad altri giovani delle nuove generazioni, non comincia dall'agricoltura.
Padre artigiano, mamma commerciante; tutta la famiglia appassionata di natura e di agricoltura, certo, ma nessuno che lo faccia di professione. Matteo stesso studia economia, comincia a lavorare nel turismo all'estero (Irlanda, Olanda) ma dopo dieci anni decide che quella dell'agricoltura è la sua strada.
Come molti giovani, ha il problema della terra: così, dopo una lunga ricerca, sceglie l'affitto (per 25 anni): 13 ha, da coltivare in parte a seminativo (grano, girasole a rotazione), in parte bosco e tartufaia. Ma il vero business con la tartufaia è nato dopo. Più precisamente quando Matteo si è reso conto, vista anche la conformazione del terreno e la posizione sui clivi, che in conti non tornavano e probabilmente non sarebbero mai tornati. E così, utilizzando uno dei bandi dell'OIGA per la ricerca (bottom up, quindi "dal basso", cioè dall'idea dell'agricoltore si sviluppa il progetto con i partner scientifici) ha avviato un progetto per la coltivazione del tartufo con l'Università di Perugia.
Occorre dire che in questi anni l'attività della coltivazione del tartufo è stata più volte caratterizzata dalla presenza di sedicenti esperti, a volte anche "apprendisti stregoni" che, approfittando spesso della buona fede e della scarsa esperienza di chi si avvicinava a questo mondo, hanno creato illusioni arrecando un grave danno a tutto il sistema.
Anche per questo motivo, ci sembra giusto dare visibilità a chi, come Matteo, ha seguito un processo rigoroso e scientifico, avvalendosi di un partner di primo livello per realizzare il suo sogno. Il progetto si è sviluppato su 2-3 ha di tartufaia (prima poteva contare solo sulla presenza di una tartufaia naturale), con la coltivazione si è partiti nel 2007.
"Dal punto di vista scientifico - spiega Matteo - è comunque una bella alchimia: si passa dall'analisi del suolo per verificare se in quel particolare terreno è possibile avviare la coltivazione, e se sì, di quale tipologia. Dipende, ad esempio, dal ph del terreno, in base al quale vengono scelte le piante nelle cui radici si fanno sviluppare le micorrize del tartufo (nel mio caso io ho roverella, leccio, nocciolo). Ho anche scelto di destagionalizzare la peoduzione, puntando non solo sul tartufo nero pregiato di Norcia (che che può costare fino a 400-500 euro al Kg) ma anche sul nero estivo, il nero invernale di campo e il bianchetto. Tornando alla coltivazione, occorre un monitoraggio continuo, ed è qui la parte fondamentale della ricerca, che ha previsto l'utilizzo di una serie di sensori/rilevatori (con 5 rilevazioni ogni ora) per capire qual è il momento giusto per intervenire con l'irrigazione e la concimazione. Ora il tempo di produzione va dai 4 ai 10 anni, ma si punta a meno, anche grazie a strumenti come questi"
Ma, non va dimenticato, la raccolta del tartufo ha in sé l'elemento antropico/animale come elemento caratterizzante. "Io ho 4 cani - racconta Matteo. Molti mi chiedono quale sia il segreto per avere un buon cane da tartufo, o per sfruttare al meglio le sue capacità. E' chiaro che esistono dei segni convenzionali particolari: solo per fare un esempio, da come muove la coda bisogna essere in grado di capire se ha puntato il tartufo o un altro animale: E poi c'è il tono della voce, che nell'ordine impartito all'animale deve essere da lui riconoscibile, per compiere l'operazione della ricerca. Particolari naturalmente raggiungibili anche solo con l'esperienza, ma fondamentali".
Oggi il tartufo, e l'agriturismo, "pesano" molto più della coltivazione tradizionale nel fatturato aziendale. Anche grazie a soluzioni come quelle della "scuola del tartufo". "Grazie alla destagionalizzazione - racconta Matteo - possiamo organizzare i corsi in più periodi dell'anno. La giornata tipo comincia con la parte teorica, qui nell'agriturismo, che si chiama "Cà Solare", in cui si apprendono le informazioni necessarie per comprendere al meglio la realtà del tartufo. Poi si passa alla parte pratica, con le passeggiate e le escursioni nei boschi e nella tartufaia. C'è poi una parte di laboratorio, in cui facciamo vedere come si prepara la fase della commercializzazione, anche con la preparazione di creme, salse ecc. Si chiude con la parte che forse piace di più a tutti: quella della degustazione, in cui gli ospiti assaggiano le pietanze a base di tartufo, assieme alla mia famiglia".
E il futuro? Matteo ha avviato, nel giugno 2012, una società negli Stati Uniti con due americani, per la ristorazione e la commercializzazione del tartufo. Insomma, impara l'arte (il turismo, la prima occupazione di Matteo) e mettila da parte.......
Andrea Festuccia
PianetaPSR numero 21 - maggio 2013