Sarà il ghiaccio secco a -78 gradi la svolta in cantina per ridurre i lieviti che influiscono sul piano organolettico dei vini rossi, svilendoli con aromi sgradevoli che si annidano nelle barrique. A scoprirlo è il Centro di ricerca per l'enologia di Asti - struttura che fa capo al Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in agricoltura (Cra-Eno) - che ha messo a punto una ricerca sui 'Brett'. Un termine tecnico che sta per Brettanomyces; sono, in pratica, i lieviti della famiglia dei Saccaromiceti , prodotti che ovviamente non destano alcuna preoccupazione per la salute umana, ma sono responsabili di sentori poco piacevoli (come quello di cuoio o di sudore di cavallo, ma anche di cerotto o di plastica bruciata), capaci di coprire gli aromi fruttati e floreali.
Ad anticipare i risultati della ricerca, che verrà ultimata entro l'anno, è Emilia Garcia-Moruno, direttrice del Cra-Eno, punto di riferimento per l'enologia dove viene conservata una collezione di più di 1.500 lieviti e circa 300 batteri d'interesse enologico, che permette di studiare e applicare tecniche di moltiplicazione "in vitro" e metodi di conservazione delle colture, ma anche l'identificazione molecolare e la caratterizzazione dei microrganismi.
Per igienizzare la barrique e quindi ridurre le contaminazioni di Brettanomyces nel vino, il Cra-Eno ha messo a punto la "criosabbiatura" del legno che, essendo materiale poroso, è facilmente colonizzabile da microrganismi presenti naturalmente nel vino. "E' molto incoraggiante quello che abbiamo fatto fino ad oggi", spiega la ricercatrice, secondo la quale l'uso del ghiaccio secco, sarebbe molto più efficace delle procedure normalmente utilizzate in cantina per ammorbidire i 'Brett'.
I metodi di decontaminazione delle botti, infatti, si basano essenzialmente sull'utilizzo di coadiuvanti di natura chimica, in particolare la solforosa, adoperata sia attraverso la pratica del "méchage" - la bruciatura di capsule di zolfo all'interno della botte - sia attraverso il lavaggio con soluzioni di anidride solforosa liquida. L'uso di anidride solforosa (SO2) e i suoi derivati (solfiti), però - precisa la ricercatrice - hanno una duplice azione antiossidante e antisettica, ma con effetti tossici che ne limitano comunque l'impiego.
Tra gli altri metodi invece più salutari, senza additivi chimici, ci sono i normali lavaggi con acqua corrente a pressione normale o ad alta sia calda che fredda, che però non sono in grado di sanificare in profondità il legno.
Sono stati quindi proposti trattamenti alternativi, come ultrasuoni, microonde e ozono, che però - spiegano dal Centro di Asti - si sono rivelati poco efficaci perché non igienizzano completamente le barrique; e poi c'è anche un problema di costi elevati.
"Il trattamento che stiamo studiando oggi - puntualizza la ricercatrice - utilizza la criosabbiatura con ghiaccio secco, anidride carbonica allo stato solido alla temperatura di -78°C e ha una duplice azione: da una parte genera uno stress termico in grado di svolgere un'azione antimicrobica; dall'altra agisce meccanicamente attraverso l'asportazione di un leggero strato di superficie da trattare, senza lasciare residui in quanto il ghiaccio secco sublima immediatamente in CO2 gassosa. la tecnica permette una sanificazione delle superfici senza la necessità quindi di utilizzare prodotti chimici ed è veloce e adattabile".
Senza contare, infine, che le tecnologie criogeniche hanno il vantaggio di funzionare con gas inerti presenti in natura e pertanto lavorazione, impianti ed emissioni derivate dal processo hanno un impatto ambientale irrilevante.
Sabina Licci
PianetaPSR numero 21 - maggio 2013