L'Italia è il Paese europeo con il maggior numero di marchi per i prodotti agroalimentari riconosciuti dall'Unione europea. Ben 838 prodotti che contribuiscono a renderla un Paese unico al mondo per le sue eccellenze in ambito agroalimentare. L'obiettivo di questi marchi è quello di tutelare gli standard qualitativi dei prodotti agroalimentari, salvaguardarne i metodi di produzione, fornire ai consumatori informazioni chiare sulle caratteristiche che conferiscono un valore aggiunto ai prodotti. Ed è proprio grazie alla ricchezza informativa, data al consumatore attraverso il rispetto dei disciplinari di produzione, che si sostengono le produzioni nei territori del nostro Paese, con lo scopo principale di ricompensare gli sforzi dispiegati dai produttori per ottenere una gamma diversificata di prodotti di qualità ed avere ricadute positive per l'economia del territorio. Nel primato raggiunto dall'Italia per il numero di marchi di qualità troviamo un altro primato, quello del marchio da filiera etica, il NoCap, che rappresenta la prima certificazione contro ogni forma di caporalato e sfruttamento del lavoro in agricoltura.
A guidare e promuovere la realizzazione della filiera etica è l'associazione No Cap, fondata da Yvan Sagnet attivista ed ingegnere di origine camerunense, impegnato da anni in vari territori del Mezzogiorno per promuovere la sua battaglia alla legalità nel settore dell'agricoltura. Il progetto mira a contrastare il caporalato e, in generale, il lavoro irregolare nel settore agricolo, garantendo ai produttori un prezzo giusto per i loro prodotti e ai lavoratori il pieno rispetto dei loro diritti, a partire dall'applicazione dei contratti collettivi del lavoro. Le aree interessate dal progetto sono tre: Capitanata (Puglia), dove si raccolgono pomodori che si trasformano in conserve (pelati e passate), il Metapontino (Basilicata), area vocata alla raccolta e confezionamento dei prodotti freschi (tra cui finocchi, carciofi, peperoni, uva, insalata, ortaggi e frutta) e il Ragusano (Sicilia), dove si coltivano diverse varietà di pomodoro (pachino, pomodori gialli, ciliegino). Il progetto nasce nel 2011 e coinvolge una ventina di aziende e circa 100 braccianti extracomunitari selezionati principalmente all'interno di ghetti e baraccopoli delle tre regioni, sottratti alla malavita e al ricatto dei caporali. A questi ragazzi, provenienti da diverse zone dell'Africa; Ghana, Senegal, Mali, Burkina Faso, Gambia e Costa d'Avorio, sono stati garantiti alloggi dignitosi e contratti di lavoro regolari, spostamenti con mezzi di trasporto adeguati, dispositivi di sicurezza sul lavoro e visite mediche adeguate.
L'innovazione del progetto NoCAP nasce appunto nella capacità di saper integrare e promuovere la collaborazione tra tutti gli attori locali e gli enti che realizzano la filiera di un prodotto, dal campo fino agli scaffali dei supermercati. Il progetto rappresenta il primo esperimento in Italia basato su un sistema di tracciabilità delle filiere agroalimentari mediante l'uso di due marchi quello denominato "NoCap" promosso dall'Associazione NoCap e del marchio di qualità etico "IAMME".
Questo marchio è frutto dell'intesa tra il Gruppo Megamark di Trani, una delle aziende che si occupano di distribuzione e commercializzazione di prodotti alimentari più diffusa nel Sud Italia e No Cap, che si batte per sostenere e valorizzare le aziende agricole che rispettano la legalità, e Rete Perlaterra, un insieme di imprese che seguono pratiche agroecologiche di lavoro della terra. Nel protocollo firmato col Gruppo Megamark si è proceduto all'impegno di acquistare prodotti agricoli etici garantiti dal marchio NoCap, rilasciato alle imprese agricole e di trasformazione dopo apposite verifiche effettuate dagli ispettori dell'Associazione NoCap e, successivamente, dall'ente di certificazione DQA accreditato presso il Mipaaf e Accredia, rispettando tutti i criteri di certificazione etica ed ambientale. I prodotti a marchio "IAMME", disponibili in molti supermercati soprattutto nelle Regioni del Sud Italia, sono in primis il pomodoro biologico disponibile come passata, pelati, datterini, ciliegini e pomodori gialli in bottiglia e in latta, ma anche altra verdura e frutta di stagione dai carciofi ai peperoni, fino ad arrivare all'uva. Questo sistema rappresenta una novità per il sistema di commercio locale, nel quale il processo di definizione e determinazione del prezzo è partecipativo dal basso, in quanto è sempre stata la Grande Distribuzione Organizzata a dettare il prezzo del prodotto, andando purtroppo ad incidere pesantemente sull'economia degli agricoltori i quali si rifacevano sui braccianti con misere paghe e sfruttamento. Inoltre, il progetto si pone tra gli obiettivi quello concreto di produrre cibo di qualità sia dal punto di vista del gusto che del lavoro, andando infine a strappare alle mani dell'illegalità tutte le persone che oggi sono sfruttate. Questo sistema di filiera fondato sulla trasparenza e sulla legalità può diffondersi anche in altre regioni italiane andando a sconfiggere il caporalato o altre forme di sfruttamento in agricoltura, ma sicuramente questo non basta e servono azioni più radicali a livello dell'intero territorio italiano. La sostenibilità dell'intero progetto è quella di puntare a filiere controllate dal campo allo scaffale, intervenendo in profondità e partendo dalla base, dai ghetti, per risalire tutta la catena e arrivare infine al consumatore. Ed è proprio il consumatore che in questo progetto assume un ruolo strategico, e può fare concretamente la differenza, in quanto il cambiamento deve essere innescato anche a livello culturale. Questa tipologia di progetti potrà avere una sua sostenibilità solo se, i consumatori prenderanno consapevolezza di quello che comprano e inizieranno a chiedersi da dove viene e come è stato prodotto ciò che mettono nel carrello. E, nella consapevolezza che un prodotto è più sano e migliore per l'ambiente se rispetta determinati standard produttivi, dovrà esserlo anche nel sistema col quale quel prodotto raggiunge le nostre tavole. E se questa consapevolezza non si facesse strada nelle coscienze dei consumatori e dei nostri decisori politici, si continuerà ad alimentare inconsapevolmente il sistema di sfruttamento e a sostenere un sistema distorto e illegale di produzione.
Maria Valentina Lasorella
PianetaPSR numero 100 marzo 2021