Innovazione e tradizione sono le parole d'ordine per Loretta Di Simone, 38 anni, una laurea in Giurisprudenza alla Luiss di Roma, diventata titolare nel 2008 de 'La Turchina', azienda di famiglia da 4 generazioni nel cuore della Maremma a due passi da Tarquinia, nel Viterbese. La famiglia è originaria delle Marche ed è venuta nell'alto Lazio negli anni '40, per stabilirvisi definitivamente. Duecento ettari dove, con un business moderno, sono state recuperate le coltivazioni del grano Senatore Cappelli e del farro, il cereale degli Etruschi. Un'attività che ha portato Loretta a vincere qualche anno fa il premio europeo "Giovane agricoltore europeo più innovativo". Ma che non si è fermata lì: a luglio scorso ha sottoscritto un contratto di rete, di cui è presidente, insieme a quattro aziende della zona per allargare gli orizzonti della vendita dei suoi prodotti e non solo.
"Ho deciso di fare l'imprenditrice agricola per una concomitanza di eventi. Dopo essermi laureata nel 2004, ho seguito un paio di corsi di formazione della Regione Lazio per specializzarmi in marketing e business plan, poi un altro ancora sulla gestione di un agriturismo, ma la passione per l'agricoltura già covava''.
E poi, come sono andate le cose?
"Nel 2006 sempre la Regione Lazio ha invitato l'azienda a partecipare ad una bio fiera, visto che producevamo biologico già dal 2000. Mancava il fronte della trasformazione di quello che coltivavamo, oggi essenziale per chi decide di stare direttamente sul mercato. E coì con mia sorella ci siamo date da fare, è stata una corsa contro il tempo ma alla fine abbiamo portato in fiera il farro spelta perlato e l'olio extravergine di oliva fatti con le nostre materie prime; mia sorella ha un'altra azienda olivicola nella zona. Forse la scintilla è scoccata proprio per il successo che abbiamo riscosso in quella occasione, spingendoci ad ampliare la gamma dei prodotti, in pasta e farine"
E così è diventata titolare del'azienda?
''Sì nel 2008 de 'La Turchina', il cui nome è dovuto al fatto che a 58 metri sotto terra c'è argilla blu che indica la presenza di acqua. Ho quindi partecipato ad un bando Psr per il primo insediamento, grazie al quale ho ristrutturato un vecchio magazzino adibendolo a "boutique del gusto" per la vendita diretta. Ho quindi iniziato ad avere un sito per vendere on line i nostri prodotti, un'antesignana a quei tempi''.
Cosa produce?
''Cereali e foraggio per fare un'agricoltura sana, eco-biocompatibile, improntata soprattutto al recupero di antiche varietà del territorio, come il farro dicocco, lo spelta e il Monococco, l'orzo, il grano duro Senatore Cappelli che trasformiamo in pasta essiccata a temperatura inferiore ai 38°; una lavorazione molto particolare che abbiamo affidato ad un pastificio toscano. E poi anche i ceci varietà Sultano che commercializziamo in granella e in farine integrali macinata a pietra. Abbiamo poi un'altra linea di produzione destinata all'industria''.
Il grano Senatore Cappelli sta tornando molto in auge.
''E' da diversi anni che lo abbiamo recuperato, mio nonno lo aveva coltivato fino al 1977, per poi indirizzarsi su altre varietà moderne. Il Cappelli è un grano che cresce fino a 1 metro e 80 ed è facilmente danneggiabile da vento e pioggia, ha costi di produzione alti e una bassa resa per ettaro, per questo era in via di estinzione; ma il mercato lo sta riscoprendo perché è un grano che ha un sapore unico e un glutine "buono". Ne ricavo una pasta particolare che commercializzo su Internet, nelle fiere ed esporto in Germania e Austria. E' ottima per combattere le intolleranze e proprio su questo fronte lavoriamo sia con l'Universtà di Bologna e Firenze che con diversi medici".
Insomma un mix di antico e moderno?
"In effetti è questa la nostra filosofia: coltiviamo antichi cereali lavorati con mezzi moderni, con una super seminatrice di ultima generazione e venduti anche attraverso la rete. Siamo anche una fattoria didattica non solo per le scuole superiori ed università, ma anche per molti istituti di ricerca che vengono a visitarci proprio per vedere questa sinergia, dove l'antico si integra con il nuovo e con il valore ambientale ed economico, ovviamente''.
E il contratto di rete?
''Sono davvero entusiasta di questo strumento che permette di fare tanto, mantenendo la propria indipendenza. Con quattro altre aziende, siamo in 5 in tutto, abbiamo deciso di metterci insieme per far scoprire il territorio della Farnesiana tra le Province di Viterbo e Roma, ricco di tesori naturalistici, storici, archeologici ed enogastronomici ancora poco conosciuti. Ci siamo impegnati a promuovere attraverso pacchetti dedicati, il cosiddetto turismo rurale. Bene anche che la nuova riforma della Pac spinga questo strumento fondamentale oggi per essere competitivi".
Programmi per il futuro?
"Tanti, sogno un agriturismo dove offrire una piccola ristorazione con degustazioni mirate. Ma anche puntare sulla zootecnia, creando una linea di genealogia bovina 100% italiana. Un sogno questo in parte che ho cominciato a realizzare, perché di capi in azienda ne ho già una ventina tra limousine e maremmane''.
Sabina Licci
PianetaPSR numero 41 - marzo 2015