Innovazione e Agri-tech rappresentano le forze trainanti dell'agricoltura 4.0 che punta ad introdurre in azienda strumenti di precision farming e innovazioni tecnologiche che consentano di puntare ad un'agricoltura sempre più competitiva e rispettosa dell'ambiente. A riguardo, uno studio condotto a livello nazionale Nomisma su un campione di più di 1000 aziende agricole ha messo in luce gli aspetti incentivanti e limitanti la diffusione delle nuove tecnologie a livello aziendale.
Lo studio evidenzia come negli ultimi 3 anni il 22% delle aziende agricole italiane ha investito in strumenti di precision farming (macchine operatrici a dosaggio variabile; trattrici con guida assistita; software, centraline, mappe e sensori; sistemi di raccolta, integrazione e analisi delle informazioni o big data) con una maggiore propensione all'investimento nelle aziende del Nord Italia che operano nei settori dell'allevamento, cerealicolo e delle colture industriali aventi con una classe di fatturato di oltre 50.000 Euro e un organico composto da giovani lavoratori di età compresa tra i 18 e 35 anni.
Al contrario, tra le principali motivazioni che hanno portato il 78% delle aziende italiane a non investire nelle tecnologie di agricoltura 4.0 vi è la carenza di risorse finanziarie (36% dei casi), le piccole dimensioni dell'azienda e l'assenza di un successore in azienda (32%). Per il 10% degli intervistati invece, non appaiono chiari i vantaggi derivanti dall'adozione di questi strumenti che non apporterebbero alcun beneficio utile all'azienda.
In tale contesto un ruolo cruciale è svolto dalla nuova figura dell'imprenditore 4.0; il profilo che emerge è quello di un giovane laureato ma anche perito agrario, con azienda zootecnica oppure cerealicola, di oltre 20 ettari, e un fatturato annuo superiore ai 50mila euro. Ma vi sono tutt'ora, anche tra le nuove generazioni, diversi ostacoli all'introduzione dell'agri-tech in azienda.
Prima fra tutte le risorse economiche e le dimensioni aziendali che spesso non consentono l'introduzione di sistemi tecnicamente avanzati da giustificare i costi a volte elevati. Al contrario lo studio evidenzia che l'introduzione di un'agricoltura 4.0 in azienda ha diversi risvolti positivi, che non sono esclusivamente economici (minori costi e/o maggiori ricavi), ma interessano anche risvolti ambientali (minori impatti produttivi e tutela delle risorse naturali) e soprattutto sociali, dato che possono fungere da reale strumento di attrazione per i giovani in questo settore e favorire così quel ricambio generazionale tanto auspicato.
Inoltre, la consapevolezza sempre maggiore dei consumatori sempre più attenti alla sostenibilità delle produzioni richiede a chi produce di farlo in maniera più sostenibile, senza impattare sulle risorse naturali. Questo risultato evidenzia come agli agricoltori, agli allevatori compete di mettere a punto nuove professionalità, producendo con più efficienza e meglio prodotti più salubri, in armonia con l'ambiente e il territorio; all'industria dare valore alle materie prime, alla distribuzione ed al consumatore responsabile farsi carico, per quanto di competenza, dei costi di un cibo più buono e più giusto.
Ad oggi, l'agricoltura 4.0 presenta un mercato con valori compresi fra i 370 e i 430 milioni di euro, il 5% di quello globale e il 18% di quello europeo; si avvale di 300 nuove soluzioni tecnologiche, dall'innovazione in campo al packaging, che è anch'esso "intelligente". Però, nonostante i progressi conseguiti, ancora superfici troppo esigue circa 1% della superficie coltivata è gestita con soluzioni smart. Serve quindi un'opera di informazione e divulgazione, per facilitare le imprese a diventare più digitali, ma va pure avviato un nuovo corso di promozione dell'innovazione superando i problemi connessi all'esiguità delle risorse disponibili, ma anche e soprattutto alla qualità dell'organizzazione del sistema, con particolare riferimento ai nodi strutturali (dalle infrastrutture alla digitalizzazione delle campagne) e al disegno delle politiche, in una chiave di crescente orientamento alla domanda.
Ma per fare tutto questo le aziende agricole chiedono politiche che incrementino la redditività delle aziende, che implicano un innalzamento degli standard quantitativi e qualitativi.
Lo sviluppo dell'agri-tech è ovviamente la strada da percorrere, infatti grazie all'ausilio di moderni sistemi di raccolta e analisi dei big data, l'agricoltore potrà stilare un bilancio delle colture e fare valutazioni previsionali ed economiche. Una rivoluzione inarrestabile, ma che deve ancora fare i conti con diverse criticità: prima tra tutte il ricambio generazionale, siamo ultimi tra i grandi paesi Ue, inoltre gli indici di redditività media sono troppo bassi, quindi è difficile intravedere una possibilità di rientro dell'investimento.
Inoltre, vi è mancanza di programmazione in azienda, bisogna sapere cosa si produce e quello che chiede il mercato, invece mancano ancora le informazioni di base. Ad oggi c'è ancora una percentuale piuttosto alta di imprese agricole che investono singolarmente e utilizzano risorse finanziarie proprie, investendo in conoscenza e in capacità di fare rete che rappresentano i veri motori dello sviluppo, necessari sia per imprese piccole e grandi per raggiungere una economicità degli investimenti e per affrontare mercati sempre più complessi e lontani dove la strategia vincente è quella di chi sa fare squadra!
Nota: I dati riportati nell'articolo sono tratti da:
- Survey Nomisma
- Dati sulle statistiche Agr. 4.0 a livello Globale, EU e Nazionale - Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano e del laboratorio RISE dell'Università degli Studi di Brescia, presentata a Palazzo della Valle sede di Confagricoltura, durante l'evento «Agricoltura digitale 4.0: sicurezza, sostenibilità e casi virtuosi.
Maria Valentina Lasorella
Postazione Regionale Rete Rurale E-R
PianetaPSR numero 87 gennaio 2020