"Di fronte a una situazione profondamente mutata bisogna essere capaci di rispondere in maniera diversa. L'Unione europea deve essere un contesto politico e non esclusivamente burocratico nel quale ci si limita ad adempiere ad alcune norme o a rispettare dei principi, perché si rischia, come è accaduto, di essere superati dagli avvenimenti. Il piano politico, invece, permette di analizzare le situazioni e di affrontarle verificando quali possono essere strade per riuscire a raggiungere i risultati sperati".
Lo ha detto il Ministro dell'Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida, nel corso della conferenza stampa con la quale ha illustrato il documento presentato dall'Italia al Consiglio Agrifish del 26 febbraio scorso.
Il no-paper, ha aggiunto il Ministro "contesta alcune scelte, ma propone anche delle soluzioni", un atteggiamento che, ha sottolineato Lollobrigida, ha incontrato il favore di molti Stati membri che hanno appoggiato le proposte italiane, riconoscendo la necessità di intervenire di fronte ad un cambiamento dello scenario internazionale come quello che ha caratterizzato gli ultimi anni.
La pandemia, la crisi ucraina e quella del Golfo, ha spiegato il Ministro, hanno portato all'indebolimento di un modello di relazioni: "Se prima c'era la possibilità di puntare a un quadro di regole che valessero per tutti e un mercato che potesse essere regolato a livello planetario, oggi non è più così, questa dinamica impedisce di proseguire per la stessa strada".
Il rischio, evidenzia Lollobrigida, è quello che l'Europa si trovi sola nel sostenere come prioritario l'aspetto della sostenibilità ambientale, avendo come conseguenza una riduzione della produttività e del reddito degli agricoltori in parallelo con un aumento delle importazioni extra UE che spesso, ha precisato, non rispettano le regole UE, né sul piano ambientale, né su quello sociale.
"Tutti si riempiono la bocca del termine semplificazione - ha detto il Ministro -, ma poi ogni volta ci si ritrova a delineare un percorso sempre più complesso in cui gli agricoltori vengono gravati di regole e orpelli sempre maggiori. La PAC ne è un esempio: riporta un modello che aggrava imprenditore agricolo di tutta Europa di una serie di criticità in termini operativi che hanno moltiplicato le problematiche".
Le conseguenze del Farm to Fork voluto dalla Commissione sono oggetto del documento presentato dall'Italia al Consiglio, dove si sottolineano i rischi, per gli agricoltori europei, di una rilevante perdita di produttività e di quote di mercato rispetto ai competitor extra UE.
La strategia "Farm to fork" prevede il raggiungimento di obiettivi estremamente ambiziosi entro il 2030:
- ridurre di almeno il 50% l'uso dei fitofarmaci in agricoltura;
- ridurre di almeno il 20% l'uso di fertilizzanti a base di fosforo e azoto;
- ridurre di almeno il 50% l'uso degli antimicrobici negli allevamenti;
- incrementare la superficie destinata a produzioni biologiche dell'UE in modo che al 2030 rappresenti almeno il 25% della superficie agricola europea.
Secondo uno studio del JRC l'impatto di queste norme sulla produzione agricola dell'Europa, infatti, si tradurrebbe in una sua significativa riduzione, capace di arrivare al 10-15% per cereali, semi oleosi, carne bovina e vacche da latte. Un calo della produttività che sarebbe inevitabilmente compensato dai prodotti di Paesi extra UE. A questo infatti, si legge nel documento, si aggiungerebbe anche la beffa di un incremento delle emissioni a livello globale, conseguente alla sostituzione della produzione agricola europea, la più sostenibile al mondo, con quella più inquinante ottenuta in aree meno regolamentate sotto il profilo dei vincoli ambientali.
"Questi anni difficili - è scritto nel no paper - dovrebbero averci insegnato quale può essere il costo economico, sociale e anche ambientale delle cosiddette 'dipendenze strategiche'".
Nell'ottica della volontà di fornire risposte efficaci, ma soprattutto tempestive, alle esigenze e alle problematiche manifestate dagli agricoltori, l'Italia ha individuato alcuni punti su cui può essere possibile intervenire anche in tempi brevi, fissando alcuni paletti per le future programmazioni PAC.
La Commissione dovrebbe prevedere e adottare un quadro temporaneo per fronteggiare la crisi del settore agricolo, garantire una moratoria europea sui debiti degli agricoltori dei diversi Stati membri e incrementare l'importo degli aiuti in "de minimis" nel settore agricolo a 50.000 euro.
Rimuovere l'obbligo di messa a riposo dei terreni (BCAA8), in deroga per l'attuale programmazione e in via definitiva nella prossima. Rivedere gli obblighi di avvicendamento e garantire maggiore flessibilità agli Stati membri, in modo da adattare i vari impegni alle condizioni pedoclimatiche di ciascun territorio. È fondamentale inoltre prevedere adeguate risorse finanziare per sostenere il reddito degli agricoltori, garantire la sicurezza alimentare e mantenere un tessuto rurale vitale. Secondo il governo italiano, inoltre, non è possibile veder cambiare il quadro normativo ogni cinque anni, ma è necessario assicurare la stabilità di regole e incentivi e cristallizzare la situazione attuale dei pagamenti diretti aumentandone il budget. Inoltre per favorire il ricambio generazionale andrebbe aumentato l'aiuto ai giovani, in deroga a quanto attualmente previsto, mirando a un significativo potenziamento post 2027.
Secondo il governo italiano è fondamentale avviare una attenta riflessione alla luce dei risultati raggiunti dopo il primo anno di attuazione, soprattutto per quanto concerne la possibilità di remunerare la produzione di beni pubblici e le esternalità positive prodotte dal settore agricolo.
Nel documento presentato dal Ministro si sottolineano alcuni aspetti fondamentali per i singoli settori sui quali è necessario intervenire:
-La quantificazione del contributo destinato al sostegno dell'olio extra vergine di oliva si basa sulla percentuale del valore della produzione commercializzata che non dovrà scendere al di sotto del 15% per tutto il periodo di programmazione in corso.
-Innalzare l'intensità dell'aiuto della spesa effettivamente sostenuta dagli operatori al 60%, riducendo, al contempo, la partecipazione finanziaria a carico del produttore e/o dell'organizzazione;
-Eliminare i limiti temporali previsti per le autorizzazioni e il reimpianto di vigneti o ampliarli ad almeno 8 anni e prevedere in caso di estirpazione di un vigneto per problemi fitosanitari, il suo reimpianto e la copertura dei costi per il mancato reddito.
-Prevedere un sistema in base al quale gli Stati membri siano messi in condizione di attivare misure straordinarie necessarie per risolvere questioni emergenziali, senza attendere l'adozione di uno specifico atto da parte della Commissione.
Rafforzare gli strumenti con l'apertura di stoccaggi di prodotti agricoli a livello unionale e nazionale, sulla base di esigenze specifiche, anche locali, manifestate dagli Stati membri, da sostenere con risorse Ue e anche aiuti di stato.
Nell'ambito del secondo pilastro l'Italia chiede di attivare un piano straordinario per il ricambio generazionale e la diffusione di innovazione e servizi per le imprese agricole, estendendo gli incentivi previsti per i giovani oltre i primi 5 anni dall'apertura dell'azienda, per accompagnare meglio la crescita dell'impresa e la sua competitività. Il no paper prevede inoltre l'accesso semplificato dei piccoli agricoltori (attraverso costi standard) ad investimenti aziendali di piccola taglia e alla terra, il rafforzamento degli strumenti di gestione del rischio, sia attraverso una maggiore dotazione finanziaria dedicata ad assicurazioni e fondi di mutualità, sia innovando gli strumenti, in particolare prevedendo formule di compensazione anti-cicliche. Infine la proposta italiana sottolinea la necessità di promuovere e incentivare il ruolo dei contratti di filiera per dare stabilità al sistema e permettere pianificazioni di medio termine e di adottare regole transitorie urgenti per disciplinare il passaggio dal periodo 2014-2022 al periodo 2023-2027.
La necessità di intervenire con continuità nella gestione di crisi di diversa natura (climatiche, sanitarie, fitosanitarie, ecc.) che impattano fortemente sul reddito degli agricoltori, determina l'esigenza, per il settore agricolo, di dotarsi di una riserva di crisi di importo adeguato, da finanziare con risorse extra PAC, per evitare ulteriori decurtazioni ai pagamenti diretti.
Per rispondere alle esigenze degli agricoltori e delle amministrazioni, il no paper presentato dall'Italia propone un'operazione di radicale semplificazione, a partire dalle procedure di modifica dei Piani strategici, che devono contenere solo elementi programmatori di carattere generale, eliminando tutti i dettagli che hanno valenza solo in fase di attuazione nazionale. Inoltre i tempi per l'entrata in vigore delle modifiche ai Piani strategici proposte dagli Stati membri devono essere accorciati, in modo da garantire ai beneficiari di aderire ai vari impegni senza dover perdere un'intera annata agraria. In particolare, le modifiche ai Piani devono entrare in vigore a decorrere dalla notifica alla Commissione europea, senza dover attendere la relativa decisione, sia per il primo che per il secondo pilastro.
Inoltre si chiede che il periodo di osservazione e di controllo della consistenza del bestiame sia ridotta di almeno tre mesi, per poter erogare gli anticipi della PAC in tempi più brevi, e che i controlli relativi alla riduzione dei prodotti fitosanitari siano effettuati attraverso il Quaderno di campagna, che contiene dati dichiarati dagli agricoltori e informazioni provenienti da banche dati certificate
La differenza tra gli standard (sanitari, ambientali, sociali) imposti in Europa e quelli previsti in altri Paesi minaccia la competitività dei nostri agricoltori, determinando differenze nei costi ormai molto significative. Per questo, secondo quanto chiesto dall'Italia, è necessario introdurre in tutti i trattati efficaci regole di reciprocità per il commercio di prodotti agricoli (le cosiddette clausole a specchio). Nessun accordo commerciale tra Commissione europea e Paesi terzi può essere stipulato se non si garantiscono gli stessi standard in vigore nel mercato UE, in termini di sicurezza sanitaria, alimentare ed ambientale, sicurezza sul lavoro e diritti dei lavoratori.
La direttiva di contrasto alle pratiche sleali nel settore agroalimentare è un segnale ma non basta. Il documento italiano chiede di irrobustire l'impianto normativo della direttiva, pensando alle possibilità di intervenire per supportare il potere contrattuale (e/o per prevedere la compensazione) delle componenti più deboli della filiera e assicurare maggiore trasparenza dell'origine del prodotto in etichetta.
La Proposta di regolamento sul ripristino della natura non deve determinare oneri per il settore, così come gli impegni previsti dalla direttiva sul monitoraggio del suolo devono essere allineati agli interventi contenuti nei Piani strategici della PAC.
L'Italia considera l'opportunità di cercare alternative all'utilizzo dei fertilizzanti chimici molto importante, nell'ottica del perseguimento della sostenibilità ambientale. "A tale proposito - si legge nel documento -, il Centro Comune di Ricerca JRC ha portato a termine un progetto di ricerca che mira ad aiutare a definire quali criteri armonizzati potrebbero essere applicati per consentire l'uso di fertilizzanti azotati derivati dal letame. In questo contesto, la Commissione dovrebbe riconoscere gli effetti positivi dell'impiego dei fertilizzanti azotati di origine organica, quali il digestato ottenuto dalla digestione anaerobica di sottoprodotti agricoli e zootecnici, nel pieno rispetto dei principi dell'economia circolare".
L'Ue si deve dotare di risorse specifiche per affrontare le emergenze di carattere sanitario e fitosanitario, per sostenere iniziative comuni e indennizzare gli agricoltori danneggiati, soprattutto se la diffusione di tali patologie è favorita dalla eccessiva presenza di animali selvatici.
Matteo Tagliapietra
PianetaPSR numero 131 febbraio 2024