In uno scenario di carenza idrica globale, riutilizzare le acque reflue rappresenta un'opportunità per l'agricoltura, configurandosi come fonte di approvvigionamento aggiuntiva disponibile tutto l'anno.
Le acque reflue urbane in uscita da un depuratore possono, infatti, essere riutilizzate per l'irrigazione se adeguatamente trattate per renderne l'uso sicuro per le produzioni agricole, l'ambiente e la salute umana.
Seguendo l'approccio fit for purpose della norma europea [1], il primo passo per programmare il riutilizzo a scala territoriale è di verificare se l'acqua rilasciata da un depuratore rispetta i requisiti di qualità richiesti dalle colture praticate nelle aree circostanti.
La relazione del CREA a Ecomondo 2024, presentata da Marianna Ferrigno, ha esposto un approccio qualitativo utile alla pianificazione degli investimenti per la distribuzione a scopo irriguo dei reflui urbani affinati in conformità alle norme europee, basato sulle informazioni presenti sia nelle banche dati SIGRIAN e DANIA del CREA che rese disponibili da altri istituzioni ed enti nazionali quali ISPRA, ISTAT e AGEA.
La partecipazione all'evento si inserisce nel più ampio quadro di attività svolto dal CREA in merito alle soluzioni di efficientamento dell'uso dell'acqua in agricoltura e di adattamento ai cambiamenti climatici nell'ambito del progetto SMACC [2].
La recente revisione della direttiva sulla depurazione incoraggia il riutilizzo delle acque reflue urbane trattate, individuandole come fonte idrica aggiuntiva soprattutto nelle zone soggette a stress idrico, e ne favorirà nel lungo periodo l'attuazione imponendo trattamenti di depurazione più avanzati anche per piccoli nuclei urbani [3].
I 6,7 miliardi di metri cubi di acque reflue che ogni anno in Italia confluiscono agli impianti di depurazione [4], sono una fonte di approvvigionamento di acqua "non convenzionale" utile a coprire i fabbisogni anche in ambito irriguo, da applicare tenendo contro di quanto previsto dal Reg. (UE) 741/2020. Dal 2023, vigono infatti sul territorio dell'Unione regole e approcci comuni per valutare e minimizzare caso per caso i rischi connessi al riutilizzo a scopo irriguo dei reflui urbani depurati [5].
Secondo un approccio "fit for purpose", il Reg. (UE) 741/2020 definisce, infatti, la classe minima di qualità delle acque (da A a D) che serve ad irrigare una determinata categoria di colture anche in funzione della tecnica di irrigazione utilizzata (fig. 1); ad ogni classe di qualità delle acque associa il livello minimo di trattamento del refluo (secondario, filtrazione, ecc) e determinate prescrizioni di qualità in uscita dall'impianto di affinamento (fig. 2). La classe di qualità applicata può diminuire grazie all'utilizzo di barriere accreditate, tra cui rientrano le tecniche di irrigazione che riducono il potenziale veicolamento dei contaminanti verso le colture [6].
Le Regioni e Province autonome pianificano le attività di riutilizzo individuando gli impianti di depurazione esistenti che possono essere destinati alla produzione di acqua affinata, sulla base di una valutazione costi-benefici. Nel fare questo devono tenere conto non solo della quantità di acqua prodotta dall'impianto rispetto al volume irriguo necessario, ma della potenziale compatibilità tra classe di qualità legata al livello tecnologico dell'impianto e i fabbisogni irrigui sito specifici. Va poi considerata come situazione al contorno la presenza di un ente adatto alla distribuzione del refluo affinato almeno a livello sovracomunale come possono essere gli enti di bonifica ed irrigui oltre che la presenza di una rete di distribuzione o degli investimenti necessari a realizzarla.
Ai fini della programmazione degli interventi è necessario, pertanto, disporre ed intersecare dati di diversa natura. Tale tipologia di indagine rientra tra gli obiettivi del progetto SMACC del CREA PB, affidato da parte del MASAF, e che prevede una specifica attività di ricerca e supporto istituzionale sul riuso irriguo di reflui urbani affinati. Tra gli obiettivi del progetto vi è con lo scopo allo scopo di supportare la programmazione del riutilizzo irriguo di acque affinate, in applicazione del Reg. (UE) 741/2020, e definire le priorità di investimento.
L'approccio metodologico applicato si basa sull'incrocio di informazioni provenienti da diverse fonti disponibili presso il CREA e altri enti e istituzioni nazionali, di modo da garantire la replicabilità del metodo sull'intero territorio nazionale.
Alla valutazione dei fabbisogni irrigui sito specifici dal punto di vista quantitativo è stata affiancata una valutazione qualitativa confrontando il livello tecnologico dell'impianto di depurazione e la caratterizzazione agronomica dell'area agricola servita, indagando le colture presenti e metodi irrigui utilizzati. Dirimente è anche la presenza di reti irrigue adatte alla distribuzione del refluo.
Una prima analisi, presentata ad Ecomondo, è stata applicata al caso studio del depuratore di Olbia da cui vengono convogliate acque reflue trattate per irrigare i distretti irrigui limitrofi attraverso una infrastruttura irrigua per la quale è presente in DANIA un progetto di potenziamento.
Dal punto di vista quantitativo, secondo le informazioni delle banche dati SIGRIAN e DANIA, le acque veicolate dall'infrastruttura in progetto sono sufficienti a soddisfare il 90% del fabbisogno irriguo dell'area agricola servita [7]. Anche sotto il profilo qualitativo, l'analisi applicata restituisce potenziale compatibilità (fig. 3) [8].
Pur dovendo verificare l'entità dei parametri microbiologici e chimico-fisici richiesti dal Regolamento per la verifica delle "prescrizioni di qualità", la valutazione applicata consente di orientare la successiva analisi del rischio, molto complessa da attuare, nei casi di effettiva potenzialità di riutilizzo.
La metodologia proposta, laddove applicata a contesti territoriali sul livello regionale o sub regionale, è utile ad orientare la programmazione del riuso e la successiva verifica di dettaglio delle prescrizioni di qualità e della fattibilità tecnico-economica del riuso. A seconda dei risultati, è possibile comprendere dove il riuso è già praticabile, dove è fattibile solo dopo investimenti e, nel caso, definire l'ambito di investimento, ovvero se potenziare il depuratore (producendo un'acqua di classe più elevata) oppure modificare il metodo irriguo.
Marianna Ferrigno, Veronica Manganiello, Marica Furini
CREA Politiche e Bioeconomia
PianetaPSR numero 139 novembre 2024